04/05/2016 – Sui premi di produttività costi enormi e benefici scarsi

Sui premi di produttività costi enormi e benefici scarsi

di Luca Tamassia

queste le conclusioni dell’articolo

“Tutto da rifare 

Eliminare questo gran teatro dell’ipocrisia servirebbe, quanto meno, a creare rilevanti economie conseguenti alla scomposizione di un meccanismo che serve solo a sé stesso e produce sempre e solo il solito refrain: spesa inutile quale strumento per erogare altra spesa inutile. Un’altra riflessione, poi, inevitabilmente s’impone: se è vero, come lo è, che i valori economici sono stati pressappoco sempre garantiti nel trentennio di vita dell’istituto, sia nell’an che nel quantum, allora ciò sta a significare che il merito di tutti si è consolidato e definitivamente acquisito, costituendo cosa provata: allora perché non stabilizzare tutto o una parte di tale valore? Tanto il sistema continuerà a garantirlo comunque e ad ogni costo, a prescindere da ogni utilità reale; ciò consentirebbe di risparmiarci tanta attività inutile ed insincera, generando non poche economie a favore delle casse pubbliche, avvallando lo stesso risultato che questa mostruosa costruzione ha oramai irretrattabilmente prodotto. I fautori dell’innovazione ed i benpensanti del merito faranno un sobbalzo sulla sedia: ma come, dopo tutto ciò che è stato fatto per premiare il merito, per creare culture nuove, per innovare il sistema, per sensibilizzare le coscienze, per introdurre l’etica pubblica, per sollecitare l’orgoglio di appartenenza, ebbene, dopo tutto questo qualcuno sostiene che è stato tutto inutile, che dobbiamo arrenderci, che dobbiamo smontare i palinsesti che segnano i traguardi raggiunti? Probabilmente non avranno tutti i torti, ma l’esperienza di un trentennio inesorabilmente sta lì, ancora a dimostrare che la strada, se avrà una fine, è ancora molto, troppo lunga e, nel frattempo, si spende e si spande, ma di utilità, di produttività, di reali benefici neppure l’ombra. Continuare sulla strada sbagliata, quindi, equivale a un accanimento culturale che nei nostri atteggiamenti, la storia lo prova, difficilmente potrà mai permeare.”

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