Tratto da: Giurisprudenzappalti
La prima giurisprudenza formatasi sul d.lgs. 36/2023 ha dato atto di come gli Enti concedenti hanno abbiano ampia discrezionalità nel richiedere, tra i documenti di gara, la presentazione del PEF sulla base della specifica concessione da affidare.
Il PEF, per detto orientamento, ha carattere solo eventuale, ed è rimesso alle disposizioni della lex specialis di gara.
Il Consiglio di Stato (V, 29 aprile 2025, n. 3633), chiamato proprio a pronunciarsi su una di dette sentenze, non risponde di petto al quesito in oggetto, e perde l’occasione per fare definitiva chiarezza.
La pronuncia, ad ogni buon conto, pare evidenziare la necessità della presenza, se non di un piano economico finanziario in senso stretto, quanto meno di un conto economico…
In primo luogo, il Collegio rammenta che “La concessione, che rappresenta una species del più ampio genus delle forme di partenariato pubblico privato, si qualifica per il trasferimento del rischio operativo dal concedente al concessionario e il PEF è lo strumento mediante il quale si attua la concreta distribuzione del rischio tra le parti del rapporto, la cui adeguatezza e sostenibilità deve essere valutata dall’Amministrazione. Se non avviene un trasferimento del rischio, il rapporto è qualificabile come appalto“.
Ciò posto, secondo il Collegio il primo Giudice ha errato nel valutare “la censura proposta dal ricorrente come se oggetto del giudizio fosse un appalto e non una concessione. La verifica di anomalia relativa a un contratto di appalto e quella relativa a un contratto di concessione sono profondamente differenti. La prima è diretta a verificare la remuneratività del prezzo offerto, la seconda è diretta a verificare l’equilibrio complessivo del rapporto“.
Il Collegio, quindi, ha accolto l’appello in ragione del fatto “che l’aggiudicataria, pacificamente, non ha presentato documentazione idonea a dimostrare l’equilibrio economico e finanziario dell’iniziativa attraverso la corretta allocazione dei rischi, lungo tutto l’arco temporale della gestione“.
“A prescindere da quanto previsto dalla lex specialis di gara, che non ha prescritto la presentazione di un piano economico finanziario, l’offerta deve essere valutata per la sua adeguatezza e per l’effettiva realizzabilità dell’oggetto della concessione. Il rischio assunto dal concessionario si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile evidentemente condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa economica. Si tratta, come noto, di una tipologia di rischio imprenditoriale diversa da quella riscontrabile nel contratto di appalto (di lavori, servizi o forniture), proprio perché entra in giuoco un elemento imponderabile (cioè la domanda di prestazioni per quel servizio pubblico, non determinabile a priori); elemento che nell’appalto non compare (in questo senso, Consiglio di Stato, Sez. V, 4 febbraio 2022, n. 795).
In difetto di una minima dimostrazione circa la sostenibilità dell’affidamento e il corretto trasferimento del rischio operativo al concessionario, l’aggiudicazione deve essere annullata in accoglimento del terzo motivo di appello”.
Pronuncia timida, che invero lascia l’Ente concedente in mezzo al guado, siccome il Collegio statuisce la “salvezza degli ulteriori provvedimenti che l’amministrazione porrà in essere“.
Il ricorso anche su detti ulteriori provvedimenti è assicurato…