15/11/2017 – L’affidamento in house non dipendente dalla quota di partecipazione societaria

L’affidamento in house non dipendente dalla quota di partecipazione societaria

di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale dei conti e giornalista pubblicista

 

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4902, del 24 ottobre 2017, ha affermato che negli affidamenti in house non ha rilevanza il fatto dell’entità della partecipazione; per i giudici amministrativi è sufficiente, infatti, una quota minoritaria al capitale sociale della società pubblica per ottenere l’affidamento diretto del servizio di gara.

Il caso

Una SRL è ricorso al Consiglio di Stato facendo presente di aver avuto in affidamento da una Azienda Unità Sanitaria Locale il servizio di registrazione dei dati contenuti nelle ricette di prescrizione farmaceutica, di controllo contabile delle fatturazioni e delle distinte contabili emesse dalle farmacie convenzionate, di registrazione ed elaborazione statistica dei dati ricavabili dalle ricette con prescrizione.

Il contratto è stato successivamente prorogato in tre parti fino al 31.8.2016: una prima volta, per provvedere alla gestione della ricetta farmaceutica dematerializzata; una seconda volta essendo andata deserta la gara indetta dall’Agenzia Regionale Intercenter e, infine, nelle more della definizione della procedura di affidamento in house del servizio.

Con determinazione del settembre 2016, l’AUSL ha disposto l’affidamento diretto del medesimo servizio in favore di una società per la durata di tre anni, eventualmente rinnovabile.

Tale provvedimento è stato impugnato dalla SRL ricorrente a dinanzi al TAR che ha respinto il ricorso e condannato la Società ricorrente alle spese di giudizio.

Circa il primo motivo di ricorso (con cui si sosteneva che l’AUSL avrebbe dovuto motivare specificatamente le ragioni del mancato ricorso al mercato e i benefici per la collettività della forma di gestione prescelta), il TAR si è espresso concordando con “le puntuali e documentate repliche delle controparti”, evidenziando, “i seguenti elementi a supporto della legittimità dell’azione amministrativa”:

– l’AUSL è socio della stessa società aggiudicataria a capitale interamente pubblico in quanto partecipata;

– i servizi e le attività di interesse della AUSL rientrano nell’oggetto sociale della società aggiudicataria e sono da ritenersi sussistenti gli elementi di proprietà interamente pubblica del capitale sociale, esclusività delle attività a favore degli enti costituenti ed affidanti ed esistenza di un controllo analogo da parte dei medesimi che giustificano l’affidamento del servizio in oggetto secondo la formula dell’in house providing;

– sussistono, altresì, ulteriori benefici sotto il profilo della complessiva riduzione dei costi di servizio, derivanti dalla trasformazione, con effetto dal 1 settembre 2016, di società aggiudicataria in società consortile per azioni: il che comporterà, in particolare, la possibilità di fatturare in esenzione IVA i corrispettivi verso gli Enti consorziati.

Il requisito del controllo analogo

La sentenza del TAR ha poi ritenuto sussistente il requisito del c.d. “controllo analogo”, alla stregua delle seguenti norme statutarie:

a) lo Statuto impone direttamente la partecipazione integralmente pubblica per tutta la durata della società con meccanismi di assoluta garanzia;

b) l’art. 4, punto 3, precisa che la società espleta la propria attività esclusivamente nei confronti degli enti pubblici soci sulla base di atti di affidamento o di coordinamento degli enti pubblici medesimi;

c) l’art. 6, punto 2, prevede che la quota del capitale pubblico non potrà in ogni caso essere inferiore al 100% per tutta la durata della società; il punto 3 prevede che sono legittimati a partecipare al capitale della società unicamente enti territoriali ed altri enti pubblici o loro stabili forme organizzative; è previsto ancora che è da considerarsi nullo per violazione di norma imperativa e comunque inefficace nei confronti della società e dei soci ogni trasferimento o atto idoneo a far venir meno la composizione del capitale sociale ovvero che determini l’esercizio dei diritti derivanti dalle azioni da parte di soggetti diversi ed è fatto divieto agli amministratori della società di iscrivere nel libro dei soci ogni atto o trasferimento effettuato in violazione di tali previsioni;

d) ancora, l’art. 9 dello Statuto prevede che l’influenza dominante dei soci sulla società è esercitata per mezzo di apposite convenzioni sottoscritte da tutti i soci pubblici così che appare garantito il cd. “controllo congiunto”;

e) da ultimo, l’art. 18 dello Statuto prevede che uno dei tre componenti del Consiglio di Amministrazione sia designato di intesa tra le Aziende sanitarie socie.

Avverso la sentenza sfavorevole la SRL è ricorsa davanti al Consiglio di Stato.

L’analisi del Consiglio di Stato

I giudici amministrativi osservano che da un punto di vista sistematico, la giurisprudenza del Consiglio di Stato ha da tempo stabilito alcuni punti fermi sul modello dell’in house providing, quali:

i) stante l’abrogazione referendaria dell’art. 23-bisD.L. n. 112 del 2008 e la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4D.L. n. 138 del 2011 […] è venuto meno il principio, con tali disposizioni perseguito, della eccezionalità del modello in house per la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica; mentre, con l’art. 34D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, sono venute meno le ulteriori limitazioni all’affidamento in house, contenute nell’art. 4, comma 8 del predetto D.L. n. 138 del 2011 (così Cons. di Stato, Sez. VI, 11 febbraio 2013, n. 762);

ii) a sua volta la Sez. V (Cons. di Stato, Sez. V, 22 gennaio 2015, n. 257) ha non solo ribadito la natura ordinaria e non eccezionale dell’affidamento in house, ricorrendone i presupposti, ma ha pure rilevato come la relativa decisione dell’amministrazione, ove motivata, sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salva l’ipotesi di macroscopico travisamento dei fatti o di illogicità manifesta.

Tutte queste chiare e univoche indicazioni di principio sulla ordinarietà del ricorso all’in house non sono affatto contraddette dalla successiva sentenza della stessa Cons. di Stato, Sez. V, n. 4030 del 18 agosto 2017, richiamata dalla SRL ricorrente per sostenere, viceversa, la “valenza eccezionale della regola dell’in house”, trattandosi di richiamo non pertinente, poiché la citata pronuncia n. 4030/2017 si occupa della diversa questione dell’attività prevalente svolta dall’ente controllato, alla luce degli specifici principi enunciati dalla Corte di Giustizia dell’UE, con sentenza dell’8 dicembre 2016, in causa C-553/15, resa a seguito dell’ordinanza di rimessione 20 ottobre 2015, n. 4793/2015 di questo Consiglio di Stato.

Con riferimento al controllo analogo congiunto il Consiglio di Stato ha richiamato la sentenza n. 3554/2017 la quale afferma che in materia di controllo analogo “congiunto”, “laddove non si richiede certo che ciascuno degli enti pubblici partecipanti possa esercitare un potere individuale su tale entità, bensì che “ciascuna delle autorità stesse partecipi sia al capitale, sia agli organi direttivi dell’entità suddetta””.

Con la stessa sentenza, sulla base di quanto affermato dalla Corte di Giustizia, è stato affermato che non è prevista una quota minima di partecipazione al capitale sociale, ritenendo a tal fine idonea anche la quota ultra minoritaria dello 0,1% del capitale della società interamente pubblica.

A maggior ragione, pertanto, va considerata adeguata la quota di capitale sociale (pacchetto di azioni speciali pari al 4,10% del capitale, con diritti amministrativi corrispondenti al possesso del 2,23% del capitale) detenuta da AUSL in seno alla società aggiudicataria.

Quanto alle modalità dell’influenza degli enti soci sul governo della società, di esse si occupa specificamente l’art. 9 dello Statuto della società aggiudicataria in house, il cui titolo recita, per l’appunto, “Esercizio del controllo sulla società” e che, prevede, a tal fine l’utilizzo dello strumento convenzionale, sia a livello orizzontale (apposita convenzione “quadro” tra gli enti soci), sia a livello verticale.

Orbene, la convenzione stipulata tra i soci della società aggiudicataria in house in premessa:

– dà atto della coerenza dell’accordo di cui si tratta con i “patti parasociali già assunti da tempo”;

– enuncia espressamente (all’ultimo “ritenuto”) l’esigenza “di dover ridefinire il profilo del controllo omogeneo da parte di tutti i soci e il profilo “controllo analogo” sulla attività e sul governo della Società”.

In particolare, l’art. 6 della convenzione prevede al comma 1, la costituzione di una Conferenza di coordinamento, composta dai rappresentanti legali degli enti o loro delegati, “per garantire l’azione unitaria e coordinata dei soci sull’attività e sul governo della società e per consentire l’utilizzo di modalità omogenee da parte di ciascun socio nello svolgimento dei controlli sulla società medesima secondo i profili dell’esattezza, della regolarità, dell’economicità, dell’efficienza, dell’efficacia e della razionalità”.

Ai fini della sussistenza del controllo analogo affermano i giudici di Palazzo Spada, la sentenza del Cons. di Stato n. 3554/2017 valorizza, altresì, le “previsioni statutarie che attribuiscono all’assemblea l’approvazione degli atti di indirizzo (conferendo al Consiglio di amministrazione solo un potere di proposta circa gli stessi): ed anche tale elemento è ravvisabile nel caso dello Statuto della società aggiudicataria, il cui art. 17, comma 2 demanda, in particolare, all’assemblea la determinazione annuale degli indirizzi e degli obiettivi dell’azione societaria (lett. a) e l’approvazione dei piani pluriennali di attività della Società ed eventuali modifiche dei medesimi predisposti dal Consiglio di Amministrazione (lett. b).

Di particolare rilievo è, poi, il successivo quarto comma del medesimo art. 17 il quale espressamente statuisce che per le deliberazioni inerenti (tra le altre, anche) la determinazione annuale degli indirizzi di cui alla lett. a) e l’approvazione/modifica dei piani pluriennali di cui alla lett. b) è richiesto il voto favorevole di tanti Soci che rappresentino almeno l’80% del capitale sociale: tale previsione statutaria fa, pertanto, perdere di consistenza a un altro argomento svolto dalla società appellante, quello per cui l’esercizio effettivo del controllo analogo congiunto finirebbe per essere nella disponibilità degli enti che detengono le partecipazioni azionarie tali da garantire loro di raggiungere comunque gli elevati quorum deliberativi stabiliti nello statuto”.

Le conclusioni

I giudici di Palazzo Spada nel rigettare il ricorso evidenziano, sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale nazionale e comunitario che per i singoli rappresentanti di una società in house non è necessario siano rappresentati all’interno del consiglio di amministrazione ben potendo essere rappresentati congiuntamente, sia pure in posizione di minoranza; non è neppure rilevante ai fini dell’affidamento diretto la quota di partecipazione nella società in house che può anche essere rappresentata dallo 0,1 per cento del capitale sociale della società pubblica.

Cons. di Stato, Sez. III, 24 ottobre 2017, n. 4902

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