02/03/2021 – Mancata adozione dell’interdittiva antimafia per mancanza dei mezzi di sostentamento dell’interessato e della sua famiglia. Pronuncia del Consiglio di Stato.

Non è erronea la sentenza del giudice di primo grado che non avrebbe valutato la sospensione e/o rimessione alla Corte cost. dell’art. 92, d.lgs. n. 159 del 2011, che in materia di interdittive antimafia preclude al Prefetto la possibilità di escludere le decadenze ed i divieti previsti, nel caso di mancanza dei mezzi di sostentamento all’interessato ed alla sua famiglia; ed invero, in assenza di precisi dati a riguardo, non vi sono elementi per ritenere inficiato il provvedimento interdittivo che – al contrario – appare giustificato dalla motivata necessità di prevenire il pericolo del fenomeno mafioso, i cui aspetti di perniciosità sono stati da ultimo evidenziati dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 26 marzo 2020, n. 57 quanto alle conseguenti lesioni della libera concorrenza, nonché della dignità e libertà umana.

 Ha ricordato la Sezione che l’avvenuta interdizione determina un’incapacità giuridica ex lege ad essere titolare di rapporti giuridici con la pubblica amministrazione. Il legislatore, infatti, vieta alle amministrazioni di stipulare, approvare o autorizzare contratti o subcontratti, autorizzare, rilasciare o, comunque, consentire concessioni ed erogazioni di denaro a favore di operatori economici, nei confronti dei quali sussista una causa di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all’art. 67 o un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all’art. 84, comma 4, ed all’art. 91, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011 (art. 94, d.lgs. 159/2011). Secondo la giurisprudenza consolidata, l’incapacità in parola ha natura parziale in quanto limitata ai rapporti giuridici con la pubblica amministrazione e temporanea in quanto può cessare o per effetto dell’annullamento (amministrativo o giudiziario del provvedimento de quo) o per effetto di un successivo provvedimento del Prefetto, che attesta il venir meno delle condizioni ostative precedentemente riscontate, nel senso di precludere all’imprenditore (persona fisica o giuridica) la titolarità della posizione soggettiva, che lo renderebbe idoneo a ricevere somme dovutegli dalla pubblica amministrazione, anche a titolo risarcitorio in relazione ad una vicenda sorta dall’affidamento (o dal mancato affidamento) di un appalto (Cons. Stato, Ad. plen. N. 3 del 2018).

Consiglio di Stato, Sez. III, sent. del 23 febbraio 2021, n. 1579.

 

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