di Matteo Barbero
Nel loro interessante articolo su NT+ “Dieci anni di Fondo pluriennale vincolato: le (tante) prescrizioni ancora disattese” Elena Brunetto e Patrizia Ruffini evidenziano che, dopo oltre un decennio di applicazione e diciotto decreti correttivi dei principi contabili, persistono ancora dubbi e applicazioni errate riguardo al fondo pluriennale vincolato ed elencano in modo esaustivo le regole generali di questo strano istituto che, ed è una prima cosa da notare, rappresenta un unicum nel panorama della contabilità non solo italiana.
Alla corretta analisi delle due autorevoli esperte ed amiche vale la pena di aggiungere le criticità che la normativa continua a prevedere e che certamente non agevolano la gestione di questo meccanismo.
- Cosa sia il fatto sopravvenuto che consente di attivare il fpv anche a fronte di entrate vincolate è un mistero glorioso che lascia molto spazio ad applicazioni difformi.
- Non si capisce perché il fpv senza impegno dei lavori principali solo al di sotto di una certa soglia, che al momento è fissata a 150mila euro (ma prima era a 40mila).
- Quanto deve durare il fpv? Nessuno lo sa, per cui negli anni si accumulano quote diverse che rendono molto complessa, anche informaticamente, la relativa mappatura.
- Se una somma confluisce in fpv, liberarla richiede tempi a volte molto lunghi, perché occorre attendere l’approvazione del rendiconto senza poter operare in gestione.
La verità è che il fpv è oggettivamente difficile da gestire e si fatica a coglierne l’utilità, che dovrebbe essere quella di rendere evidente la distanza temporale intercorrente tra l’acquisizione dei finanziamenti e l’effettivo impiego di tali risorse.
Sfido chiunque a trarre questa informazione dagli allegati sul fpv! Al momento, esso rappresenta null’altro che un artificio contabile che nulla ha a che fare con la capacità di programmazione dell’ente, come invece affermano meccanicamente molti osservatori.
Per fortuna, con l’accrual questa stranezza verrà superata. O no?