tratto da lavoripubblici.it

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana si esprime sulla non condonabilità degli abusi edilizi nella fascia di inedificabilità assoluta.

Abusi edilizi, richieste di condono, vincoli di inedificabilità assoluta e aree interamente edificate. Parlare di questi argomenti non è mai semplice e alla ragione si contrappone sempre la legge, che non ammette mai ignoranza. Può un abuso edilizio realizzato in Sicilia nella fascia di 150 metri dalla battigia, dopo il 31 dicembre 1976, essere sanato visto che l’area è interamente edificata?

Risponde a questa domanda il Consiglio di Giustizia della Regione Siciliana con la sentenza 28 giugno 2021, n. 622 che interviene sugli abusi edilizi in Sicilia nella fascia dei 150 metri dalla battigia realizzati dopo il 31 dicembre 1976 precisando che gli stessi non sono sanabili neanche se l’area è di fatto interamente edificata.

La sentenza del CGA ricorda l’art. 15, lett. a), della Legge della Regione Sicilia n. 78/1976 che così recita:

Ai fini della formazione degli strumenti urbanistici generali comunali debbono osservarsi, in tutte le zone omogenee ad eccezione delle zone A e B, in aggiunta alle disposizioni vigenti, le seguenti prescrizioni:

a) le costruzioni debbono arretrarsi di metri 150 dalla battigia; entro detta fascia sono consentite opere ed impianti destinati alla diretta fruizione del mare, nonché la ristrutturazione degli edifici esistenti senza alterazione dei volumi già realizzati;

b) ……”.

Questa lettera impone un vincolo di inedificabilità assoluta entro i 150 metri dalla battigia non individuando alcuna deroga. Nella zona destinataria del vincolo possono essere realizzate opere che siano strettamente e direttamente finalizzate a rendere fruibile il mare (da parte di tutti) e possono essere ristrutturate, entro rigorosi limiti, le opere che esistevano prima dell’emanazione della legge regionale n. 78/1976.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa interviene, su richiesta del Comune di Siracusa, per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Prima) 31 agosto 2020 n. 2111/2020 con cui i giudici del Tar avevano dato ragione ad un privato ritenendo fondato un motivo dedotto dall’originaria ricorrente ove si deduceva la “non necessità della scelta della demolizione”.

A detta del Tar la demolizione è illegittima perché a “causa della saturazione urbanistica della zona più vicina alla costa rispetto all’immobile da condonare, manca lo stesso presupposto dell’applicazione incondizionata della disposizione, posto che, si ribadisce, la stessa è volta a garantire la libera “fruizione del mare” e delle coste”.

Tesi completamente smentita dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per il quale non può esistere alcuna condizione che possa legittimare la deroga all’assoluta inedificabilità, tenuto conto che l’epoca di realizzazione dell’immobile è successiva al 16 giugno 1980.

Precisa, quindi, il Consiglio di Giustizia amministrativa che “al di fuori dei casi in cui vi sia la prova che l’opera ricade in zona A) e B) già qualificata come tale o perimetrata come tale prima del 31.12.1976 (prova che nel giudizio non risulta fornita), è del tutto estraneo alla problematica relativa alla tutela del vincolo paesaggistico il riferimento alla eventuale urbanizzazione di fatto e completa edificazione della zona in cui ricade il fabbricato abusivo, alla stregua del valore assolutamente prevalente che proprio la Costituzione assegna alla difesa del paesaggio, rispetto al quale ogni altro interesse è sicuramente recessivo poiché l’interesse paesaggistico viene considerato dalla giurisprudenza costituzionale prevalente nella gerarchia degli interessi pubblici”.

Aggiunge il C.G.A. per la Regione siciliana che “La tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico è principio fondamentale della Costituzione (art. 9) ed ha carattere di preminenza rispetto agli altri beni giuridici che vengono in rilievo nella difesa del territorio” (Cons. St., II, 14 novembre 2019, n. 7839).

Ha ribadito ancora il Consiglio di Stato (Cons. St., IV 2 marzo 2020 n. 1486, in motivazione) che “alla funzione di tutela del paesaggio è estranea ogni forma di attenuazione determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione”.

Tra l’altro, anche la Corte costituzionale con le sentenze nn. 218 e 247 del 2017 ha ribadito il valore “assoluto e primario” del paesaggio.

Ricordiamo, infine, la sentenza del Consiglio di Stato n. 3067 del 14 aprile 2021 con la quale, ribaltando anche questa volta una decisione dei giudici del TAR, aveva confermato che in presenza di un vincolo paesaggistico e archeologico esiste vale il principio per cui l’avvenuta edificazione di un’area o il suo degrado non costituiscono ragione sufficiente per escludere l’imposizione di un vincolo, e a maggiore ragione il giudizio di incompatibilità di un intervento con il vincolo esistente, che in sintesi va a limitare i danni ulteriori e a proteggere quanto rimasto dell’originario valore paesaggistico. Gli organi preposti alla tutela dei vincoli paesaggistici o archeologici devono valutare come “salvare il salvabile”.

E anche nel caso del CGA della Regione Sicilia si è provveduto a salvare il salvabile confermando la demolizione.

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