di Matteo Barbero
La deliberazione n. 59/2025 della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Trentino–Alto Adige, offre spunti interessanti in merito alla corretta definizione del fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde). Ponendosi in linea con diversi altri arresti della magistratura contabile la pronuncia evidenzia che il Fcde costituisce un fondo rischi, diretto ad evitare che le entrate di dubbia esigibilità, per le quali non è certa la riscossione integrale, previste ed accertate nel corso dell’esercizio, possano finanziare delle spese esigibili nel corso del medesimo esercizio.
A tal fine per calcolare il fondo l’operazione preliminare è quella di determinare, per ciascuna categoria di entrata che può dare luogo a crediti di dubbia e difficile esazione, l’importo dei residui conservati al termine dell’esercizio appena concluso, a seguito dell’operazione di riaccertamento ordinario.
Tale operazione, per la quale è rimesso all’amministrazione un certo margine di scelta individuare le categorie di entrata, riveste importanza cruciale al fine di garantire effettiva utilità alla costituzione del fondo.
Si rammenta, pertanto, come la scelta di non considerare di dubbia e difficile esazione determinate entrate (con conseguente riduzione del Fcde) richiede una “adeguata illustrazione” nella nota integrativa del bilancio di previsione. La facoltà concessa da tale principio contabile, infatti, deve essere necessariamente ancorata ad una concreta prospettiva di effettivo incasso delle entrate escluse dal calcolo del Fcde; prospettiva di cui deve essere data adeguata dimostrazione. In difetto di tale oculata valutazione vi è il pericolo che non venga correttamente stimato il rischio connesso alla riscossione di tali entrate, con conseguente pregiudizio per gli equilibri di bilancio derivante dall’assunzione di impegni di spesa che non troverebbero un’adeguata copertura.
Fin qui la pronuncia, che fornisce una lettura restrittiva della normativa. L’esempio n. 5 riportato in appendice all’allegato 4/2 al D. Lgs. 118/2011, infatti, dispone espressamente che ogni ente debba individuare le categorie di entrate stanziate che possono dare luogo a crediti di dubbia e difficile esazione e su queste calcolare l’accantonamento a Fcde.
Nella lettura della Corte, invece, tutte le entrate vanno considerate ai fini del calcolo, con espressa e analitica motivazione delle eventuali esclusioni. Neppure nei casi in cui si tratti di entrate che il principio contabile espressamente esclude (come, ad esempio, quelle dovute da altre pubbliche amministrazioni) l’ente può esimersi da una valutazione puntuale, come suggerito dalla recente deliberazione n. 67/2025 della Sezione regionale di controllo per il Piemonte.
In sintesi, la regola è il Fcde, mentre l’esclusione è l’eccezione.