Print Friendly, PDF & Email

Processo amministrativo – Giudizio di ottemperanza – recupero delle somme indebitamente corrisposte – Sentenza che ha respinto il ricorso – Esclusione. 

    Sono le statuizioni preordinate ad una pronuncia di accoglimento a far nascere per l’amministrazione destinataria un obbligo di ottemperanza, che può dirsi adempiuto solo se vengono posti in essere atti completamente sattisfattivi rispetto a quelle statuizioni; viceversa, le pronunce di rigetto lasciano invariato l’assetto giuridico dei rapporti precedente alla radicazione del giudizio, rimanendo indifferente che la sentenza di rigetto sia stata pronunciata in primo grado ovvero in appello, con una sentenza di riforma della pronuncia di accoglimento emessa dal primo giudice; ne consegue che il recupero delle somme indebitamente corrisposte, si deve, tuttavia, osservare che ciò non può avvenire con la richiesta di ottemperanza alla sentenza che si è limitata a respingere il ricorso della parte privata  (1). 

(1) Nella specie, il G.s.e. s.p.a. ha chiesto la riforma della sentenza del Tar che ha dichiarato inammissibile il ricorso per l’ottemperanza alla sentenza della medesima sezione, che aveva respinto il ricorso proposto per l’annullamento del provvedimento di decadenza dagli incentivi di cui al d.m. 28 luglio 2005. La sentenza di cui si chiede l’ottemperanza aveva respinto il ricorso per l’annullamento del provvedimento di decadenza dalle tariffe incentivanti, senza alcuna statuizione sull’obbligo di restituzione degli incentivi corrisposti. Il dispositivo della sentenza, infatti, disponeva la mera reiezione del ricorso per l’annullamento, in coerenza con la motivazione che ha esaminato, alla luce del petitum e dei motivi di ricorso, la legittimità delle ragioni poste alla base del provvedimento. Né nel dispositivo né nella motivazione il giudice ha esaminato il diverso, anche se connesso, profilo dell’obbligo di restituzione delle tariffe, profilo che è, di conseguenza, estraneo al contenuto precettivo e di mera reiezione della sentenza della cui ottemperanza si discute

Ha chiarito la Sezione che il principio secondo cui sono le statuizioni preordinate ad una pronuncia di accoglimento a far nascere per l’amministrazione destinataria un obbligo di ottemperanza e non quelle di rigetto, trova applicazione anche nel caso in cui la reiezione del ricorso di annullamento non ha mutato il quadro giuridico preesistente, contrassegnato dalla validità e dall’efficacia dei provvedimenti di decadenza. 

Se è vero che dall’accertata legittimità del provvedimento discende, in capo al G.s.e., l’obbligo di recupero delle somme indebitamente corrisposte, si deve, tuttavia, osservare che ciò non può avvenire con la richiesta di ottemperanza alla sentenza che si è limitata a respingere il ricorso della parte privata, non essendo possibile, in questa sede, una modifica o estensione del comando giudiziale (Cons. Stato, sez. VI, 15 febbraio 2021, n.1345).

La fonte costitutiva dell’obbligo per le società di restituire le somme ricevute non è la sentenza, ma il provvedimento di decadenza che, peraltro, non reca la determinazione del quantum da restituire, limitandosi a dichiarare la decadenza dal diritto e a rinviare ulteriori atti per le modalità di esecuzione. Le richieste di restituzione con l’indicazione degli importi dovuti sono state comunicate solo successivamente, in parte prima e in parte dopo la pubblicazione della sentenza della cui ottemperanza si discute. 

Quanto sopra conferma che il credito (e il correlativo debito) restitutorio, pur trovando fondamento nel provvedimento impugnato, è rimasto estraneo al perimetro del giudizio di cognizione.

Cons. St., sez. II, 25 marzo 2022, n. 2219 – Pres. Cirillo, Est. Addesso

Torna in alto