Tratto da: Giurisprudenzappalti
Come è noto, il nuovo Codice Appalti 2023 (cfr. D.Lgs. n. 36/2023) ha introdotto una nuova disciplina dell’accesso agli atti di gara che, per quel che qui più rileva, prevede che la stazione appaltante, unitamente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione, debba rendere note anche le decisioni assunte sulle richieste di oscuramento di parti delle offerte, formulate dagli offerenti a tutela dei loro segreti tecnici o commerciali.
Dette richieste potranno essere impugnate solamente per le vie giudiziali, nel breve termine di dieci giorni, termine che secondo la giurisprudenza si pone “ai limiti del giugulatorio“.
Il Codice, però, non si premura di stabilire quale sia la disciplina (sostanziale e processuale) applicabile al caso in cui la stazione appaltante, in violazione dell’art. 36, ometta di ostendere le offerte, e/od ometta di esternare le proprie decisioni in ordine alle richieste di oscuramento.
Nel colmare la lacuna i Giudici amministrativi sono addivenuti ad approdi tra loro contrastanti.
La sentenza del T.A.R. Abruzzo I, 11 novembre 2024, n. 470 non lascia dubbi:
“Dall’articolo 36, commi 3 e 4, si evince chiaramente che tutte le decisioni sulle eventuali richieste di oscuramento, implicite od esplicite, devono essere impugnate entro il termine decadenziale di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione dell’aggiudicazione: è in quel momento, infatti, che i concorrenti sono messi nella condizione di comprendere quali atti la stazione appaltante ha inteso rendere noti e quali invece ha inteso sottrarre all’accesso o alla divulgazione“.
La mancata ostensione delle offerte, pertanto, s’atteggiano per il Collegio alla stregua di un di un silenzio rifiuto da impugnare “al buio” (i.e. senza aver contezza delle sottese motivazioni), il quale ha altresì ritenuto di non poter accordare rilievo al fatto che la stazione appaltante avesse successivamente “esplicitato le ragioni dell’oscuramento“, circostanza inidonea “a rimettere in termini la parte ricorrente per la proposizione del ricorso avverso la decisione di accogliere la richiesta di oscuramento dell’aggiudicataria“.
A soluzione diametralmente opposta era pervenuta T.A.R. Lombardia, IV, 30 settembre 2024, n. 2520 , che vagliando anche l’opzione ermeneutica seguita dal T.A.R. Abruzzo aveva già avuto modo di affermare
l’incompatibilità di una interpretazione che, oltre a porsi in contrasto con la chiara lettera della norma esaminata e quindi con i principi costituzionali, arreca un significativo vulnus alla tutela giurisdizionale del concorrente interessato all’accesso, con conseguente vantaggio per la Stazione appaltante che addirittura trarrebbe un beneficio dalla propria condotta contra legem, visto che la mancata messa disposizione delle offerte e di tutta la documentazione di gara trasgredisce in modo palese l’espressa indicazione contenuta nell’art. 36, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 36 del 2023.
Il Collegio ha pertanto ritenuto che, “nel caso in cui la Stazione appaltante, in violazione del disposto di cui all’art. 36, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 36 del 2023, ometta, integralmente o parzialmente, di mettere a disposizione dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri quattro concorrenti e la restante documentazione di gara, deve applicarsi l’ordinario procedimento di accesso agli atti, disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, e la disciplina processuale ricavabile dall’art. 116 cod. proc. amm. (senza deroghe), non essendo applicabili le previsioni contente nel rito super speciale di cui all’art. 36, commi 4 e 7, del D. Lgs. n. 36 del 2023“.