tratto da quotidianopa.leggiditalia.it
Vincoli di destinazione dei proventi da alienazione del patrimonio
di Cristina Montanari – Responsabile dell’Area Finanziaria-Tributi del Comune di Serramazzoni e Vicesegretario Comunale
 
Un Sindaco ha adito il magistrato contabile, ai sensi dell’art. 7, comma 8, L. 5 giugno 2003, n. 131, chiedendo se le norme che disciplinano la destinazione dei proventi derivanti dall’alienazione del patrimonio disponibile possano applicarsi analogicamente anche per quelli derivanti dall’alienazione del patrimonio indisponibile.
La questione è stata esaminata dalla Corte dei conti-Lombardia e risolta nella Del. 4 marzo 2020, n. 24.
Per rispondere, il giudice preliminarmente richiama il quadro normativo che disciplina la materia oggetto del quesito, ovvero:
l’art. 58D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella L. 6 agosto 2008, n. 133, che ha disposto per i comuni, fra l’altro, l’obbligo di procedere con deliberazione dell’organo di governo alla redazione di un elenco di beni appartenenti al patrimonio immobiliare non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali e suscettibili di valorizzazione o di dismissione, sulla cui scorta viene redatto il piano di alienazione dei beni immobili, che costituisce un allegato al bilancio;
– l’art. 1, comma 443L. 24 dicembre 2012, n. 228, secondo cui “in applicazione del secondo periodo del comma 6 dell’articolo 162 del decreto legislativo 18 agosto, 2000, n. 267, i proventi da alienazioni di beni patrimoniali disponibili possono essere destinati esclusivamente alla copertura di spese di investimento ovvero, in assenza di queste o per la parte eccedente, per la riduzione del debito“;
– l’art. 56-bis, comma 11, D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, nel testo modificato dall’art. 7, comma 5, D.L. 19 giugno 2015, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2015, n. 125, che impone di destinare il 10% dei proventi – risorse nette – derivanti dall’alienazione dell’originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali alla riduzione dell’indebitamento.
In base alle disposizioni richiamate, il Collegio ritiene che le norme in materia di vincoli di destinazione dei proventi da alienazione del patrimonio disponibile non possano trovare applicazione nei confronti dei beni patrimoniali indisponibili, indipendentemente dalla loro commerciabilità: trattasi, infatti, di norme aventi uno specifico ambito d’applicazione oggettiva che non lascia spazio a interpretazioni estensive.
D’altra parte, argomenta la Corte, quando il legislatore ha voluto sottoporre allo stesso trattamento i beni patrimoniali disponibili e i beni patrimoniali indisponibili, non si è specificatamente riferito agli uni o agli altri: si pensi all’art. 1, comma 866L. 27 dicembre 2017, n. 205, che ha consentito agli enti locali particolarmente virtuosi (in linea con determinati parametri finanziari indicati dalla norma), in via sperimentale per gli anni dal 2018 al 2020, di utilizzare i proventi delle alienazioni patrimoniali, anche derivanti da azioni/piani di razionalizzazione (come, per esempio, quelle previste in materia di razionalizzazione periodica delle società partecipate dagli artt. 20 e 24D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175), per finanziare le quote capitali dei mutui/prestiti obbligazionari in ammortamento nell’anno/in anticipo rispetto all’originario piano di ammortamento; ciò, senza distinguere tra beni del patrimonio disponibile o indisponibile dell’Ente.

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