tratto da leautonomie.asmel.eu.it

di Luigi Oliveri

Comincia ad emergere in modo sempre più forte un dato di fatto: il trattamento economico dei dipendenti degli enti locali è più basso di circa il 20% della media dei compensi percepiti dal personale delle amministrazioni pubbliche.

Non vi sono però concrete iniziative che vanno nella direzione del superamento di questa differenziazione assai marcata. Allo stato attuale dobbiamo registrare che le trattative per il rinnovo del prossimo contratto collettivo nazionale di lavoro sono di fatto sospese e non si possono avanzare previsioni per la loro ripresa e, tanto meno, per la stipula, anche perché il prossimo rinnovo delle rappresentanze sindacali unitarie esacerba i termini del confronto ed induce ad un rinvio delle iniziative a dopo la loro effettuazione. Ma soprattutto si deve evidenziare che le ricette fin qui immaginate, proposte e/o realizzate non sembrano adeguate rispetto alle priorità effettive.

LE POSIZIONI DI ANCI ED UPI

I presidenti dell’Anci e dell’Upi hanno inviato una nota al Ministro per la Pubblica Amministrazione in cui evidenziano che le assunzioni negli enti locali sono molto poco attrattive e che è necessaria una iniziativa per sbloccare lo stallo nelle trattative per il rinnovo del CCNL.

Sul primo punto viene testualmente detto che “numerosi gli indici e i segnali che evidenziano l’accentuarsi di questa problematica: riduzione del numero di candidati ai concorsi banditi dagli Enti locali, crescente numero di vincitori di concorso che rinunciano all’assunzione, continuo esodo del personale di ruolo verso altre amministrazioni mediante i processi mobilità, difficoltà di attivare adeguati strumenti di welfare aziendale a normativa vigente. Appare evidente che la principale causa risiede in un livello retributivo complessivo minore, anche a fronte di maggiori responsabilità ed incombenze. In questo contesto, pur apprezzando la predisposizione nel recentissimo Decreto PA la misura finalizzata a consentire l’assunzione dei giovani diplomati ITS, dobbiamo prendere atto anche di norme destinate ad aumentare il gap di competitività degli Enti locali nei confronti dei Ministeri, come quella che consente il superamento dei limiti ai trattamenti economici accessori solo per dirigenti e dipendenti ministeriali”.

Sul secondo punto ci viene detto che appare opportuna una “valutazione sull’opportunità di promuovere un confronto fra le parti datoriali e le organizzazioni sindacali”.

LA POSIZIONE DI CGIL ED UIL

Dal canto loro la Cgil e la Uil chiedono di aumentare le risorse che le amministrazioni pubbliche devono mettere in campo per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro del triennio 2022/2024, giudicando insufficiente l’aumento del 6% previsto dalle leggi di bilancio del 2024 e del 2025.

In particolare, si chiede di anticipare a questo rinnovo contrattuale le risorse previste per i rinnovi contrattuali dei trienni 2025/2027 e 2028/2030, cioè rispettivamente il 5,4% ed il 5,9%, quindi lo 11,3%. Quindi, si chiede un aumento medio del trattamento economico dei dipendenti pubblici molto più elevato di quello previsto dalle leggi di bilancio.

LA POSIZIONE DI CISL E CSA

La Cisl ed il CSA sono disponibili alla firma dei contratti collettivi nazionali di lavoro con le risorse attualmente messe a disposizione in quanto scontano che non sia possibile stanziarne di aggiuntive, per cui ritengono che il rinvio della firma determini solamente la mancata erogazione degli aumenti.

Per cui puntano, nei rinnovi del contratto nazionale, a qualificare questi documenti con la introduzione di elementi innovativi sia sul terreno delle relazioni sindacali che dell’assetto normativo dei rapporti di lavoro, nonché  con la introduzione di significative modifiche per le risorse destinate alle elevate qualificazioni.

LA POSIZIONE DEL GOVERNO

Il Governo ha assunto l’iniziativa di prevedere, per la prima volta, lo stanziamento delle risorse e la fissazione dei tetti agli aumenti per i trienni 2025/2027 e 2028/2030 così da anticipare i tempi per la sottoscrizione dei contratti nazionali, che oggi vengono stipulati alla fine del triennio di riferimento o dopo la sua conclusione. Da rilevare che le risorse messe in campo sono inferiori ai tassi di inflazione, ma sembrano essere il massimo che le condizioni della nostra finanza pubblica consentono.

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