10/11/2020 – Trasmissibilità mortis causa dell’obbligo di bonifica del sito inquinato

 

Tar Piemonte, sez. I, 31 ottobre 2020, n. 653 – Pres. Salamone, Est. Malanetto

Inquinamento – Inquinamento ambientale – Bonifica – Soggetto obbligato – Trasmissibilità mortis causa 

1) Ha preliminarmente ricordato la Sezione che la disciplina dettata dall’art. 244, d.lgs. n. 152 del 2006 si inquadra in un contesto di responsabilità da attività produttive e d’impresa (o, con il limite esplicito del valore acquisito dal bene dopo la bonifica, del proprietario, quale soggetto che trae comunque una utilità economica dal bene inquinato) e quindi presuppone, prima ed a prescindere dall’analisi degli ulteriori elementi della fattispecie, che i soggetti che vengono a tale titolo chiamati a risponderne lo siano in quanto abbiano svolto in quell’area attività di impresa, produttive o, nei limiti precisati, in quanto proprietari di beni che traggono dagli stessi una utilità economica.

La norma va infatti contestualizzata nell’ambito della complessiva disciplina, di matrice eurounitaria, cui appartiene, ed è epifania di scelte in ottica di analisi costi- benefici (secondo cui il danno si alloca in capo al soggetto più idoneo a sopportarne il costo) ed ancor più è volta ad indurre l’internalizzazione di costi in capo a chi trae guadagno da attività socialmente dannose dal punto di vista ambientale così da, in un’ottica preventivo-precauzionale, indurlo ad adottare possibilmente alla fonte scelte produttive meno inquinanti.

Ha aggiunto la Sezione che il citato art. 244, d.lgs. n. 152 si coordina innanzitutto con il successivo art. 253 che, sostanzialmente, trasforma l’inquinamento in un onere reale gravante sul bene sicchè, da una parte, il proprietario, anche non responsabile, ha interesse e diritto ad intervenire per la bonifica, salvo eventuale rivalsa, dall’altra il proprietario non responsabile dell’inquinamento potrà essere comunque chiamato a risponderne ove sia impossibile accertare l’identità del responsabile nei limiti di valore di mercato del sito a seguito della bonifica.

In extrema ratio, ove non sia identificabile un responsabile né sufficiente l’intervento del proprietario, subentrano proprio gli enti pubblici competenti in materia.

L’art. 244, d.lgs. n. 152 del 2006 nel cui testo si effettua un generico riferimento al “responsabile” è inserito nel titolo V del codice dell’ambiente intitolato “bonifica di siti contaminati” il quale esordisce con l’art. 239 secondo cui: “Il presente titolo disciplina gli interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti contaminati e definisce le procedure, i criteri e le modalità per lo svolgimento delle operazioni necessarie per l’eliminazione delle sorgenti dell’inquinamento e comunque per la riduzione delle concentrazioni di sostanze inquinanti, in armonia con i principi e le norme comunitari, con particolare riferimento al principio «chi inquina paga››.”

La disposizione deve dunque armonizzarsi con il quadro di attuazione della direttiva 2004/35/Ce, menzionata nella premessa del d.lgs. n. 152 del 2006 proprio per quanto concerne la “responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale”. La citata direttiva attua infatti il principio “chi inquina paga”, cristallizzato nell’art. 175 del trattato CE, oggi 192 TFUE.

La direttiva 2004/35, nei considerando, così esplicita il principio chi inquina paga

Il principio chi inquina paga si correla quindi inscindibilmente alle attività “degli operatori”, proprio per rendere effettiva la sua finalità ultima di internalizzare i costi sociali delle attività socialmente dannose dal punto di vista ambientale, e quindi scoraggiarle o indurre a scelte maggiormente virtuose. Ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2004/35, a questi fini, si definisce “operatore”, “qualsiasi persona fisica o giuridica, sia essa pubblica o privata, che esercita o controlla un’attività professionale oppure, quando la legislazione nazionale lo prevede, a cui è stato delegato un potere economico decisivo sul funzionamento tecnico di tale attività, compresi il titolare del permesso o dell’autorizzazione a svolgere detta attività o la persona che registra o notifica l’attività medesima” e si definisce attività professionale “qualsiasi attività svolta nel corso di un’attività economica, commerciale o imprenditoriale, indipendentemente dal fatto che abbia carattere pubblico o privato o che persegua o meno fini di lucro.”.

In sostanza, a prescindere dalla natura pubblica o privata del controllo e/o della titolarità dell’attività economica, entrano nel campo di applicazione del principio chi inquina paga, come attuato dalla direttiva, i soggetti che traggono utilità dell’esercizio dell’attività economica inquinante e la esercitano essendo titolari di apposita autorizzazione in materia, giammai i soggetti pubblici chiamati al diverso ruolo di rilasciare le eventuali autorizzazioni, effettuare i controlli e, per quanto ad esempio in specifico concerne l’attività di bonifica, gestire la procedura di bonifica stessa.

Con riferimento alla questione della trasmissibilità ereditaria dell’obbligo di bonifica del sito inquinato, che interessa la controversia all’esame del Tar Piemonte, ha ricordato la Sezione che antecedentemente al d.lgs. n. 152 del 2006, gli obblighi di bonifica sono stati disciplinati dall’art. 17, d.lgs. n. 22 del 1997 (c.d. Decreto Ronchi) il quale, per la prima volta, ha dato rilievo nel nostro ordinamento alla condotta omissiva del responsabile dell’inquinamento il quale, una volta cessata la condotta commissiva e quindi l’attività inquinante, non si fosse attivato per rimediare alle conseguenze lesive derivanti dal deposito di sostanze inquinanti; pertanto, ancorchè le disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006, esattamente come quelle della presupposta direttiva UE 2004/35, escludessero dichiaratamente una propria retroattività, esse si sono poste nel nostro ordinamento in sostanziale continuità con il d.lgs. n. 22 del 1997. 

Ancora la giurisprudenza, e con riferimento a quest’ultimo decreto legislativo e per limitarne la retroattività contestualmente garantendone l’applicazione anche a forme di inquinamento storico lungolatente e/o per accumulo (fisiologicamente le più numerose), e tenuto conto della natura permanente del danno ambientale, ha ritenuto necessario e sufficiente che il soggetto responsabile dell’inquinamento abbia quantomeno continuato ad esistere anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 22 del 1997, ancorchè a quell’epoca non avesse più la disponibilità del sito inquinato (Cons. St., sez. V, n. 6055 del 2008),  e ciò sull’assunto appunto che il cosiddetto decreto Ronchi trovasse applicazione anche ad inquinamenti risalenti ad epoca remota, purchè ancora in essere, ed anche nei confronti dei responsabili che non avessero più la disponibilità delle aree danneggiate.

Si legge infatti in Cons. St., sez. VI, n. 5283 del 2007, che la responsabilità per inquinamento, già prevista dall’art. 17, d.lgs. n. 22 del 1997, trova applicazione a qualunque situazione di inquinamento in atto al momento dell’entrata in vigore del decreto legislativo, indipendentemente dall’epoca, pure remota, alla quale dovesse farsi risalire il fatto generatore; il lungo lasso di tempo non esenta il responsabile dell’inquinamento da tali obblighi e ciò anche qualora il medesimo non avesse più la disponibilità delle aree al momento di entrata in vigore del decreto del 1997. Nella decisione Cons. St., sez. VI, n. 3165 del 2014 si è poi ulteriormente ribadito che la responsabilità è ascrivibile anche per attività risalenti a soggetti quantomeno esistenti fino all’entrata in vigore del d.lgs. n. 22 del 1997.

Quanto alla trasmissibilità dell’obbligo di bonifica del sito inquinato, la Sezione ha ricordato che la più recente giurisprudenza ha fornito a questa domanda risposta affermativa (Tar L’Aquila n. 86 del 2019), rilevando come la situazione sia in fondo assimilabile alla già ritenuta trasmissibilità agli eredi degli obblighi di ripristino in materia edilizia. 

D’altro canto se la ratio normativa è di far gravare su colui che ha beneficiato economicamente di una attività nociva i costi del ripristino, risulta anche coerente che gli eredi che beneficiano in via successoria dei profitti tratti con tale attività ne sopportino i costi, potendo detti costi sempre essere circoscritti al limite del loro arricchimento con l’accettazione con beneficio di inventario.  

ALLEGATO:

 

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