tratto da leautonomie.it – a cura di Luigi Oliveri –
Applicare criteri di gara all’affidamento diretto non è solo giuridicamente erroneo, ma logicamente anche impossibile.
Il parere del Mit 26.2.2024 n. 2318 non è solo da considerare sbagliato: si tratta di un’interpretazione oggettivamente sconclusionata.
Il parere risponde alla domanda se il servizio sostitutivo di mensa (come in generale per gli appalti ad alta intensità di manodopera) debba essere affidato esclusivamente con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa e se ciò valga anche nel caso qualora sia possibile utilizzare il sistema dell’affidamento diretto.
Il Mit esordisce evidenziando che l’articolo 131, comma 5, del d.lgs 36/2023 dispone: “l’affidamento dei servizi di cui al presente articolo [attività di emissione di buoni pasto] avviene esclusivamente con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo. Il bando di gara stabilisce i criteri di valutazione dell’offerta (…)”.
Correttamente, il parere evidenzia che la disposizione normativa non ammette deroga: l’unico criterio di affidamento è quello dell’OEPV.
Il Mit, però, va oltre, affermando che “l’indicazione normativa ha carattere assoluto, posto che non si rinviene nell’ambito del corpus normativo alcuna indicazione idonea a permettere di attuarne una deroga nel caso in cui si proceda mediante affidamento diretto ex art. 50, co. 1, lett. b), d.lgs. 36/2023”.
Questo è un primo vizio del ragionamento. La disciplina del sottosoglia e, in particolare, dell’affidamento diretto non contiene delle deroghe puntuali a specifiche regole norme del codice dedicate, come nel caso di specie, a particolari oggetti di affidamento (buoni pasto). All’opposto, le norme sul sottosoglia sono poste a derogare in termini generali alle norme del codice, come si evince dall’articolo 48, comma 4: “Ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice”.
Ora, gli affidamenti diretti sono una deroga ampia, complessiva e totale alle disposizioni del codice, fondata in ragione del valore dell’affidamento inferiore alle soglie di 150.000 o 140.000 euro a seconda del tipo di appalto. Infatti, l’affidamento diretto è un sistema di affidamento, non un criterio di selezione del contraente. E come sistema di affidamento non è nè competitivo, nè selettivo: la stazione appaltante non confronta in modo sincrono più offerte di più operatori economici invitati a presentarle a seguito di un bando pubblico o di una lettera di invito. Con l’affidamento diretto la stazione appaltante prima individua un operatore economico (in base alla consultazione di listini, o di precedenti contratti, o di affidamenti analoghi di altre PA o chiedendo preventivi), poi negozia direttamente ed esclusivamente con l’OE individuato le condizioni del contratto.
Dunque, nell’affidamento diretto non c’è nessuna gara; conseguentemente, nell’affidamento diretto non può logicamente e giuridicamente applicarsi nessun criterio di gara: nè il ribasso, nè la OEPV.
Non è, allora, minimamente fondato e si rivela totalmente erroneo e fuori strada nemmeno il secondo argomento offerto dal Mit: “Pertanto, la stazione appaltante potrà procedere anche con l’affidamento diretto applicando il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo ex art. 131, co. 5, d.lgs. 36/2023. Giova precisare come, in tale evenienza, gli elementi qualitativi dovranno essere valutati in maniera informale, viste altresì le finalità di semplificazione sottese alle procedure sotto-soglia”.
Semmai, pare corretto affermare qualcosa di diverso: l’opportunità che la stazione appaltante nel negoziare con l’OE la prestazione dell’erogazione dei buoni pasto tenga in particolare considerazione gli elementi qualitativi della prestazione enunciati dall’articolo 131, comma 5, del codice:
“a) il ribasso sul valore nominale del buono pasto;
b) la rete degli esercizi da convenzionare, con specifica valorizzazione, in sede di attribuzione dei punti o dei pesi, delle caratteristiche qualitative che connotano il servizio sostitutivo di mensa offerto dalla rete di esercizi selezionata;
c) lo sconto incondizionato verso gli esercenti, in misura non superiore al 5 per cento del valore nominale del buono pasto. Tale sconto incondizionato remunera altresì ogni eventuale servizio aggiuntivo offerto agli esercenti;
d) i termini di pagamento agli esercizi convenzionati;
e) il progetto tecnico”.
Ma, senza poter considerare il riferimento a questi elementi, richiesti nel caso di vera e propria gara, come applicazione dell’impossibile criterio dell’OEPV.