Tratto da: leautonomie.it

di Luigi Oliveri –

Il Consiglio di Stato, con la sentenza della Sezione V, 15.3.2024, n. 2518, afferma che “i dirigenti della PM e dell’avvocatura comunale possono eccezionalmente assumere la direzione di uffici ordinari dell’ente ma non anche il contrario (ossia dirigenti esterni alla PM non possono diventare comandanti della stessa)“.

Quella proposta dal Consiglio di Stato è una lettura possibile, ma non esclusiva e non del tutto persuasiva.

Intanto, non è del tutto convincente l’affermazione che dal testo letterale della norma si desuma una necessaria unidirezionalità e cioè che mentre avvocati e comandanti di polizia locale con qualifica dirigenziale possano essere destinatari di altri incarichi dirigenziali, al contrario dirigenti con diversi incarichi non possono dirigere l’avvocatura e la polizia locale. Al contrario, la formulazione della norma appare chiaramente aperta ad entrambe le possibilità.

Si potrebbe affermare l’impossibilità che alla direzione dell’avvocatura sia preposto un dirigente non avvocato. Fermo restando che la razionalità organizzativa consiglia di collocare al vertice di una struttura un soggetto che disponga di competenze professionali adeguate alle materie trattate, il Consiglio di Stato continua da anni – proprio con riferimento ad avvocatura e polizia locale – a dimenticare e trascurare (lacuna gravissima) un elemento fondamentale: dirigere una struttura non implica necessariamente ingerirsi nelle attività operative specifiche. Al contrario, proprio l’impronta “manageriale” da decenni invocata (un po’ a vanvera) della funzione dirigenziale, dovrebbe convincere della possibilità di preporre ad avvocatura e polizia locale anche dirigenti di altra provenienza, in considerazione della capacità di svolgere la funzione dirigenziale. Che è caratterizzata, in primo luogo, dalla capacità di svolgere le funzioni di programmazione settoriale ed armonizzarle con quelle generali, nel rispetto delle indicazioni della politica (contributo, quindi, a formulazione di Dup e Piao); capacità di negoziare le risorse umane, strumentali, finanziarie e di controllo necessarie per il conseguimento degli obiettivi fissati; capacità di programmare il lavoro, monitorare l’andamento degli obiettivi, fissare compiti specifici, consentire la formazione, gestire le obbligazioni discendenti dai contratti, coordinare il lavoro degli uffici.

Dirigere l’avvocatura non significa necessariamente, in particolare negli enti con ampia dotazione, assumersi la difesa in giudizio, nè dirigere la polizia locale implica necessariamente lo svolgimento di compiti  operativi.

D’altra parte, l’esperienza nell’addestramento del personale, nella formazione dei turni, nella creazione di squadre operative, nella gestione di ordinanze e contenziosi amministrativi, tipici del comandante della polizia locale, come l’assunzione delle difese dell’ente, non assicurano di per sè competenze necessarie ai fini delle funzioni direzionali richieste per la dirigenza.

il comma 221 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 potrebbe, allora, essere letto (e forse dovrebbe esserlo) proprio nel senso opposto a quello suggerito da Palazzo Spada: norma che ha inteso, dunque, rompere la “specialità” delle funzioni di comandante della polizia locale e di vertice dell’avvocatura, proprio in considerazione della trasversalità della funzione dirigenziale.

D’altra parte, l’autonomia del singolo avvocato nel seguire una strategia difensiva in giudizio non può essere limitata nè da un dirigente avvocato, nè da un dirigente che avvocato non sia. Lo stesso vale per un dirigente non appartenente al corpo di polizia locale: qualora vi sia un comandante dirigente, che diriga quindi la polizia locale come struttura facente parte di un più ampio settore, è in ogni caso questo comandante a rispondere direttamente al sindaco delle funzioni verticali della polizia locale, restando, invece, al dirigente di settore i compiti più propriamente manageriali della funzione dirigenziale.

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