Print Friendly, PDF & Email

Tar Lazio, Roma, Sez. II, 12/ 03/ 2021, n. 3063.

La ricorrente è un Consorzio ordinario di concorrenti costituito, ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. e), del d.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, al fine di partecipare a gara indetta dalla Consip. Ha così partecipato alla procedura ad evidenza pubblica.

Il 24 febbraio 2016 si era tenuta la seduta pubblica per l’apertura dei plichi e per la verifica del contenuto della busta contenente la documentazione amministrativa prodotta dai concorrenti. Il Consorzio è stato quindi ammesso alla successiva fase di valutazione delle offerte tecniche ed economiche insieme ad altri concorrenti in relazione ai quattro lotti di interesse.

La gara tuttavia è stata annullata dal Tar Lazio con la sentenza n. 9441 del 30 agosto 2016, poi confermata dal Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. 1038 del 6 marzo 2017. Il giudice amministrativo ha annullato la procedura in quanto l’individuazione dei lotti, in cui è stata suddivisa la gara, era contraria ai principi di massima concorrenzialità e di apertura del mercato dei contratti pubblici agli operatori di minori dimensioni, oltre che irragionevolmente lesiva dell’interesse della stessa amministrazione di favorire la più ampia partecipazione di operatori privati per conseguire, tramite il confronto competitivo, i maggiori risparmi economici. Il giudice d’appello ha ulteriormente posto in risalto “le lacune istruttorie e di analisi di mercato che hanno caratterizzato questa procedura di gara e gli incontestabili esiti di forte restrizione della partecipazione in essa registratisi”.

Il Consorzio ha formulato domanda di risarcimento del danno a titolo di responsabilità pre-contrattuale “a causa dell’inutile partecipazione alla gara d’appalto” che è stata poi annullata in sede giurisdizionale.

Tar Lazio, Roma, Sez. II, 12/ 03/ 2021, n. 3063 accoglie il ricorso e condanna al risarcimento del danno :

4. Le procedure ad evidenza pubblica si caratterizzano per la loro struttura c.d. bifasica in cui alla fase propriamente pubblicistica di selezione della migliore offerta (secondo le regole di diritto pubblico) segue quella privatistica di esecuzione del contratto stipulato (secondo le regole di diritto privato, generali e/o speciali). Nella fase pubblicistica la stazione appaltante è tenuta a rispettare, quale autorità, le regole c.d. di validità che disciplinano l’esercizio del potere volto al perseguimento dell’interesse pubblico affidato in cura (e la cui violazione si risolve nell’illegittimità degli atti, annullabili o nulli) e, contemporaneamente, quale contraente, è tenuta a seguire le regole c.d. di responsabilità che disciplinano l’agire negoziale nell’ambito delle trattative c.d. multiple o parallele che si instaurano individualmente con coloro che partecipano alla gara.

Tra le regole c.d. di responsabilità che l’amministrazione aggiudicatrice è tenuta ad osservare durante la fase pubblicistica dell’evidenza pubblica vi sono quelle che discendono da principi generali di comportamento secondo buona fede e correttezza, posti a tutela degli interessi delle parti, sanciti nell’art. 2 Cost. e negli artt. 1337 e 1338 c.c..

Sotto il profilo oggettivo, la giurisprudenza, nel corso nel tempo, ha individuato una serie di ipotesi in cui è stato ritenuto violato il dovere di comportarsi secondo buona e correttezza nel corso delle trattative negoziali. Tra queste vi rientra sicuramente il dovere di astenersi dal tenere comportamenti maliziosi o reticenti, nonché il dovere, quale risvolto in positivo del primo, di fornire ogni notizia rilevante, conosciuta o conoscibile con l’ordinaria diligenza, ai fini della conduzione delle trattative o della stipulazione del contratto.

Si è peraltro evidenziato come la concreta individuazione del comportamento esigibile dipenda anche dal ruolo o dallo status qualificato che riveste la parte che opera nel rapporto negoziale. Se questa è per legge tenuta a rispettare ed applicare regole che fondano e governano, in via istituzionale, il proprio agire nei rapporti con il privato (regole c.d. di azione), come è per la pubblica amministrazione, nei suoi riguardi sono in concreto esigibili comportamenti di maggiore tutela verso i destinatari della propria azione.

L’amministrazione aggiudicatrice è equiparata, laddove opera nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali, all’amministrazione pubblica. In quanto tale, ha uno status qualificato che le deriva direttamente dalla conformazione che la Costituzione riserva all’amministrazione pubblica (art. 97 Cost.): a) costituita da funzionari muniti di un rilevante bagaglio tecnico, selezionati mediante concorso; b) tenuta ad agire nel rispetto del principio di legalità; c) e a perseguire il buon andamento e l’imparzialità.

È proprio l’indiscussa rilevanza costituzionale che assume l’amministrazione, e i soggetti ad essa equiparati, che attribuisce all’amministrazione aggiudicatrice una posizione di garanzia nei confronti di tutti coloro che per legge sono tenuti, a vario titolo, a rapportarsi con essa al fine di ottenere o mantenere un bene della vita. In quest’ottica l’operatore economico è ragionevolmente portato, in virtù del principio di legalità che regola l’agire del soggetto pubblico e della natura autoritativa che caratterizza i sui atti, ad avere fiducia (a fidarsi) nel operato di questo.

5. Dal fascio di relazioni giuridicamente rilevanti, nel senso qui precisato, nasce quella situazione giuridica soggettiva definita affidamento. L’affidamento consiste nella fiducia riposta nella correttezza della condotta tenuta dall’amministrazione. L’affidamento è tuttavia tutelato dall’ordinamento soltanto se incolpevole. L’affidamento è incolpevole laddove la parte privata compie o omette di compiere le proprie scelte senza sua colpa, agendo o omettendo di agire sulla base di un presupposto (un atto o un comportamento) posto in essere dal soggetto pubblico nell’esercizio delle sue funzioni istituzionali.

Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, è oramai principio consolidato che nelle procedure ad evidenza pubblica il diritto al risarcimento che dipende da una violazione della disciplina europea sugli appalti da parte di un’amministrazione aggiudicatrice, come avvenuto nel caso di specie, non è subordinato “al carattere colpevole di tale violazione, anche nel caso in cui l’applicazione della normativa in questione sia incentrata su una presunzione di colpevolezza in capo all’amministrazione suddetta, nonché sull’impossibilità per quest’ultima di far valere la mancanza di proprie capacità individuali e, dunque, un difetto di imputabilità soggettiva della violazione lamentata” (cfr., Corte di giustizia 30 settembre 2010, in C-314/09).

6. Così delineato il quadro giuridico di riferimento, e tenendo presente il precedente rappresentato da Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 4 aprile 2018, n. 5, sussistono nella presente controversia i presupposti che conducono ad accertare la sussistenza della responsabilità pre-contrattuale dell’amministrazione aggiudicatrice.

Occorre in primo luogo evidenziare come il Consorzio ricorrente sia stato appositamente costituito in data 4 febbraio 2016 ai fini della partecipazione alla gara de qua e che si è sciolto in data 22 ottobre 2018, dopo aver riscontrato, in virtù dell’annullamento della gara, l’impossibilità di perseguire l’oggetto sociale ed esercitare l’attività per il quale era stato costituito (art. 2484, comma 1, n. 2, c.c.).

Il ricorrente è sicuramente titolare di una situazione giuridica soggettiva, definibile quale affidamento incolpevole, nata dalla fiducia riposta nella correttezza della condotta tenuta da Consip nell’esercizio delle funzioni pubblicistiche di amministrazione aggiudicatrice.

L’affidamento è incolpevole poiché il concorrente ha deciso di partecipare alla gara in virtù della (preesistente) procedura ad evidenza pubblica predisposta da Consip parificata, per quanto qui rileva, all’amministrazione pubblica che opera, nel rispetto del principio di legalità, con atti autoritativi. La fiducia riposta è altresì incolpevole perché la causa di illegittimità della gara non risiede nella violazione di una norma imperativa c.d. auto-evidente, bensì nell’eccesso di potere e nel difetto di istruttoria nella formazione della lex specialis della gara che ha precluso la partecipazione individuale alle piccole e medie imprese.

L’amministrazione aggiudicatrice, quale “centrale di committenza”, è titolare di una posizione qualificata in quanto è “tenuta”, ai sensi dell’art. 37, comma 9, del d.lgs. n. 50 del 2016, “al rispetto delle disposizioni di cui al presente codice e ne è direttamente responsabile”, sicchè è chiamata a garantire, come prevede l’art. 30, d.lgs. n. 50 del 2016, che la competizione si svolga “nel rispetto dei principi di … correttezza … di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità”, oltre ad osservare, quale amministrazione, i “princìpi della collaborazione e della buona fede” ai sensi dell’art. 1, comma 2-bis, legge n. 241 del 1990.

Nella specie Consip ha posto in essere un contegno collegato sia pur mediatamente al mancato esercizio del potere amministrativo (art. 7 c.p.a.) di sospendere la procedura di gara, pur sapendo della pendenza di un ricorso giurisdizionale proposto all’indomani della pubblicazione del bando e comunque prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande, volto ad annullare, per motivi di illegittimità, l’intera procedura. In questo senso sussiste il collegamento tra la condotta tenuta e le regole di azione che governano l’agire di Consip quale amministrazione aggiudicatrice che, in qualità di centrale di committenza, ha peraltro predisposto la procedura ad evidenza pubblica poi annullata.

In concreto la condotta lesiva realizzata da Consip consiste nell’aver adottato un bando di gara senza averne adeguatamente valutato la legittimità in relazione a profili di propria esclusiva competenza (individuazione dei lotti) ed in seguito nel non aver sospeso in autotutela la gara o comunque informato il concorrente dell’annullamento della procedura. Sotto quest’ultimo profilo, Consip, una volta scaduto il termine per la presentazione delle domande, ha in particolare omesso di informare il concorrente (individuato a posteriori dopo la scadenza del termine di partecipazione alla gara) della pendenza del gravame e della possibilità, attesa la radicalità delle censure sollevate, dell’annullamento dell’intera procedura di gara. Consip non lo ha neppure informato della pubblicazione della sentenza di primo grado che aveva posto nel nulla l’intera procedura.

L’amministrazione aggiudicatrice ha deciso di informare i concorrenti, tramite un avviso inserito nel proprio sito istituzionale, soltanto una volta concluso il giudizio di appello, quando la gara si trovava già in uno stadio giuridicamente rilevante essendosi passati al sub-procedimento di valutazione delle offerte economiche e tecniche.

La condotta così posta in essere non corrisponde a quella che dovrebbe adottare l’amministrazione aggiudicatrice titolare di una posizione qualificata tenuta ad agire, anche nella fase negoziale della procedura ad evidenza pubblica, nel rispetto delle regole di trasparenza, di collaborazione e di buona fede.

Viene riconosciuto e risarcito il solo danno emergente rappresentato dalle spese documentate che sono state inutilmente sostenute per la partecipazione alla gara, rappresentate da: a) spese per la costituzione del Consorzio; b) spese per i servizi resi in favore del Consorzio; c) spese per le fideiussioni richieste per la partecipazione alla gara; d) spese per la predisposizione delle offerte tecniche; e) spese per il versamento del contributo all’ANAC.

Torna in alto