01/06/2020 – Il diniego del visto di legittimità della Corte dei conti non può essere impugnato dal dipendente pubblico che se ne senta danneggiato

Il diniego del visto di legittimità della Corte dei conti non può essere impugnato dal dipendente pubblico che se ne senta danneggiato
di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone
 
La vicenda
Un dirigente cui era stato conferito un incarico dirigenziale a termine, ai sensi dell’art. 19, comma 6 D.Lgs. 165/2001, da un’amministrazione scolastica si è visto negare il parere preventivo di legittimità dalla Corte dei conti. Il Collegio contabile ha ritenuto il provvedimento dell’amministrazione scolastica di nomina del dirigente a contratto illegittimo per le seguenti motivazioni:
a) assenza del presupposto della verifica dell’indisponibilità, al proprio interno, di figure professionali idonee all’assunzioni dell’incarico;
b) nell’avviso pubblico di procedura selettiva non erano stati resi conoscibili i criteri di scelta del dirigente, con violazione dell’obbligo di motivazione della preferenza a favore di un candidato rispetto ad un altro;
c) i dirigenti scolastici erano stati esclusi dalla partecipazione alla selezione ritenendoli destinatari dei soli incarichi dirigenziali ex art. 19, comma 5-bis, D.Lgs. n. 165/2001 e non di quelli, simile al presente, assegnati ai sensi del comma 6 del medesimo articolo.
Il ricorso del dipendente estromesso
Il dirigente estromesso, per illegittimità del procedimento, ha proposto ricorso davanti alle Sezioni Riunite della Corte dei conti in speciale composizione, impugnando la delibera di ricusazione del visto emesso dalla Sezione di regionale di controllo, avvenuto successivamente alla sottoscrizione del contratto dirigenziale, con conseguente lesione della sua situazione giuridica ed economica. A dire del dipendente estromesso, le delibere della Sezione di controllo della Corte sarebbero impugnabili innanzi alle Sezioni Riunite della medesima Corte In tale cornice di riferimento, nel procedimento attivato dalla Sezione regionale di controllo, sarebbe stata omessa la sua partecipazione nonostante la sua posizione giuridica avanzata, senza possibilità di poter effettuare controdeduzioni per sostenere le proprie ragioni. In altri termini, a dire del dipendente, attesa l’assimilabilità della funzione a quella giurisdizionale, il soggetto anche indirettamente interessato dagli esiti del controllo preventivo avrebbe pretesa a contraddire e difendere le proprie attese in quella sede, anche in assenza di una espressa previsione di legge in proposito. A tale fine, ha chiesto alle SS.RR. un nuovo vaglio di legittimità, in via diretta, sul provvedimento dichiarato illegittimo dalla Sezione regionale, ovvero il mero annullamento della delibera regionale di diniego di visto impugnata, con rinvio alla Sezione per il nuovo esame.
La posizione delle Sezioni Riunite
Secondo la nomofilachia giurisdizionale contabile il ricorso è inammissibile. I giudici contabili hanno evidenziato, in via preliminare, come il controllo preventivo della Corte dei conti e il procedimento amministrativo per l’emissione di un provvedimento sono distinti per natura, per fini e per soggetti coinvolti, con conseguente diversità della posizione giuridica dell’interessato al provvedimento nelle due fasi. Il controllo preventivo di legittimità, opera nell’ambito di una procedura di tipo “binario”, che coinvolge due soli soggetti, la Sezione della Corte dei conti, in qualità di organo magistratuale di controllo, e l’Amministrazione, quale controllata, entrambe accomunate dal coincidente interesse a che nell’ordinamento non sia inverato un provvedimento non conforme ai parametri oggettivi di legittimità, e che esercitano ciascuna la propria funzione al fine ultimo del buon andamento dell’azione amministrativa (cfr. art. 97, comma 1, Cost.). In altri termini, l’interesse superiore del buon andamento dell’azione pubblicistica, per costruzione non considera l’interesse individuale sottostante dei consociati, che ne rimane del tutto estraneo, e vive nella diversa fase del procedimento amministrativo, nella dialettica partecipativa garantita dalla L. n. 241/1990 e in quella eventualmente impugnatoria del provvedimento finale. Anche se si ammettesse che la Corte dei conti nel corso della procedura di controllo preventivo possa conoscere delle istanze individuali dei soggetti interessati al provvedimento amministrativo controllato, si avrebbe una vera e propria snaturazione della funzione, che da verifica di legittimità sull’atto da svolgersi in termini obiettivi, diverrebbe giudizio sul rapporto sottostante.
Pertanto, non può considerarsi compatibile con i termini stringenti del controllo, né la partecipazione di terzi alla procedura stessa, né una fase impugnatoria, prospettata dal ricorrente alternativamente come domanda di riesame dell’atto oggetto di controllo o come annullamento del diniego di visto.
Pertanto, per le Sezioni Riunite gli interessi individuali potranno essere pienamente tutelati sia nell’an che nel quomodo, nelle prescritte modalità della partecipazione al procedimento amministrativo (L. n. 241/1990) e nei pertinenti plessi giurisdizionali. In altri termini, non è la procedura di controllo ma l’atto amministrativo che ha rilevanza esterna e può incidere sulle posizioni giuridiche soggettive dei soggetti interessati.
La conseguenza, di quanto sopra precisato, implica che il controllo preventivo di legittimità, è condizione integrativa dell’efficacia dell’atto, con effetto retroattivo alla data della sua emanazione. Per ciò solo, una volta completatosi positivamente con l’apposizione del visto di legittimità sul provvedimento, perde il proprio profilo di autonomia ed in esso viene integrato, determinandone la rilevanza giuridica nell’ordinamento e la valenza esterna. Solo a quel punto entra in considerazione la posizione giuridica soggettiva individuale degli interessati incisi, favorevolmente o meno, dal provvedimento, ma a quel punto la tutela è piena innanzi al competente plesso giurisdizionale tramite l’impugnazione del provvedimento che asseritamente lede le pretese del singolo.
In presenza della ricusazione del visto, invece, il provvedimento amministrativo, non essendo divenuto efficace, non ha esplicato alcun effetto sicché non è idoneo a produrre alcuna lesione attuale, mentre la pronuncia di controllo rimanendo distinta da esso non può essere autonomamente impugnata. Resta impregiudicata, tuttavia, per l’amministrazione in presenza della ricusazione del visto, attvare la procedura del visto con riserva che si conclude comunque con la registrazione facendo diventare operativo ed efficace il provvedimento, dopo un riesame dello stesso e della delibera di ricusazione. Si tratta della procedura con la quale l’amministrazione nell’emettere il nuovo provvedimento amministrativo, elimini i vizi di legittimità sollevati dai giudici contabili.
Qualora, come nel caso di specie, l’amministrazione non intende ricorrere al visto con riserva, condividendo le argomentazioni della delibera di ricusazione del visto, l’interessato potrà impugnare il nuovo provvedimento, sempre che questo sia stato a sua volta registrato, o il provvedimento di ritiro dell’atto il cui visto è stato ricusato, o il semplice comportamento omissivo dell’amministrazione
In definitiva, ad essere impugnabile non è la delibera di ricusazione del visto, né il provvedimento amministrativo inefficace, bensì il successivo provvedimento amministrativo o l’inadempimento dell’amministrazione con conseguente tutela risarcitoria.
In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile tante la non impugnabilità della delibera di ricusazione del visto

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