Lo Speciale del Sole 24 Ore
Dopo i primi quattro numeri del 3, 10, 17 e 24 agosto, si conclude lo speciale sui cambiamenti della Pa, realizzato in collaborazione con il Dipartimento della Funzione pubblica. Oggi dedicato al rilancio della formazione dei dipendenti pubblici, snodo fondamentale per la «transizione amministrativa» necessaria all’attuazione del Pnrr.
Il rilancio della formazione dei dipendenti pubblici è uno snodo cruciale per la «transizione amministrativa» necessaria ad attuare il Recovery Plan. Sul punto, il Dipartimento della Funzione Pubblica lancia e coordina il progetto «Riformare la Pa» finalizzato ad accrescere le competenze dei lavoratori del pubblico impiego puntando a superare l’attuale investimento minimo, 48 euro all’anno a dipendente, censurato anche dal premier Draghi. I primi tasselli finanziari sono portati dal Pnrr, che prevede 139 milioni di euro destinati alla vera e propria formazione individuale e 350,9 milioni per i piani di riorganizzazione, con focus particolare sugli enti locali; dai fondi strutturali Ue della programmazione 2021-2027, poi, potrebbero arrivare fino a 4-500 milioni da destinare alla nuova sfida.
Gli ultimi interventi legislativi, è vero, hanno puntato a potenziare gli ingressi nella Pa acquisendo nuove giovani risorse valutate sul percorso di studi e sulle loro competenze. Ma questo non cancella l’esigenza di valorizzare le risorse umane già in campo, che hanno patito le conseguenze dei tagli alle possibilità di aggiomamento e formazione introdotti con la crisi del debito sovrano. Anche dove quei vincoli sono stati superati, come negli enti locali, rimane il problema del finanziamento di spese fondamentali ma impegnative per i bilanci.
II percorso voluto dal ministro per la Pa Renato Brunetta non poteva che procedere, quindi, con una spinta alla formazione, con l’obiettivo dichiarato di innalzare il numero dei laureati presenti nel corpo della Pa e il loro livello di specializzazione, anche tramite il conseguimento di master, dottorati o ulteriori lauree; e di inserire nei contratti misure premiali in costanza di formazione continua, garantendo una leva fondamentale per il percorso di carriera. Una spinta potrà arrivare anche dal Piano integrato del 2022, introdotto dal Dl 80/2021.
L’emergenza formativa riguarda prima di tutto le tre transizioni fondamentali del Pnrr: digitale, ecologica e amministrativa.
Le azioni concrete inizieranno da subito. Ad ottobre sono previsti i primi corsi «Mooc». Il termine è l’acronimo di Massive Online Open Courses e fa quindi capire la volontà di raggiungere il prima possibile il maggior numero di dipendenti, fondamentalmente, in questa fase, con riferimento ai temi chiave del Pnrr.
Lo strumento, una volta avviato, permetterà perfezionamenti e aggiornamenti in tempi rapidi per stare al passo con le novità di legge e di contesto operativo. A tale profilo sono destinati almeno 10 milioni di euro dei 139 previsti in tale ambito.
Altri 4 milioni sono specifici per la formazione della dirigenza attraverso le Comunità di Pratica. Infine, una importante novità riguarda l’stituzione di voucher formativi con 125 milioni di euro, che potrebbero tradursi in buoni da 500 euro per 250mila dipendenti pubblici.
A più ampio respiro temporale, il cronoprogramma prevede infatti come data di conclusione il primo semestre del 2026, vi è un’altra linea di investimenti, denominata «Sviluppo delle capacità nella pianificazione, organizzazione e formazione strategica della forza lavoro». Vale 350,9 milioni di euro e finanzia progetti di cambiamento organizzativo promossi dagli enti locali – protagonisti di questa misura, in quanto tra gli enti con i budget meno capienti in punto di innovazione organizzativa – che siano in grado di combinare lo sviluppo di competenze dei dipendenti all’innovazione organizzativa e tecnologica, al fine di migliorare la capacità dell’ente di rispondere ai bisogni dei cittadini.
Per raggiungere questi obiettivi è necessario completare poi alcune riforme già in corso. Dal punto di vista degli attori è stata avviata la revisione della Sna e del Formez; rispetto alla programmazione è stato varato all’articolo 6 del Dl 80/2021 il Piano Integrato. E un ruolo centrale è affidato alla contrattazione.
La formazione nella Pa
Lo scenario attuale. 3 Milioni di dipendenti pubblici. Solo poco più del 30% sono laureati, meno del 5% specializzati
- La Pa conta 3 milioni di dipendenti pubblici, con percentuali di laureati (poco più del 30%) e specializzati (meno del 5% con formazione post lauream) molto migliorabili. Restano scarsi gli investimenti qualitativi e quantitativi nelle attività formative (48€/ p.capite). La formazione è irrilevante per gli avanzamenti di carriera e salariali (se non in parte residuale). E l’offerta formativa non è in linea con le politiche di sviluppo sostenibile.
Istruzione e formazione. 139 Milioni. La prima linea di investimento del Pnrr per le competenze nella Pa
- Il Pnrr investe 139 milioni nella formazione individuale dei dipendenti pubblici. Articolando la spesa lungo tre dimensioni: finanziamento dell’offerta, attraverso la messa a disposizione di opportunità formative digitali e non, lungo gli assi strategici di riforma, per tutta la Pa; finanziamento della domanda dei singoli enti; finanziamento della domanda individuale attraverso logica di voucher formativi.
Il sistema dei voucher. 125 Milioni. Le risorse destinate ai voucher formativi
- Per tutti gli ambiti formativi più specialistici una delle novità più importanti e la fetta più grande (125 milioni) dei 139 milioni investiti dal Pnrr sulla formazione dei dipendenti pubblici sono voucher formativi. Con un valore medio di 500 euro ciascuno per almeno 250.000 dipendenti pubblici, da poter utilizzare per arricchire la propria formazione, in coerenza con le sfide del ruolo e gli obiettivi individuali ed organizzativi.
Corsi online. 10 milioni. La dote per i Mooc, corsi online sulle nuove competenze
- Altri 10 milioni andranno ad almeno 100 Massive Online Open Courses (Mooc) sulle nuove competenze. Un approccio innovativo e scalabile che consente di raggiungere un’ampia platea di beneficiari. La scelta degli ambiti di competenza su cui investire è legata alle priorità del Pnrr (transizione digitale, transizione green, transizione amministrativa) e sulle competenze manageriali tecniche.
Comunità di pratica. 4 Milioni. Per le 20 comunità di pratica di dirigenti pubblici
- Il Pnrr investe sulla dirigenza pubblica attraverso lo sviluppo di quadri interpretativi e schemi di intervento comuni e la condivisione di casi di successo e scambi di esperienze. Con una dote di 4 milioni vengono costituite 20 Comunità di Pratica, ciascuna pensata per ampi gruppi di 100-150 dirigenti provenienti da amministrazioni diverse, ma appartenenti alla stessa filiera di policy per accompagnare il Pnrr.
Enti locali e organizzazione. 350,9 Milioni. La seconda linea di investimenti Pnrr sul capitale umano della Pa
- La seconda linea di investimento per il capitale umano della Pa punta sullo sviluppo delle capacità nella pianificazione, organizzazione e formazione strategica della forza lavoro. Vale 350,9 milioni e si concluderà entro la prima metà del 2026. Con queste risorse si intende finanziare progetti di cambiamento organizzativo promossi dagli enti locali.
Idea Its per gli specialisti di cybersecurity
Gli specialisti in cybersecurity e gestione dei dati? D’ora in poi, li potrebbero formare gli Its in alleanza con la Pa. È questa la proposta, portata avanti dal deputato Dem, Serse Soverini, allo studio dell’esecutivo, dopo l’attacco hacker alle banche dati sanitarie della regione Lazio.
Il percorso è già nel Dna degli Its: «Si tratta di moduli formativi di 2mila ore – ha spiegato Soverini -. Di queste, 1.200 ore potrebbero svolgersi in aule e laboratori innovativi. Le restanti 800 ore nelle amministrazioni pubbliche, dagli enti locali ai ministeri. Sono percorsi di alta qualità se penso all’accordo in corso tra alcuni Its e Leonardo per il trasferimento da parte della Spa di alte competenze tecniche in cybersecurity e digitalizzazione. Inoltre in questo modo spingiamo gli Its anche al Sud dove si fa più fatica a trovare aziende per gli stage. In sintesi, si fa un concorso, con le nuove regole Brunetta, una graduatoria e si avviano i vincitori all’Its. Una volta acquisito il titolo, cioè promossi, le risorse formate entrano nella Pa – in questo modo, in due anni gli Its possono offrire alla Pa una classe di tecnici specializzati in cyber e gestione dei dati» (di cui c’è bisogno visto l’allarme del ministro Vittorio Colao sul 95% delle infrastrutture dati delle Pa “a rischio”). Del resto, gli Its che si occupano di lct sono una decina in Italia; e il 20% degli 1,5 miliardi in arrivo dall’Ue dovrà essere usato per lo sviluppo del digitale.
«Le imprese hanno forte domanda di competenze informatiche che è in costante crescita e che riguarda tutti i settori dell’industria, anche quelli non legati all’Ict – ha chiosato Gianni Brugnoli, vicepresidente di Confindustria per il Capitale umano -. Ad esempio esperti di ciber-sicurezza, solution designer, sviluppatori 3D e robotic e cloud specialist. Queste figure, giovani ma anche adulti magari da reskillare, possono essere formate negli Its; un sistema che offre una formazione sul campo, laboratoriale e multidisciplinare. Bene dunque che istituzioni e imprese lavorino in questa direzione, a patto però che aumenti il numero di corsi e non di Fondazioni Its, visto che già in molte Regioni si rischia una pericolosa proliferazione».
Nei nuovi contratti attività e incentivi per le carriere
Nelle intenzioni del governo il futuro della formazione dei dipendenti pubblici poggia su due riferimenti del passato: il contratto dei metalmeccanici del 1973, che introdusse le «150 ore», cioè i permessi retribuiti per l’attività di studio, e la «regola dell’1%», indicata a suo tempo da Franco Frattini quand’era ministro della Funzione pubblica, che chiedeva di dedicare alla formazione dei dipendenti l’1% della massa salariale. I due riferimenti misurano prima di tutto l’entità della sfida, perché l’1% dei salari pubblici significa poco meno di 1,7 miliardi, cioè 10 volte tanto i fondi destinati oggi alla riqualificazione dei dipendenti pubblici. Ma suggeriscono anche il ruolo centrale che può essere svolto dai rinnovi contrattuali, che nei prossimi giorni vedranno riprendere le trattative dopo la mini-pausa estiva in vista di una chiusura in autunno almeno per Funzioni centrali e sanità.
l binari per i nuovi interventi sulla formazione sono quelli tracciati a marzo dal Patto per l’innovazione del lavoro pubblico firmato a Palazzo Chigi dal premier Draghi, dal ministro per la Pa Renato Brunetta e dai sindacati. «Ogni pubblico dipendente – si legge nel Patto – dovrà essere titolare di un diritto/dovere soggettivo alla formazione». «La contrattazione – prosegue il Patto – dovrà prevedere l’esigibilità» di questo diritto. Come?
ll contesto è quello modificato da ultimo dal decreto sul reclutamento nella Pa, il DI 80/2021 la cui conversione in legge è finita in Gazzetta Ufficiale agli inizi di agosto. Con l’obiettivo di fluidificare i percorsi di crescita professionale per provare anche ad aumentare l’attrattività del pubblico impiego, il provvedimento ha modificato le regole per le progressioni economiche («orizzontali») e di carriera («verticali»). E, soprattutto, ha affidato alla contrattazione il compito di ridefinire gli inquadramenti professionali pubblici, creando in particolare la quarta area delle «alte professionalità» che in prospettiva dovrebbe essere popolata in prima battuta dai tecnici ingaggiati per l’attuazione del Pnrr.
In questo scenario, l’idea è quella di incentivare la partecipazione dei dipendenti alle attività di formazione anche attraverso la previsione di requisiti necessari a ottenere i diversi tipi di progressione. Questa formazione che accelera la carriera non dovrà essere indifferenziata, come accade oggi per molte delle proposte “a catalogo” dagli enti formativi, ma dovrà rispondere alle priorità strategiche che oggi sono quelle collegate alle “transizioni” digitale, amministrativa ed ecologica deI Recovery. Allo scopo potrebbero rispondere interventi di certificazione da parte di enti centrali come la Sna e il Formez. Le attività di formazione seguite dal personale saranno poi censite nel «fascicolo del dipendente» che sarà contenuto nel portale InPa avviato in via sperimentale all’inizio d’agosto.
Il passaggio, ovviamente, va alimentato con le risorse. Tra i temi in agenda della prossima legge di bilancio c’è il finanziamento dei nuovi ordinamenti professionali, che altrimenti rimarrebbero scatole vuote. E una quota importante dei fondi andrà dedicata alla formazione, per per cominciare un percorso di avvicinamento alla «regola dell’1%» che dovrà impiegare qualche anno, e rendere strutturale lo sforzo avviato in via straordinaria dai fondi del Pnrr.
Domande & Risposte
- Perché esiste un allarme sulla formazione dei dipendenti pubblici in vista dell’attuazione del Recovery?
I censimenti ufficiali sul pubblico impiego mostrano che la quota di laureati sul totale del 3,2 milioni di dipendenti supera di poco il 30%, e solo il 5% ha un titolo post lauream. La formazione inoltre è stata una delle attività più tagliate negli ultimi anni: oggi la media di spesa si attesta a 48 euro annui a dipendente, e indica che per una larga quota di dipendenti non è prevista alcuna attività di formazione.
- II Pnrr prevede interventi specifici destinati a questo obiettivo?
Le linee di intervento sono due. La prima, destinata specificamente agli «investimenti in istruzione e formazione», è finanziata con 139 milioni di euro. La seconda linea intitolata allo «Sviluppo delle capacità nella pianificazione, organizzazione e formazione strategica della forza lavoro» è pensata in particolare per gli enti locali e prevede progetti di cambiamento organizzativo delle amministrazioni che naturalmente puntano anche sulla riqualificazione del personale.
- Sono previsti «buoni formazione» per i dipendenti pubblici?
I voucher per i dipendenti rappresenteranno lo strumento principale per la formazione finanziata direttamente dai fondi del Pnrr. A questi buoni saranno destinati 125 dei 139 milioni della linea di intervento, che renderanno possibili per esempio buoni da 500 euro per 250mila dipendenti. Altri 10 milioni saranno dedicati alla creazione di 100 corsi online per platee ampie (Massive Online Open Courses; Mooc), e 4 per la strutturazione di 20 «Comunità di pratica» per i dirigenti pubblici.
- Quali saranno gli ambiti principali al centro delle attività di formazione?
Le priorità del Pnrr sono legate alle tre «Transizioni» digitale, ecologica e amministrativa, in un quadro in cui quest’ultima rappresenta la premessa indispensabile per l’attuazione delle altre due. Una parte importante dell’offerta si concentrerà sulla formazione manageriale considerata necessaria al rinnovamento della Pa, e sarà graduata secondo logiche di complessità e di padronanza, differenziate anche sulla base dei ruoli e delle funzioni.
- Quale sarà il ruolo dei contratti?
I nuovi contratti dovranno disciplinare le premialità, i sistemi di verifica della formazione e il collegamento con i requisiti per le progressioni di carriera.
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