14/01/2021 – Distanze previste dal piano regolatore, non derogabili da accordi tra privati

L’articolo è in commento ad ordinanza n. 24827/2020 della Corte di Cassazione che ha risolto definitivamente un contenzioso fra il Comune di Massa e alcuni proprietari che hanno sopraelevato un edificio a una distanza inferiore rispetto a quella fissata dall’ordinamento comunale nello strumento urbanistico.

L’ordinanza in questione evidenzia come le distanze fra costruzioni previste dal piano regolatore generale o dal regolamento edilizio comunali non sono derogabili dai privati, diversamente da quelle stabilite dal codice civile. Le clausole pattizie tra privati, stabilite in deroga al piano regolatore generale o al regolamento edilizio comunale, sono invalide con conseguente risarcimento del danno e obbligo di demolizione del manufatto illecitamente costruito.

Ad avviso della Suprema Corte infatti sono differenti le finalità delle distanze imposte dal codice civile rispetto a quelle previste dal Prg.

Le finalità del codice in materia di distanze riflettono l’esigenza di tutelare interessi privatistici dei confinanti e, dunque, con il loro accordo sono derogabili in virtù dell’autonomia contrattuale ai sensi dell’articolo 1322, comma 2 del codice civile.

Quelle degli strumenti urbanistici comunali sono imposte, invece, a tutela di interessi superiori e generali dell’ordinamento, quali quello alla salubrità dell’ambiente, alla tutela della salute e a un ordinato assetto urbanistico e decoro urbano e, per questo, non sono derogabili dai privati con convenzioni stipulate fra loro.

Tutelando interessi che travalicano quelli dei proprietari confinanti, l’ordinamento giuridico ha scelto nel secondo caso di non lasciarle in balia di accordi derogatori che, altrimenti, sarebbero nulli.

Dunque il soggetto che ha subìto un danno per la violazione della distanza minima fra costruzioni da parte del proprietario del fondo finitimo può esercitare in giudizio sia l’azione risarcitoria sia quella finalizzata ad ottenere la riduzione in pristino del fabbricato abusivo, cioè la sua demolizione (articolo 872 del codice civile).

Le azioni di ripristino e risarcimento vi sono sia nell’ ipotesi di violazione delle norme del cod. civ. sia in quella di violazione degli strumenti urbanistici dei comuni, a prescindere dalla consistenza della violazione, con la differenza che, nella prima delle due azioni, ai sensi dell’art. 2043 c. c., va provato il danno nella sua effettiva consistenza, mentre nella seconda il diritto alla demolizione deriva automaticamente dall’accertamento della violazione. Ciò a prescindere sia dall’esistenza o entità del danno sia dell’ordinanza di demolizione del manufatto da parte del Comune. Stessa cosa in caso di violazione delle distanze minime dai confini.

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