Sentenza del 17/07/2024 n. 402 – Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte Sezione/Collegio 2
Intitolazione:
Inammissibilità dell’appello per violazione del principio di specificità nella individuazione dei motivi di impugnazione
Massima:
Allorquando i motivi di appello, si risolvono nella pedissequa riproposizione delle doglianze svolte in primo grado ed appaiono pertanto generiche, non risultando possibile, enucleare i vizi della sentenza che l’appellante intenda denunciare, l’atto di appello è da considerare inammissibile ai sensi dell’art. 342 c.p.c..La sentenza di Cassazione n. 18474/2023 ha osservato che “Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, …., delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo …, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un non motivo, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 366, n. 4, del c.p.c .”.
Testo:
Per comodità espositiva si trascrive il fatto dalla comparsa di costituzione dell’ Amministrazione appellata. “Con atto di appello notificato in data 31.05.2023, la società U. di B. M. & C. S.n.c. (P. IVA), che esercita attività di “servizi forniti da revisori contabili (cod. att. 692013)”, M.B. () e lo S. B. S.r.l. (P.IVA), questi ultimi due in qualitàdi soci della prima, hanno impugnato la sentenza n. 946/04/22 (doc. 2), emessa in data 26.09.2022 e depositata in data 01.12.2022, dalla C.G.T. di primo grado di Torino, sui ricorsi riuniti proposti dagli odierni appellanti avverso i seguenti avvisi di accertamento emessi per l’anno di imposta 2015:
1) avviso di accertamento n. T7G020… 34/2020, emesso per l’anno di imposta 2015 e notificato alla U. di B. M. & C. S.n.c. in data 16.06.2021, che ha trovato presupposto nel Processo Verbale di Constatazione redatto dalla Guardia di Finanza, Compagnia di Ivrea […] in data 05.06.2018, all’esito di un’attività di verifica svolta nei confronti della società “U. di B. M. e c. S.n.c.” […] l’Ufficio accertava, per l’anno di imposta 2015, un maggior reddito di impresa di Euro 487.145,78, da attribuire ai soci B. M. e S. B. SRL, ai fini IRPEF ed IRES in base alle rispettive quote di partecipazione, nonché un maggior valore della produzione ai fini IRAP pari ad Euro 578.342,00 e un maggior volume d’affari ai fini IVA pari ad Euro 673.050,00. Per l’effetto sono state liquidate nei confronti della società U le seguenti imposte: IRAP per Euro 10.172,00 e IVA per Euro 44.127,00, oltre sanzioni e interessi;
2) avviso di accertamento S.D.C. n. T7G030… 41/2020, notificato allo S. B. S.r.l. in data 16.06.2021, con il quale è stato imputato per trasparenza, nei limiti della quota di partecipazione, il reddito di impresa accertato (Euro 487.136,00) per l’anno 2015 a carico della società U con l’avviso n. T7G020… 34/2020. Per l’effetto l’Ufficio ha liquidato nei confronti del medesimo S. B. S.r.l. una maggiore imposta IRES di Euro 66.893,00, oltre sanzioni e interessi;
3) avviso di accertamento P.F. n. T7G010… 38/2020, notificato a B. M. in data 16.06.2021, con il quale è stato a lui imputato un reddito di partecipazione nella società U. ., corrispondente alla sua quota di partecipazione in misura pari al 50% del capitale della stessa con conseguente riliquidazione delle seguenti maggiori imposte: Irpef per Euro 53.597,00, Add. Regionale per Euro 4.151,00, Add. Comunale per Euro 997,00, oltre sanzioni e interessi. […] i militari della Guardia di Finanza avevano rilevato, per l’anno di imposta 2015, dal controllo analitico della documentazione contabile e fiscale prodotta dal sig. B. , costi indeducibili per l’importo di € 71.890,24 (e una relativa iva indetraibile di € 8.103,46) […] aveva[no] acquisito dal procedimento penale n. 6632/2015, in essere presso la Procura della Repubblica di Ivrea, i conti correnti intestati/cointestati e in uso al sig. B. M. , oltre che i conti correnti intestati alla società U. S.n.c. […] sono stati individuati gli elementi positivi di reddito non dichiarati operando la differenza tra l’importo complessivo delle operazioni di segno positivo e la somma dei ricavi dichiarati e dei rimborsi spese addebitati ai clienti, debitamente documentati. Non sono state sottratte le voci, che la società U.S.n.c. aveva indicato in fattura come “anticipazioni per conto del cliente”, per le quali non ha fornito regolare documentazione, così come previsto dall’articolo 15, c 1, n. 3 del DPR 633/72, che sono stati, quindi, considerati ricavi e assoggettati ad Iva per un importo pari ad € 10.222,38 (vedasi pagina 23 del PVC). All’esito dell’istruttoria la Guardia di Finanza, applicando la presunzione che il totale delle somme versate, e non giustificate, riguardasse compensi percepiti in nero, senza quindi l’emissione del documento fiscale, preliminarmente individuava, per l’anno di imposta 2015, maggiori ricavi per € 189.868,16″. In esito al contraddittorio endoprocedimentale l’Amministrazione accoglieva in parte i rilievi della contribuente; “In data 16.06.2021, l’Ufficio ha notificato alla società U l’avviso di accertamento n. T7G020… 34/2020, con il quale ha accertato nei confronti della stessa, per l’anno di imposta 2015, un reddito di impresa di € 487.146,00, da attribuire ai soci B. M. e S. B. Srl, ai fini IRPEF ed IRES in base alle rispettive quote di partecipazione, nonché un maggior valore della produzione ai fini IRAP pari ad € 506.863,00 e un maggior volume d’affari ai fini IVA pari ad € 673.050,00. Per l’effetto sono state liquidate le seguenti imposte:
IRAP per € 10.172,00 e IVA per € 44.127,00, oltre sanzioni e interessi. In data 14.12.2021, la società U. di B. M. & C. S.n.c., M. B. e lo S. B. S.r.l., questi ultimi due in qualità di soci della prima, impugnavano con autonomi e distinti ricorsi gli avvisi di accertamento n. T7G020… 34/2020, T7G010… 38/2020 e l’avviso n. T7G010… 38/2020, così incardinando rispettivamente i giudizi RGN 38/2022, 77/2022 e 39/2022″ poi riuniti dalla CTP di Torino che si pronunciava in data 01.12.2022 con la pronuncia n. 946/04/22 (doc. 2), oggetto del presente gravame, con cui ha rigettato i ricorsi riuntiti e condannato le Parti alla refusione delle spese di lite, liquidate in complessivi € 10.000,00. Propongono appello. Resiste l’Amministrazione eccependo preliminarmente: 1) il vizio di procura, depositata in formato non nativo digitale; 2) l’inammissibilità dell’appello per violazione del principio di specificità nella individuazione dei motivi di impugnazione. MOTIVI DELLA DECISIONE L’appello è inammissibile e a tale conclusione induce la semplice lettura dell’atto introduttivo. La Cassazione ha ancor recentemente osservato che “Il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per Cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un non motivo, è espressamente sanzionata con l’inammissibilità dall’articolo 366, n. 4, del Cpc.” (Cass. 28.06.2023 n. 18474); identica conclusione si impone in relazione all’atto di appello, stante la previsione di identica sanzione processuale (inammissibilità) ex art. 342 c.p.c.. “Qualsiasi impugnazione consiste nell’enunciazione della o delle ragioni per le quali la decisione è erronea, con la conseguenza che in primo luogo bisogna identificare l’errore per poi fornirne la rappresentazione. Pertanto, l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, pena la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo” (Cass. 25.11.2022 n. 34721). Si è, più in dettaglio, osservato che “Poiché l’appello è un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito, il principio della necessaria specificità dei motivi – previsto dall’art. 342, comma 1, c.p.c. – prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure” (Cass. 08.09.2023 n. 26151, ex multis). Ora, non ritiene il Collegio che tali requisiti siano soddisfatti dalla concreta articolazione dei motivi di appello, che si risolvono nella pedissequa riproposizione delle doglianze svolte in primo grado ed appaiono pertanto generici, non risultando possibile, neanche con il massimo sforzo diligente, enucleare i vizi della sentenza che l’appellante intenda denunciare: error in procedendo? Error in judicando? Insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia? Errore di fatto per essere la decisione fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita (art. 395 n. 4 c.p.c.) ? Nessuno di questi vizi viene espressamente evidenziato, né è possibile evincerlo in via interpretativa, con la conseguenza che l’appello – risolvendosi i motivi, nella loro articolazione, in una sostanziale analisi della vicenda in fatto e riproposizione del significato che a fatti e circostanze deve essere attribuito a parere dell’appellante – non può ritenersi contenere “in modo chiaro, sintetico e specifico” alcuno degli elementi indicati, ai numeri 1, 2 e 3, dall’art. 342 c.p.c. L’appello è pertanto inammissibile. Le spese si liquidano secondo la soccombenza e nei parametri di cui al DM 55/2014; si dà atto della sussistenza dei presupposti e delle condizioni per il pagamento, da parte dell’appellante, di una ulteriore somma pari al contributo unificato già versato, ex art. 13, comma 1-quater, DPR 115/2002. P.Q.M. La Corte, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza difesa ed eccezione assorbita o disattesa, così provvede: dichiara inammissibile l’appello dei contribuenti;
condanna gli appellanti, in solido in tra loro, alla refusione delle spese di lite del grado che si liquidano in complessivi € 4.500,00