Tratto da: leautonomie.it

tratto da le autonomie.it –  a cura di Luigi Oliveri

Le progressioni economiche non configurano lo svolgimento di mansioni superiori, né hanno come presupposto attività lavorative di maggiore rilievo, impegno o responsabilità.

L’ordinanza della Cassazione Sezione Lavoro 20 febbraio 2024 n. 4482 contribuisce a fare (si spera in modo definitivo) ordine nella materia delle progressioni, ancora per molti – giudici del lavoro compresi – non perfettamente compresa e introiettata.

L’ordinanza scaturisce da una complessa vicenda contenziosa riferita ad una progressione orizzontale gestita dall’Inps, sfociata in un annullamento della procedura.

Sta di fatto che la Corte di appello ha ritenuto fondate le doglianze di un ricorrente, condannando l’Istituto a riconoscergli la progressione economica a decorrere da una data persino precedente a quella del bando che ha dato avvio alla procedura, sulla base di una presunzione: quella secondo la quale in ogni caso, sebbene la procedura si fosse conclusa 3 anni dopo, il dipendente interessato avesse svolto da ben prima “mansioni più impegnative”, tali da fondare l’accesso ad una posizione economica diversa (dalla C2 alla C3).

La ricostruzione offerta dalla corte territoriale risulta manifestamente erronea e falsata e la Cassazione interviene in modo molto netto per correggere il travisamento normativo.

L’ordinanza ricorda che sia la contrattazione nazionale collettiva, sia l’articolo 52, comma 1, del d.lgs 165/2001 considerano mansioni superiori solo «quelle proprie dell’area immediatamente superiore». Al contrario, all’interno della medesima area di inquadramento «tutte mansioni sono considerate equivalenti».

Pertanto, spiega la Cassazione, tutte le mansioni riferite ad una medesima area sono “parimenti esigibili” né risulta possibile “considerare alcune di esse superiori rispetto ad altre”, poiché “le fasce retributive rappresentano mere progressioni economiche e, quindi, non implicano una diversità di contenuto delle mansioni assegnate”.

Secondo l’ordinanza, l’interprete ed il giudice debbono stare ben attenti a muoversi, nell’interpretare ed applicare la normativa, nell’attento rispetto delle espresse disposizioni ivi contenute.

Non è operando come la Corte di appello, che ha sostituito dialetticamente “all’espressione «mansioni superiori» (usata impropriamente dal primo giudice) la diversa espressione «mansioni di maggior impegno e rilievo nell’ambito del processo produttivo dell’area a cui appartengono»” che si possa trasformare la progressione economica in qualcosa di diverso da quello in cui consiste e cioè una maggiorazione economica connessa non all’esercizio di mansioni superiori, bensì ad una migliore resa nelle medesime obbligazioni lavorative già svolte.

Fortunatamente, l’ultima tornata della contrattazione collettiva dovrebbe contribuire a risolvere definitivamente l’equivoco e chiarire a tutti l’impossibilità di ricondurre alle progressioni orizzontali qualsiasi effetto sulle mansioni svolte.

Ad esempio, l’articolo 14 del Ccnl 16.11.2022 configura le progressioni economiche come procedure volte all’attribuzione di un mero differenziale economico, nell’ambito di un nuovo ordinamento giuridico del personale, che ha abbandonato la scala delle posizioni economiche. Le progressioni orizzontali sono meglio identificate come “aumenti stipendiali” (era così anche prima) e per altro la normativa contrattuale si esprime chiaramente: l’articolo 14 citato, al comma 2, dispone che l’attribuzione dei differenziali stipendiali “non determina l’attribuzione di mansioni superiori”.

Tale affermazione, comune a tutti i Ccnl di comparto, dovrebbe assicurare maggiore ponderatezza da parte di operatori, interpreti e giudici nell’affrontare il tema delle progressioni orizzontali, scongiurando il rischio di scambiarle per meccanismi connessi all’esercizio di mansioni superiori.

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