di Matteo Barbero
Nell’articolo “Corte conti: le 19 criticità nei rendiconti da valutare prima dell’approvazione” pubblicato su Ile Sole24Ore, Elena Brunetto e Patrizia Ruffini riepilogano le aree di attenzione individuate dalla Corte dei conti nei questionari approvati con la deliberazione n. 8/2025.
È utile provare a darne una lettura critica (in senso costruttivo), perché in molti casi si tratta, a parere di chi scrive, di falsi problemi.
I punti sono i seguenti
1. Assenza di allegati obbligatori o incompletezza della documentazione.
2. Mancato o non parificato conto giudiziale dell’agente contabile (a denaro o a materia, interno o esterno).
3. Mancata o errata contabilizzazione del Fondo Pluriennale Vincolato (Fpv) e dei cronoprogrammi di spesa.
4. Non corretta contabilizzazione dei contributi soggetti a rendicontazione.
5. Accertamenti di entrata di competenza riportati a residui senza adeguata motivazione in merito a titolo e scadenza.
6. Residui attivi di anni precedenti mantenuti senza adeguata motivazione in merito a titolo e scadenza.
7. Impegni di spesa di competenza riportati a residui senza adeguata motivazione in merito a titolo e scadenza.
8. Residui passivi relativi ad annualità precedenti mantenuti senza adeguata motivazione in merito a titolo e scadenza.
9. Sottostima del Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità (Fcde).
10. Disallineamenti nei rapporti reciproci di debiti/crediti con organismi partecipati, unioni o comunità.
11. Sottostima di accantonamenti, come il Fondo Garanzie Debiti Commerciali (Fgdc) e il fondo rischi e oneri.
12. Ritardi nei tempi di pagamento, con particolare attenzione a quelli superiori a 60 giorni.
13. Eccessivo ricorso ad anticipazioni di tesoreria o utilizzo di fondi a destinazione vincolata.
14. Presenza di debiti fuori bilancio non adeguatamente segnalati o privi di copertura.
15. Superamento dei limiti assunzionali previsti per i Comuni (commi 557 o 562, Dm 17 marzo 2020) e per le Province (decreto 11 gennaio 2022).
16. Conferimento di incarichi di collaborazione non previsti nel DUP e/o mancata trasmissione alla Corte dei conti per incarichi superiori a 5.000 euro.
17. Superamento del limite legale di indebitamento dell’ente.
18. Applicazione di avanzi oltre i limiti consentiti per enti in disavanzo (commi 897 e 898, articolo 1, legge 145/2018).
19. Errata applicazione dell’eventuale disavanzo.
In disparte il punto 1, partiamo dal 2. Sugli agenti contabili sarebbe opportuna aprire una riflessione di sistema perché in molti casi, per gestioni di poche decine di euro, si apre un circo equestre che non si vede nemmeno sulle operazioni più complesse.
Per quanto riguarda il fpv (punto 3), chi scrive ha più volte espresso le sue riserve sull’utilità dell’istituto e sulla sua effettiva aderenza alla finalità ad esso associata di misurare la distanza temporale fra fonti e impieghi. Anche in tal caso, ci sarebbe da riflettere.
Ancora più discutibile il punto 4: quasi sempre l’errata contabilizzazione dei contributi a rendicontazione è un dato puramente formale, mentre il vero problema è la renitenza degli enti finanziatori a rispettare i cronoprogrammi (in termini sia di competenza che di cassa). Un suggerimento alla Corte, se ci è consentito: perché non attenzionare i tempi di pagamento dei contributi in questione?
I punti da 5 a 8 riguardano i residui. Anche qui sarebbe utile semplificare: o c’è il titolo giuridico (e allora il residuo va mantenuto) o non c’è (e allora va cancellato). Analizzare l’anzianità dei residui ha senso ma occorre farlo senza schemi rigidi, perché le variabili possono essere infinite (ragion per cui chiedere sempre di giustificare perché siano mantenuti crediti ultra-triennali comporta spesso una perdita di tempo, mentre occorrerebbe interrogarsi sull’utilità di cancellarsi dal conto del bilancio quando comunque vanno mantenuti in stato patrimoniale).
Il punto 9 è interessante: se c’è una sottostima del fcde essa può dipendere da due fattori: i) errata applicazione delle formule per il calcolo ii) esclusione di alcune entrate da quelle rilevanti. La prima casistica dovrebbe essere limitata, visto che quasi sempre il calcolo lo fa il software. E comunque non si spiega come la circostanza possa sfuggire al revisore. Sulla seconda, nuovamente, il problema è che i principi contabili sono laschi e lasciano un margine discrezionale ai responsabili finanziari, che giustamente lo utilizzano in base alla loro esperienza. Che senso ha se poi gli si chiede di motivare nuovamente ex post la scelta?