Tratto da: leautonomie.it
 
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L’intervento di Pierluigi Girlando sul tema della possibilità di rinegoziare il contratto nel caso di affidamenti diretti tocca un altro dei punti delicati della disciplina incompiuta di tale modalità di individuazione del contraente.

Oggettivamente, gli articoli 60 e 120 del codice dei contratti appaiono pensati e scritti esclusivamente per il caso in cui il contratto sia stato sottoscritto tra PA e operatore economico a valle di una procedura competitiva.

La formulazione dell’articolo 60, comma 1, appare molto precisa: “Nei documenti di gara iniziali delle procedure di affidamento è obbligatorio l’inserimento delle clausole di revisione prezzi“.

L’articolo 120, comma 1, ha contenuti non dissimili: “Fermo quanto previsto dall’articolo 60 per le clausole di revisione dei prezzi, i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti, sempre che, nelle ipotesi previste dalle lettere a) e c), nonostante le modifiche, la struttura del contratto o dell’accordo quadro e l’operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate“.

Entrambe le norme partono dal presupposto che l’affidamento consegua ad una “procedura”. E’ questo elemento particolarmente problematico. Infatti, l’articolo 1, comma 3, lettera d), dell’Allegato I.1 al codice, così definisce l’affidamento diretto: “l’affidamento del contratto senza una procedura di gara, nel quale, anche nel caso di previo interpello di più operatori economici, la scelta è operata discrezionalmente dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, nel rispetto dei criteri qualitativi e quantitativi di cui all’articolo 50, comma 1 lettere a) e b), del codice e dei requisiti generali o speciali previsti dal medesimo codice“.

La domanda da porsi è: come estendere l’applicabilità di norme come gli articoli 60 e 120 del codice, che postulano una procedura di gara, ad un sistema di individuazione del contraente caratterizzato, invece, dall’assenza di una gara?

La risposta appare, comunque, lineare: le disposizioni su revisione prezzi e modifica dei contratti in corso di esecuzioni sono certamente valevoli anche nel caso degli affidamenti diretti.

Le ragioni per giungere a tale conclusione sono più di una. La prima è data dall’articolo 9 del codice:

” 1. Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all’ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l’equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all’esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell’intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d’asta.

2. Nell’ambito delle risorse individuate al comma 1, la rinegoziazione si limita al ripristino dell’originario equilibrio del contratto oggetto dell’affidamento, quale risultante dal bando e dal provvedimento di aggiudicazione, senza alterarne la sostanza economica.

3. Se le circostanze sopravvenute di cui al comma 1 rendono la prestazione, in parte o temporaneamente, inutile o inutilizzabile per uno dei contraenti, questi ha diritto a una riduzione proporzionale del corrispettivo, secondo le regole dell’impossibilità parziale.

4. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l’inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione, dandone pubblicità nel bando o nell’avviso di indizione della gara, specie quando il contratto risulta particolarmente esposto per la sua durata, per il contesto economico di riferimento o per altre circostanze, al rischio delle interferenze da sopravvenienze.

5. In applicazione del principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale si applicano le disposizioni di cui agli articoli 60 e 120.

Come si nota, il principio fissato dall’articolo 9, sebbene al comma 2 ancora parli di “bando” e “aggiudicazione”, concetti e formule estranee all’affidamento diretto, a ben vedere incentra la propria attenzione sul contratto ed è finalizzato ad estendere anche ai rapporti economici regolati contrattualmente in cui sia parte una pubblica amministrazione il principio di conservazione dell’equilibrio contrattuale, del resto coerente con il codice civile e anche la Costituzione, che all’articolo 41, comma 1, nel disporre la libertà di impresa tutela precisamente anche l’equilibrio dei rapporti economici.

Ora, i principi fissati dagli articoli da 1 a 12 del codice valgono per qualsiasi contratto, qualunque sia la modalità di individuazione del contraente.

Gli articoli 60 e 120 altro non sono se non la traduzione del principio regolato dall’articolo 9 in regole operative specifiche.

Vero: tali regole sono riferite, per lo più, alla documentazione di “gara”. Ma, questo, perchè il Legislatore intende imporre alle amministrazioni di rendere evidenti gli strumenti posti a garantire l’equilibrio economico fin dagli atti coi quali si compulsa la competizione tra operatori economici, allo scopo di garantire piena trasparenza e conoscibilità delle condizioni, per scongiurare trattamenti non imparziali.

La circostanza, però, che l’affidamento diretto non sia nè una gara, nè una procedura, non può portare a concludere per l’inapplicabilità degli articoli 60 e 120.

S’è già detto che il principio dettato dall’articolo 9 si estende necessariamente anche ai contratti frutto di affidamenti diretti. Inoltre, non si deve dimenticare che il micro sistema degli affidamenti sotto soglia non è un corpo estraneo al codice, ma si integra e coordina con esso.

La regola aurea si reperisce nell’articolo 48, comma 4, del d.lgs 36/2023: “Ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del codice“.

Per escludere l’applicazione degli articoli 60 e 120 dal campo degli affidamenti diretti, allora, occorrerebbe reperire nella Parte dedicata al sotto soglia una specifica norma che vi deroghi. Ma, tale norma semplicemente non esiste.

Nel caso degli affidamenti diretti, quindi, tutto quel che gli articoli 60 e 120 riferiscono a “bando” o “documenti di gara” va a sua volta messo in relazione con:

  1. la negoziazione finalizzata alla successiva stipulazione del contratto;
  2. ovviamente, al contratto.

L’affidamento diretto, anche se non preceduto da un confronto competitivo tra più operatori, è comunque un procedimento bifasico:

  1. una prima fase è dedicata alla formazione del convincimento discrezionale alla base della decisione di stipulare il contratto con un certo operatore economico, discendente dall’esame di preventivi o dalle altre modalità di istruttoria suggerite dalle sempre utili Linee Guida 4 dell’Anac;
  2. una seconda fase è quella della negoziazione “privata” con l’operatore scelto: è qui che i “documenti di gara” divengono patti e condizioni formalizzate, su cui negoziare, allo scopo ultimo di inserire nel contratto le clausole di salvaguardia dell’equilibrio economico che comunque non possono mancare.

Allora, il modo per comprendere come applicare articoli 9, 60 e 120 del codice alla fattispecie degli affidamenti diretti è prendere definitivamente coscienza che essi non possono essere effetto di un acquisto “a scatola chiusa” di quanto propone l’operatore economico. L’affidamento diretto presuppone una progettazione che definisca in modo chiaro l’oggetto, un capitolato ed un insieme di patti e condizioni, dai quali partire per intavolare la negoziazione con l’operatore, per poi giungere alla sottoscrizione di un contratto i cui contenuti dovranno essere conformi alle regole attuative del principio di conservazione dell’equilibrio economico.

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