Tratto da: leautonomie.it

di Salvio Biancardi

Il divieto di rivelare la denominazione dei concorrenti che partecipano ad una selezione, come previsto dall’art. 35 del codice dei contratti, costituisce un adempimento al quale è necessario sempre ottemperare se si vuole evitare di incorre in forme di responsabilità penali per violazione del segreto d’ufficio, a norma dell’art. 326 del codice penale.

Ce lo rammenta la sentenza del T.A.R. Marche n. 227 del 28 marzo 2025.

Il caso trattato

Nell’ambito di un appalto per servizi agli immobili pubblici, il gestore uscente aveva censurato gli atti della procedura, contestando la scelta dell’Amministrazione di rendere noto l’elenco dei soggetti che avevano effettuato il sopralluogo tecnico obbligatorio e che dunque erano i soli legittimati a presentare offerta.

La conoscenza reciproca dei concorrenti era avvenuta a seguito del provvedimento con il quale era stata disposta la proroga del termine per la presentazione delle offerte; la comunicazione era stata inviata a tutti i suddetti operatori economici. Vi sarebbe, pertanto, stata la violazione del principio dell’anonimato dei concorrenti.

La valutazione dei giudici

I giudici hanno condiviso la censura, sostenendo che il principio dell’anonimato dei concorrenti, a presidio del quale sono poste anche sanzioni penali, costituisce uno dei pilastri delle procedure ad evidenza pubblica, essendo noto che possono essere conclusi accordi collusivi fra gli operatori interessati quando ciascuno di essi conosca in anticipo l’identità degli altri.

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