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Le sezioni di controllo della Corte dei Conti, in particolare dell’Emilia-Romagna e del Veneto, tornano spesso a ricordare le regole in vigore per il conferimento di incarichi di consulenza da parte degli enti locali e, più in generale da parte delle PA.

Da ultimo ci viene detto che il parere dei revisori dei conti sugli atti di conferimento di incarichi di consulenza è necessario per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e che occorre rispettare i vincoli dettati dalla normativa e che ne limitano l’ambito di applicazione. Sono queste le indicazioni contenute nella deliberazione della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna n. 13/2024.

GLI APPALTI DI SERVIZI

La prima indicazione è la seguente: “anche nel caso in cui la prestazione richiesta ad un soggetto esterno sia affidata tramite appalto di servizi, non diversamente dall’affidamento di incarichi di cui all’art. 7, c. 6, del D. Lgs. 165/2001, è necessario evitare duplicazioni tra le attività affidate all’esterno e quelle già svolte tramite risorse interne al fine ultimo di evitare una duplicazione della spesa”.

Ed ancora, leggiamo che il principio per cui si deve applicare il vincolo per cui l’incarico deve avere una durata temporalmente determinata, “trova applicazione anche nella fattispecie degli appalti di servizi”.

IL PARERE DEI REVISORI

Ci viene chiarito che è necessario negli enti locali con più di 5.000 abitanti avere il parere dell’organo di revisione: “la norma che viene, al riguardo, in considerazione è l’art. 1, c. 42, della L. 30 dicembre 2004, n. 311, che la Sezione delle autonomie, con del. n. 4/2006, aveva ritenuto implicitamente abrogata dalla L. fin. 2006 ma la cui la vigenza è stata successivamente acclarata dalla giurisprudenza contabile, in quanto non esplicitamente abrogata e non incompatibile con la nuova disciplina (finalizzata al contenimento della spesa) dettata in materia, che impone tetti di spesa e la trasmissione degli atti alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti. L’obbligo, pertanto, di preventiva sottoposizione dell’atto al Collegio dei revisori dei conti, in qualità di organo di controllo interno dell’ente, permane e riguarda un singolo atto di spesa, avendo finalità distinte dal controllo sulla gestione affidato alla magistratura contabile avente propriamente a oggetto l’atto di incarico. L’affidamento di incarichi da parte degli enti locali in violazione del previo parere del revisore “costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale” (art. 1, c. 42, cit.)”.

LA UTILIZZAZIONE DI PROCEDURE COMPARATIVE

Occorre dare corpo alla scelta sulla base di procedure comparative. Inoltre, “il conferimento dell’incarico dovrà avvenire in forma scritta e contenere i seguenti elementi: adeguata motivazione in relazione alla descrizione dell’esigenza transitoria e imprevista da soddisfare, avuto riguardo all’obiettivo che l’ente intende perseguire nell’ambito della propria discrezionalità, descrizione delle caratteristiche professionali richieste atte a soddisfare detta esigenza, assenza nella struttura di personale in possesso di tali caratteristiche, da provarsi per tabulas mediante dimostrazione della specifica attività di ricognizione del personale interno idoneo allo scopo, sussistenza in capo all’incaricando delle caratteristiche richieste e risultanti dal suo curriculum vitae; caratteristiche dell’incarico in relazione a durata, oggetto della prestazione, compenso”.

Inoltre, “l’atto di conferimento dell’incarico (completo dell’indicazione dell’incaricato, della ragione dell’incarico, del compenso, del curriculum vitae dell’interessato e della durata dell’incarico stesso) deve essere pubblicato sul sito istituzionale dell’ente entro tre mesi dal conferimento dell’incarico e per i tre anni successivi alla cessazione dello stesso“.

L’AUTOSUFFICIENZA DELLE PA

Leggiamo inoltre nella deliberazione che “risulta necessario richiamare la regola generale secondo la quale la P.A. deve provvedere, in base al principio di autosufficienza, ai propri compiti con la propria organizzazione e le proprie risorse umane e strumentali, al fine di evitare inutili aggravi di costi e la violazione o elusione, tra l’altro, delle regole ordinarie di accesso al pubblico impiego tramite procedura concorsuale. Il rispetto di tale regola generale limita significativamente la facoltà dell’Amministrazione di fare ricorso all’esterno per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali rientranti nelle ordinarie attività dell’Ente. Invero, la suddetta facoltà viene ammessa al ricorrere di specifiche condizioni, fra le quali rientra un’esigenza straordinaria ed eccezionale da soddisfare, esulante dalle ordinarie funzioni degli uffici e del personale e che non può essere appunto soddisfatta con personale in servizio”.

Si deve dimostrare “l’impossibilità di utilizzare risorse interne per lo svolgimento della prestazione a giustificazione del conferimento/affidamento a soggetti esterni… l’affidamento di incarichi a soggetti estranei all’amministrazione – ma eguali considerazioni valgono mutatis mutandis nell’ipotesi di appalto di servizi in considerazione del richiamato principio di autosufficienza dell’amministrazione – deve essere adeguatamente motivato con specifico riferimento all’assenza di strutture organizzative o professionalità interne all’ente in grado di assicurare la medesima prestazione. In particolare, è richiesto all’ente un accertamento reale della mancanza di strutture e apparati preordinati al soddisfacimento dell’esigenza manifestatasi, ovvero, pur in presenza di detta organizzazione, della carenza di personale in relazione all’eccezionalità delle finalità da perseguire sia sotto l’aspetto quantitativo che qualitativo. A tal fine, l’Ente è tenuto dimostrare, con congrua ed esaustiva motivazione, anche con richiami ad altri atti e determinazioni dallo stesso approvati, l’effettiva impossibilità di utilizzo del personale dipendente… la verifica dell’indisponibilità delle risorse interne costituisce un prius logico necessario da utilizzarsi nel percorso discrezionale-valutativo dell’amministrazione che si conclude con la decisione di conferire l’incarico e che, in tal senso, il corredo motivazionale deve sussistere al momento dell’adozione dell’atto, senza possibilità di integrazioni postume“.

LE ALTRE INDICAZIONI

Ci viene detto che le attività di supporto non rientrano tra quelle che possono essere legittimamente oggetto del conferimento di incarichi consulenziali.

Ed ancora, “l’oggetto della prestazione dev’essere determinato, dovendo corrispondere a obiettivi o progetti specifici e determinati. Sono pertanto illegittimi gli incarichi il cui oggetto sia indeterminato o generico e anche il compenso deve avere le medesime caratteristiche non potendo essere demandato a un successivo provvedimento che integri un rinvio in bianco ad un futuro atto di liquidazione, determinandosi altrimenti assoluta incertezza sulla spesa ed essendo da considerare carente – e pertanto illegittimo – un incarico a tale stregua conferito”.

Infine, “il conferimento di un tale incarico a personale esterno, dovendo rispondere alle descritte esigenze di eccezionalità, riveste sempre il carattere della temporaneità e perciò stesso deve essere limitato nella sua durata”.

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