tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Gli oneri per la sepoltura delle persone indigenti non residenti spettano al Comune in cui è avvenuto il decesso
di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Serramazzoni e Vicesegretario Comunale
Secondo la vigente disciplina in argomento, il Comune è tenuto a dare sepoltura gratuita in terra (o cremazione, nel caso di espressione di tale volontà) soltanto alle persone indigenti (o famiglie bisognose); la tumulazione, invece, è una sepoltura in un sepolcro privato per la quale è previsto il rilascio di una “concessione” onerosa.
Il Ministero dell’Interno, con il parere del 29 novembre 2019, n. 419, risponde all’istanza di un Sindaco, in ordine alla competenza dell’Ente a sostenere gli oneri della sepoltura di un indigente deceduto sul proprio territorio, ma residente in altro Comune.
Al riguardo, il Ministero preliminarmente osserva che la gratuità del servizio di inumazione per gli indigenti è prevista dall’art. 1, comma 7-bis, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 2001, n. 26, di interpretazione del comma 4, art. 12D.L. 31 agosto 1987, n. 359, convertito con modificazioni dalla L. 29 ottobre 1987, n. 440; la norma, infatti, ha stabilito l’onerosità delle operazioni di esumazione e di estumulazione, salvo i casi di indigenza e di disinteresse da parte dei familiari: l’art. 1, comma 7-bis, recita, difatti: “la gratuità (…) è limitata alle operazioni di (…) esumazione ordinaria nel caso di salma di persona indigente, o appartenente a famiglia bisognosa o per la quale vi sia disinteresse da parte dei familiari. I predetti servizi sono a pagamento negli altri casi.“;
La normativa, tuttavia, non detta specifica disposizioni in ordine alla fattispecie in esame ma, al riguardo, soccorre il parere del Consiglio di Stato n. 12466/2012 – 896/2013 del 26 febbraio 2013, reso in merito ad un ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in ordine alla legittimità di un regolamento comunale di polizia mortuaria cimiteriale e delle tariffe cimiteriali. Nel citato parere, i giudici di Palazzo Spada hanno affermato il principio del divieto di discriminazione del defunto sul territorio del comune in base alla residenza, ricavato:
– dalle disposizioni contenute nell’art. 50D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285 (di approvazione del regolamento di polizia mortuaria), che prevede il diritto di sepoltura per i cadaveri delle persone morte nel territorio del comune, qualunque ne fosse in vita la residenza (fatta salva la richiesta privata di altra destinazione);
– della direttiva europea del 12 dicembre 2006 n. 2006/123/CE, il cui art. 20 dispone che: “Gli Stati membri provvedono affinché al destinatario non vengano imposti requisiti discriminatori fondati sulla sua nazionalità o sul suo luogo di residenza. Gli Stati membri provvedono affinché le condizioni generali di accesso a un servizio che il prestatore mette a disposizione del grande pubblico non contengano condizioni discriminatorie basate sulla nazionalità o sul luogo di residenza del destinatario, ferma restando la possibilità di prevedere condizioni d’accesso differenti allorché queste sono direttamente giustificate da criteri oggettivi“.
Quanto premesso, il Ministero afferma che, nel caso specifico, proprio alla luce del citato art. 50D.P.R. n. 285/1990, l’onere ricade sul Comune ove avviene il decesso, indipendentemente dalla residenza posseduta in vita dal defunto, in ossequio al principio implicito e, così, fondativo di tutto il nostro ordinamento di polizia mortuaria, secondo cui l’inumazione deve avvenire spontaneamente nel luogo di morte; ciò, fermo restando che quest’ultimo potrà, anche in un secondo momento, rivalersi nei confronti di parenti obbligati rintracciati successivamente, secondo il principio della gestio negotiorum ex artt. 20282032 cod. civ. o, ad ogni modo, ricorrendo agli usuali strumenti civilistici per la ripetizione della somma anticipata.
Sul tema, in ogni caso, non può non rilevarsi un contrasto, come spesso accade, con quanto sostenuto dalla magistratura contabile e, in particolare, con la pronuncia della Corte dei Conti-Trentino Alto Adige-Trento, n. 6 del 16 marzo 2016, secondo cui:
i) i servizi funerari elencati dall’art. 1, comma 7-bis, L. n. 26/2001 e dall’art. 5, comma 1, L. 30 marzo 2001, n. 130, rivestono carattere di gratuità esclusivamente nei casi tipizzati, nel caso di persona indigente, appartenente a famiglia bisognosa o per la quale vi sia disinteresse da parte dei familiari;
ii) qualora venga accertata la ricorrenza dei presupposti indicati, gli oneri di cui trattasi graveranno necessariamente sul bilancio del Comune di residenza al momento del decesso.
Il contrasto interpretativo è, quindi, evidente:
– per il giudice dei conti, l’indigente va sepolto nel Comune di decesso, alle cui spese di sepoltura nel complesso provvede il Comune in cui il defunto aveva in vita la residenza;
– per il Ministero dell’Interno, diversamente, l’onere per la sepoltura di indigente non residente ricade sul Comune ove avviene il decesso, indipendentemente dalla residenza posseduta in vita dal defunto.
Nel mezzo stanno i Comuni interessati, a cui spetta l’onere di risolvere la questione.

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