tratto da lavoripubblici.it

Un professionista che esegue interventi per i quali non è abilitato deve essere pagato?

Ecco la risposta degli ermellini.

Quando si affidano il progetto e l’esecuzione di interventi edilizi a un professionista, bisogna prestare attenzione alle sue competenze, per essere certi che sia abilitato alla realizzazione dei lavori. Lo spiega bene l’ordinanza n. 9072/2022 della Corte di Cassazione, II sez. Civile, riguardante il ricorso presentato da un committente contro un geometra che aveva richiesto 32mila euro di onorario come compensi professionali.

Secondo la ricorrente, il professionista, un geometra che aveva dichiarato di essere un architetto, non era abilitato all’esecuzione dei lavori che gli erano stati affidati e he comprendevano la progettazione di un’abitazione, la sua successiva realizzazione e presentazione della variante DIA finale, delle dichiarazioni di conformità degli impianti e l’esecuzione di tutta un’ulteriore serie di prestazioni professionali.

In particolare,sulla base delle caratteristiche dell’immobile, consistenti nella realizzazione di una soletta di fondazione in cemento armato, di murature d’ambito sempre in cemento armato per il seminterrato, di solai latero-cementizi, di travi e di una scala in cemento armato, il professionista non avrebbe potuto svolgere le attività richieste proprio perché non in possesso del titolo abilitativo adeguato. Di conseguenza, non aveva diritto al compenso per la parte dei lavori non di sua competenza.

La Cassazione ha accolto il ricorso, sottolineando che la prestazione:

  • è stata resa prima dell’entrata in vigore del d. lgs. n. 212/2010, che ha abrogato l’art. 1 del R.D. n. 2229/1939, il quale prevedeva che “ogni opera di conglomerato cementizio semplice od armato, la cui stabilità possa comunque interessare l’incolumità delle persone, deve essere costruita in base ad un progetto esecutivo firmato da un ingegnere, ovvero da un architetto iscritto nell’albo, nei limiti delle rispettive attribuzioni”;
  • non aveva ad oggetto una piccola costruzione accessoria nell’ambito di edifici agricoli, ma si trattava di un intervento piuttosto consistente.

Ciò implica che al momento dell’affidamento dell’incarico, il geometra non era abilitato all’esecuzione dei lavori.

Secondo il principio univocamente affermato dalla stessa Corte di Cassazione, a norma dell’art. 16, lett. m), r.d. 11 febbraio 1929, n. 274, la competenza dei geometri è limitata alla progettazione, direzione e vigilanza di modeste costruzioni civili, con esclusione di quelle che comportino l’adozione – anche parziale – di strutture in cemento armato. Unica eccezione, le piccole costruzioni accessorie nell’ambito degli edifici rurali o destinati alle industrie agricole, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per le persone, essendo riservata agli ingegneri la competenza per le costruzioni civili, anche modeste, che adottino strutture in cemento armato.

Pertanto, la progettazione e la direzione di opere da parte di un geometra in materia riservata alla competenza professionale degli ingegneri o degli architetti sono illegittime, anche quando un progetto redatto da un geometra sia controfirmato o vistato da un ingegnere, oppure quando un ingegnere esegua i calcoli in cemento armato, dato che il professionista competente deve essere anche titolare della progettazione.

Ne consegue che, qualora il rapporto professionale abbia avuto ad oggetto una costruzione per civili abitazioni, è nullo il contratto anche relativamente alla direzione dei lavori affidata a un geometra, quando la progettazione – richiedendo l’adozione anche parziale dei calcoli in cemento armato – sia riservata alla competenza degli ingegneri.

Infine, la Corte ha ricordato che, a norma dell’art. 2231 c.c., quando l’esercizio di un’attività professionale è condizionato all’iscrizione in un albo o elenco, la prestazione eseguita da chi non è iscritto non dà diritto al pagamento del compenso.

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