18/03/2021 – Formattare slides e altre storie fantastiche. Il gioco delle asimmetrie informative nei rapporti tra assistenze tecniche e pubblica amministrazione

Si tratta solo di formattare qualche slides“. (Più o meno) in questo modo risponde il MEF con un comunicato stampa alle numerose richieste di spiegazioni per l’affidamento di un contratto sotto-soglia ad una nota società di consulenza 

Gli aspetti decisionali, di valutazione e definizione dei diversi progetti di investimento e di riforma inseriti nel Recovery Plan italiano restano unicamente in mano alle pubbliche amministrazioni coinvolte e competenti per materia“, si affretta a sottolineare il MEF. Da questa breve nota emerge come sia (ancora) diffusa la percezione che il conflitto di interessi abbia a che fare solo ed esclusivamente con le decisioni. 

Ma quello che spesso si fa finta di non sapere è che gran parte della potenzialità corruttiva dei conflitti di interessi si gioca, invece, nella acquisizione, disponibilità e gestione di informazioni rilevanti, a volte riservate, che un operatore economico si trova a maneggiare quando è chiamato a fornire assistenza tecnica, a qualsiasi titolo, nella pianificazione e attuazione di programmi di spesa, come ad esempio il Recovery Fund.

Alcuni operatori acquisiscono una posizione privilegiata rispetto agli altri operatori privati potendo contare su informazioni in grado di minacciare i meccanismi di concorrenzialità del mercato. Peraltro quello delle assistenze tecniche è uno pseudo-mercato visti le numerose vicende in cui esse si trovano a formare cartelli anticoncorrenziali. Come scrivevamo in un precedente post, a volte questi accordi emergono: “A novembre 2019 l’Antitrust ha multato il cosiddetto cartello della consulenza che si si era accordato per spartirsi una gara Consip per fornire supporto tecnico nel monitoraggio dell’uso dei fondi strutturali“. Più spesso rimangono sotto traccia.

Ma la disponibilità di informazioni è solo un lato della medaglia. Come scrive bene Filippo Barbera nell’articolo “Il codice manageriale che esclude” il contributo che le società di consulenza forniscono in questi come in molti altri casi non è altro che l’adattamento dei contenuti ad un certo linguaggio proprio del burocratese di Bruxelles e a certe terrificanti forme espressive del gergo dell’alta finanza. Una forma di asimmetria informativa alla rovescia in cui i detentori delle informazioni rilevanti sono proprio gli operatori privati. 

Tutto questo avviene mentre le necessarie competenze di pianificazione e attuazione delle politiche non sembrano albergare nelle stanze dei nostri Ministeri, così come nelle amministrazioni regionali quando si deve scrivere un piano operativo per i fondi strutturali oppure nei Comuni quando si deve scrivere un Piano triennale di prevenzione della corruzione (pratica peraltro vietata dalla normativa di settore), o un Piano della performance. 

Tenere in asimmetria informativa la pubblica amministrazione è una “regola d’oro” non scritta delle società di consulenza. 

L’abilità che si ricerca nelle risorse umane consiste nel rendere infungibile il contributo informativo e relazionale del supporto tecnico. Un risultato che si ottiene lavorando fianco a fianco dei decisori pubblici. I quali, a loro volta, sono piacevolmente rassicurati sulla conformità di decisioni, procedimenti e atti; sono positivamente solleticati dall’uso di un linguaggio appropriato per il contesto di riferimento. 

Noi stessi abbiamo assistito a scene epiche in cui interi speech venivano affidati alle sapienti mani dell’assistenza tecnica con la raccomandazione di utilizzare le parole dei Piani strategici ed i giusti riferimenti normativi o alla formattazione delle presentazioni, elementi che apparivano al committente pubblico assai più necessari rispetto, ad esempio, alle modalità di attuazione delle misure. Che il fragile decisore pubblico fosse mosso da un bisogno di sopravvivenza oppure dalla soddisfazione di un bisogno narcisistico non faceva alcuna differenza. L’attività paragonabile alla “circonvenzione di incapace” era esclusivamente finalizzata a mettere le mani sui documenti e sulle informazioni necessarie ad elaborarli, poterli orientare a proprio vantaggio, poter sfruttare le relazioni istituzionali per ulteriori commesse.

Cosa è cambiato in questi anni di Piani anticorruzione? A noi sembra assai poco. Continuiamo ad osservare gli stessi rapporti incestuosi che osservavamo alla fine del secolo scorso. 

L’impatto dell’anticorruzione in questi sistemi si è limitato alla compilazione distratta della modulistica necessaria per adempiere alle disposizioni di legge. 

Nulla e ancora nulla sul rafforzamento del decisore pubblico nel decodificare la potenzialità corruttiva di certi meccanismi, né tantomeno sulla capacità di regolamentare gli interessi e le asimmetrie informative in gioco.

D’altronde si tratta solo di formattare slides, come dice il Ministero. Ma ci sarà da fidarsi?

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