Tratto da: Biblus.acca
Il Ddl Concorrenza 2024, approvato definitivamente il 12 dicembre 2024 dall’Aula del Senato, prevede un’importante misura che mira a regolamentare in modo definitivo l’uso dei dehors.
Il provvedimento introduce una delega al Governo per adottare, entro 12 mesi, un decreto legislativo volto al riordino delle disposizioni e alla liberalizzazione delle procedure riguardanti la concessione di spazi e aree pubbliche di interesse culturale o paesaggistico alle imprese di pubblico esercizio per l’installazione di tali strutture amovibili.
Contestualmente, il Ddl Concorrenza 2024 proroga al 31 dicembre 2025 l’efficacia delle autorizzazioni e delle concessioni di suolo pubblico in vigore esonerando i titolari tanto dal titolo edilizio per le installazioni di dehors di durata superiore a 180 giorni che dall’autorizzazione paesaggistica.
Ecco nei dettagli cosa stabilisce il Ddl Concorrenza 2024 in materia di dehors e una rapida sintesi delle norme di riferimento.
L’articolo 26 del Ddl Concorrenza 2024 delega il Governo ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo per il riordino e il coordinamento delle disposizioni concernenti la concessione di spazi e aree pubbliche di interesse culturale o paesaggistico alle imprese di pubblico esercizio per l’installazione di strutture amovibili (c.d. dehors) funzionali all’attività esercitata, previste dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004), con specifico riferimento agli interventi soggetti ad autorizzazione, controllo e gestione dei beni soggetti a tutela e all’uso dei beni culturali interessati.
Il decreto andrà a ridefinire i regimi concessori per l’installazione dei dehors armonizzando e riordinando:
- le disposizione di carattere generali contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. 42/2004), del testo unico in materia edilizia (D.P.R. 380/2001), e della normativa di semplificazione dei procedimenti in materia di beni culturali e paesaggistici (D.L. n. 183/2014 e D.P.R. n. 31/2017);
- la legislazione emergenziale legata alla pandemia da Covid-19, via via prorogata e ancora vigente, e in particolare: D.L. 34/2020, D.L. 137/2020, D.L. 41/2021, legge di bilancio 2022 (L. 234/2021), D.L. 228/2021, D.L. 21/2022, D.L. 144/2022, legge di bilancio 2023 (L. 197/2022), D.L. n. 198/2022, e, da ultimo, legge sulla concorrenza 2022 (L. 214/2023).
Al Governo è delegato anche il compito di fornire una definizione univoca dello stesso concetto di “dehors”, mentre a livello locale se ne fa spesso menzione in regolamenti comunali, ingenerando così un disallineamento rispetto alla normativa generale nazionale vigente in materia.
Come evidenziato dal Consiglio di Stato (sent. Sez. II, 13 febbraio 2023, n. 1489), infatti, nel gergo ormai di uso comune, piuttosto che giuridico, le strutture a corredo di attività commerciali vengono denominate con l’espressione di derivazione francese “dehor” (letteralmente, che sta fuori), che, in contrapposizione a “dedans” (che sta dentro), finisce per individuare proprio quei manufatti di varia tipologia che vanno ad ampliare le superfici di somministrazione di alimenti e bevande di bar, ristoranti e simili.
Analizzando il Regolamento Edilizio Tipo nazionale (Intesa Stato- Regioni 16 novembre 2016) non si riscontra la definizione di dehors, ma si ritrovano definizioni astrattamente riferibili a strutture simili:
- la “pensilina“, “elemento edilizio di copertura posto in aggetto alle pareti perimetrali esterne di un edificio e priva di montanti verticali di sostegno” (voce n. 38);
- la “tettoia“, “elemento edilizio di copertura di uno spazio aperto sostenuto da una struttura discontinua, adibita ad usi accessori oppure alla fruizione protetta di spazi pertinenziali” (voce n. 42);
- la “veranda“, “locale o spazio coperto avente le caratteristiche di loggiato, balcone, terrazza o portico, chiuso sui lati da superfici vetrate o con elementi trasparenti e impermeabili, parzialmente o totalmente apribili (voce n. 43);”
Nel Glossario Edilizia Libera figurano voci quali i “gazebo, di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo” (voce 44), i “pergolato, di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo” (voce 46) e le “tende a pergola” o “pergotenda” (voce 60).
Il termine è stato traslato dalla prassi per lo più nei regolamenti comunali, che spesso ne fanno menzione finanche nell’oggetto, con conseguenti disallineamenti rispetto alla normativa nazionale quadro di riferimento – in primis, rispetto al D.P.R. 380/2001 e al D.M. 2 marzo 2018.
Il riordino della normativa in materia di dehors deve risolvere, inoltre, il problema della classificazione dei dehors dal punto di vista edilizio, con particolare riferimento alla loro distinzione tra strutture temporanee e permanenti, alla necessità o meno, per la loro installazione, di un titolo abilitativo (permesso di costruire o altre forme di autorizzazione), nonché alla disciplina in materia di sicurezza, accessibilità e impatto visivo.
Il comma 2 dell’articolo 26 specifica i princìpi e criteri direttivi a cui dovrà attenersi il decreto legislativo sui dehors:
- Liberalizzazione della procedura – escludendo l’applicazione delle autorizzazioni previste dal Codice dei beni culturali – per l’apposizione di dehors su spazi urbani di interesse artistico e storico (beni così individuati ai sensi dell’articolo 10, comma 4, lett. g) del Codice dei beni culturali), ferma restando la disciplina in materia di occupazione di suolo pubblico e l’acquisizione del relativo titolo autorizzatorio.
- Tale liberalizzazione non si applica qualora i dehors insistano su spazi aperti urbani strettamente prospicienti i siti archeologici o altri “beni culturali immobili di interesse artistico, storico o archeologico eccezionale”: in tal caso permangono i regimi autorizzatori previsti dal Codice, fatto salvo quanto indicato dai principi e criteri di cui alle lettere da c) a f) che seguono. Le autorizzazioni da escludere sono quelle disciplinate delle seguenti previsioni del Codice dei beni culturali (articolo 21, articolo 106, comma 2-bis; articolo 146).
- Individuazione delle modalità di identificazione dei siti archeologici e dei suddetti “beni culturali immobili di interesse artistico, storico o archeologico eccezionale”.
- Applicazione del silenzio-assenso per l’autorizzazione all’installazione di dehors in aree vicine a siti archeologici o ai suddetti beni culturali di interesse eccezionale.
- Definizione dei criteri per valutare la compatibilità con la tutela culturale e paesaggistica di quegli interventi di installazione dei dehors che rimangono sottoposti ad autorizzazione (quelli cioè che insistono su aree vicine a siti archeologici o ai suddetti beni culturali di interesse eccezionale). Tale compatibilità dovrà basarsi sui seguenti parametri:
- mantenimento della fruibilità del patrimonio culturale;
- progettazione integrata con lo spazio circostante;
- decoro e omogeneità degli elementi di arredo;
- chiare delimitazione e perimetrazione degli elementi e delle strutture amovibili.
- Apponibilità del diniego dell’autorizzazione all’installazione dei dehors solo ove non si possano dettare prescrizioni di armonizzazione.
- Semplificazione delle procedure amministrative per aree vicine a siti archeologici o beni culturali di interesse eccezionale, anche prescindendo da regimi autorizzatori disciplinati da accordi, regolamenti o intese in materia di occupazione del suolo pubblico applicabili a livello territoriale.
- Previsione di procedure edilizie omogenee e semplificate su tutto il territorio nazionale e, secondo quanto inserito alla Camera dei deputati, riduzione degli adempimenti.
- Definizione di un regime sanzionatorio adeguato per le violazioni.
- Applicabilità delle disposizioni attuative dei suddetti principi e criteri direttivi anche ai dehors installati in virtù dei regimi autorizzatori transitori finora vigenti, con apposita istanza da presentarsi entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo.
- Definizione di criteri uniformi per i comuni al fine di garantire – nel caso di occupazione di marciapiedi da parte dei dehors – il passaggio di pedoni e persone con mobilità ridotta e, secondo quanto inserito alla Camera dei deputati, garantire sempre il passaggio dei mezzi di soccorso.
Nell’attesa dell’adozione del decreto legislativo, la norma proroga fino al 31 dicembre 2025 l’efficacia delle autorizzazioni e delle concessioni rilasciate, posticipando la possibilità – per i pubblici esercizi titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l’utilizzazione del suolo pubblico – di posare arredi e strutture in opera temporaneamente senza previa autorizzazione di cui agli artt. 21 e 146 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42 del 2004), su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico.
Con riferimento alle strutture utilizzate dagli imprenditori commerciali per ampliare la superficie del proprio esercizio, le norme vigenti fissano dei “paletti” temporali all’installazione di tali strutture amovibili, il superamento dei quali diviene chiaro indizio di tendenziale non stagionalità della struttura.
Il Testo unico in materia edilizia (D.P.R. 380/2001), all’articolo 6, comma 1, lett. e-bis) consente di realizzare senza titolo abilitativo, in regime di attività di edilizia libera, “le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, purché destinate ad essere immediatamente rimosse al cessare della temporanea necessità e, comunque, entro un termine non superiore a centottanta giorni comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto, previa comunicazione di avvio dei lavori all’amministrazione comunale“.
Il Consiglio di Stato (sent. Sez. II, 13 febbraio 2023, n. 1489) ha evidenziato che dalla lettura della citata lett. e-bis) emergono due elementi connotanti le strutture in questione:
- uno funzionale, consistente cioè nella finalizzazione alle esigenze dell’attività, che devono tuttavia essere “contingenti e temporanee“, intendendosi per tali quelle che, in senso obiettivo, assumono un carattere ontologicamente temporaneo, quanto alla loro durata, e contingente, quanto alla ragione che ne determina la realizzazione, e che in ogni caso (cioè quale che ne sia la “contingenza” determinante) non superano comunque i centottanta giorni (termine che comprende anche i tempi di allestimento e smontaggio, riducendosi in tal modo l’uso effettivo ad un periodo inferiore ai predetti centottanta giorni);
- l’altro strutturale, ovvero l’avvenuta realizzazione con materiali e modalità tali da consentirne la rapida rimozione una volta venuta meno l’esigenza funzionale (e quindi al più tardi nel termine di centottanta giorni dal giorno di avvio dell’istallazione, coincidente con quello di comunicazione all’amministrazione competente).
La lett. e–quinquies) del medesimo comma 1 consente di realizzare in edilizia libera anche “gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici“.
L’articolo 6 fa comunque salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, disponendo il rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, il rispetto delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42/2004.
L’articolo 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004) dispone che i comuni, sentito il Soprintendente, individuino le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico, nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l’esercizio del commercio.
Lo stesso articolo, al fine di assicurare il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nonché delle aree a essi contermini, dispone che i competenti uffici territoriali del Ministero, d’intesa con la regione e i comuni, adottino apposite determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione, comprese le forme di uso pubblico non soggette a concessione di uso individuale, quali le attività ambulanti senza posteggio, nonché, ove se ne riscontri la necessità, l’uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico (comma 1-ter).
L’articolo 21 del Codice prescrive, poi, che l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente. L’autorizzazione è resa su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica dell’intervento, presentati dal richiedente, e può contenere prescrizioni. Se i lavori non iniziano entro cinque anni dal rilascio dell’autorizzazione, il soprintendente può dettare prescrizioni ovvero integrare o variare quelle già date in relazione al mutare delle tecniche di conservazione (commi 4 e 5).
L’articolo 106 del Codice, in materia di uso dei beni culturali, prevede che lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono concedere l’uso dei beni culturali che abbiano in consegna, per finalità compatibili con la loro destinazione culturale, a singoli richiedenti. Ai sensi del comma 2-bis, per i beni che non siano in consegno al Ministero della cultura, la concessione in uso è subordinata all’autorizzazione del Ministero, rilasciata a condizione che il conferimento garantisca la conservazione e la fruizione pubblica del bene e sia assicurata la compatibilità della destinazione d’uso con il carattere storico-artistico del bene medesimo.
L’articolo 146 del Codice assoggetta poi ad autorizzazione paesaggistica la realizzazione di interventi su un immobile o un’area tutelati dal punto di vista paesaggistico (ai sensi dell’articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157 del Codice stesso). L’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio.
Il D.P.R. 31/2017 – adottato in attuazione dell’articolo 146, comma 9 e dell’articolo 12, comma 2 del D.L. n. 183/2014 e ss. mod. e int. – ha individuato gli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata. Il D.P.R., alla voce “A.16” dell’allegato A, ha indicato, tra gli interventi “liberi”, l’occupazione temporanea anche di suolo pubblico o di uso pubblico “mediante installazione di strutture o di manufatti semplicemente ancorati al suolo senza opere murarie o di fondazione, per manifestazioni, spettacoli, eventi o per esposizioni e vendita di merci, per il solo periodo di svolgimento della manifestazione, comunque non superiore a 120 giorni nell’anno solare“.
In base al quadro normativo di riferimento tracciato, per i dehors vige atttualmente il seguente sistema concessorio:
- i dehors possono essere installati liberamente (senza alcun titolo abilitativo) ove rispondano alle caratteristiche funzionali e strutturali di cui all’art. 6, comma 1, lett. e-bis), del D.P.R. 380 del 2001 e non superino il limite temporale dei 180 giorni (restano sempre fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici e regolamenti comunali e le normative di settore, tra le tante la vincolistica, sicurezza e prevenzione incendi);
- fuori da questo limite temporale i dehors si configurano come opere comportanti trasformazione urbanistico-edilizia permanente, cioè nuove costruzioni assoggettate a permesso di costruire.
Propedeutica all’installazione di un dehos è la richiesta al Comune di apposita autorizzazione per l’occupazione del suolo pubblico e una valutazione di carattere funzionale-estetico.
Per i dehors a carattere permanente (cioè per un periodo superiore a 180 giorni) è necessaria una richiesta di concessione di suolo pubblico. Questa autorizzazione ha una durata fino a nove anni ed è destinata ai dehors stabilmente installati come parte integrante del locale. Come detto, una volta ottenuta la concessione per lo spazio nel quale si intende installare il proprio dehors sarà necessaria la richiesta del permesso di costruire.
In ogni caso per i dehors installati su spazi e aree pubbliche di interesse culturale o paesaggistico è necessaria un’autorizzazione paesaggistica semplificata alle competenti Soprintendenze dei Beni culturali e paesaggistiche di cui agli articoli 21 e 146 del D.Lgs. 42 del 2004.
In tale quadro ordinamentale a regime, si è inserita la legislazione emergenziale legata alla pandemia da Covid-19 – via via prorogata e tutt’ora vigente – che ha introdotto una deroga di portata assai più generale, tanto dal titolo edilizio che dall’autorizzazione paesaggistica, seppure in via eccezionale e temporanea.
L’articolo 181 del D.L. 34/2020 (L. n. 77/2020) (c.d. “decreto sostegni”), ha dunque previsto, ai commi 3 e 4, che ai soli fini di assicurare il rispetto delle misure di distanziamento connesse all’emergenza da Covid-19, e comunque non oltre il 31 dicembre 2020, la posa in opera temporanea su vie, piazze, strade e altri spazi aperti di interesse culturale o paesaggistico, da parte dei soggetti di cui al comma 1 – i pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande – di strutture amovibili, quali dehors, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute e ombrelloni, purché funzionali all’attività di somministrazione di alimenti e bevande, di cui all’articolo 5 della L. n. 287/1991, non è subordinata alle autorizzazioni di cui agli articoli 21 e 146 del Codice dei beni culturali.
Si dispone inoltre che per la posa in opera di tali strutture amovibili è disapplicato il limite temporale di centottanta giorni di cui al già citato articolo 6, comma 1, lett. e-bis del D.P.R. 380/2001.
L’articolo 9-ter del D.L. 137/2020 (L. n. 176/2020) ha riproposto, al comma 5, le previsioni di cui ai commi 3 e 4 citati, disponendo che esse trovassero applicazione fino al 31 marzo 2021 (si è trattato dunque di un differimento).
Il termine di applicazione del 31 marzo 2021 è stato successivamente portato al 31 dicembre 2021 dall’articolo 30, comma 1, lett. b) del D.L. n. 41/2021 (L. n. 69/2021) e poi più volte prorogato:
- fino al 31 marzo 2022, da parte dall’articolo 1, comma 706 della L. n. 234/2021 (legge di bilancio 2022);
- fino al 30 giugno 2022, dall’articolo 3-quinquies del D.L. n. 228/2021 (L. n. 15/2022);
- fino al 30 settembre 2022, dall’articolo 10-ter del D.L. n. 21/2022 (L. n. 51/2022);
- fino al 31 dicembre 2022, da parte dell’articolo 40 del D.L. n. 144/2022 (L. n. 175/2022);
- fino al 30 giugno 2023, dall’articolo 1, comma 815 della L. n. 197/2022 (legge di bilancio 2023);
- fino al 31 dicembre 2023, dall’articolo 1, comma 22-quinquies del D.L. n. 198/2022 (L. n. 14/2023);
- da ultimo, fino al 31 dicembre 2024, ad opera dell’articolo 11, comma 8 della legge n. 214/2023 (legge sulla concorrenza 2022).
Come detto, il Ddl Concorrenza 2025 dispone un’ulteriore proroga dei titoli ottenuti per l’installazione dei dehors ai sensi della predetta normativa emergenziale (in particolare ex articolo 9-ter del D.L. n. 137/2020) fino all’entrata in vigore del decreto legislativo oggetto della delega, che deve essere esercitata entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge. Tale proroga non può comunque protrarsi oltre il 31 dicembre 2025.
Ancora in ottica emergenziale, il legislatore è intervenuto con l’articolo 181 del D.L. n. 34/2020 (L. n. 77/2020) disponendo, al comma 2, che, fino al 31 dicembre 2020, le domande di nuove concessioni per l’occupazione di suolo pubblico ovvero di ampliamento delle superfici già concesse fossero presentate in via telematica all’ufficio competente dell’ente locale, con allegata la sola planimetria, in deroga al D.P.R. n. 160/2010 e senza applicazione dell’imposta di bollo di cui al D.P.R. n. 642/1972.
Anche l’applicazione di tale previsione è stata differita al 31 marzo 2021 dall’articolo 9-ter, comma 4 del D.L. n. 137/2020, poi fino al 31 dicembre 2021 dall’articolo 30, comma 1, lett. b) del D.L. n. 41/2021 (L. n. 69/2021) e successivamente ulteriormente prorogata: fino al 31 marzo 2022 dall’articolo 1, comma 706 della L. n. 234/2021 (legge di bilancio 2021), indi al 30 giugno 2022 dall’articolo 3-quinquies del D.L. n. 228/2021 (L. n. 15/2022), e da ultimo al 30 settembre 2022, dall’articolo 10-ter del D.L. n. 21/2022 (L. n. 51/2022).
Intanto, all’art 2. (rubricato “Strutture amovibili realizzate durante l’emergenza sanitaria da COVID-19”), il decreto salva casa stabilisce che le strutture amovibili possono essere mantenute in deroga a quanto previsto dall’articolo 6, comma 1, lettera e-bis) del Testo unico dell’edilizia, che prescrive un termine massimo di 180 giorni per la permanenza delle strutture stagionali e temporanee.
Devono comunque essere rispettate le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e le altre normative di settore, come norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio.
Resta ferma la facoltà per il comune territorialmente competente di richiedere in qualsiasi momento la rimozione delle strutture, con provvedimento motivato, nel caso in cui sia rilevata la non conformità dell’opera alle prescrizioni e ai requisiti di cui al comma 1.
Gli interessati al mantenimento di una struttura amovibile realizzata in epoca Covid devono presentare una Cila in cui indicare l’epoca di realizzazione della struttura amovibile e le comprovate e obiettive esigenze idonee a dimostrarne la perdurante necessità.
Nel caso in cui non sia possibile dimostrare l’epoca di realizzazione della struttura amovibile, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità. Le dichiarazioni mendaci sono punite con sanzioni penali.