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TAR Campania: per essere definito un intervento di manutenzione straordinaria, bisogna analizzare due limiti: quello funzionale e quello strutturale.

CILA, SCIA, pergolati, manutenzione ordinaria e straordinaria, ristrutturazione edilizia.

La sentenza del Tribunale Amministrativo per la Campania n. 552/2021 consente di approfondire la normativa edilizia. In particolare per quel che riguarda alcuni interventi sui pergolati ed i relativi titoli edilizi.

A proporre ricorso al TAR Campania è l’affittuario di un immobile situato in una zona con vincolo di tutela ambientale naturale. Oggetto del ricorso è un pergolato realizzato a protezione di una coltivazione di agrumi. Il ricorrente, con una Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata (CILA), iniziava i lavori di manutenzione del pergolato. Su richiesta dei vicini confinanti, il Comune effettuava un sopralluogo, bloccava i lavori e ordinava la rimessa in pristino dei luoghi. Secondo il ricorrente, la CILA aveva ad oggetto solo la sostituzione di alcune parti danneggiate del pergolato, senza variazione di superficie ombreggiata e altezze. E non si sarebbe trattato di un intervento di manutenzione straordinaria.

Bisogna fare una distinzione tra gli interventi di manutenzione ordinaria e quelli di manutenzione straordinaria. Vengono considerati interventi minori quelli che hanno come oggetto il recupero del patrimonio edilizio. Per essere definito un intervento di manutenzione straordinaria, bisogna analizzare due limiti: quello funzionale e quello strutturale. Consistono nella necessità che i lavori siano rivolti alla mera sostituzione o al rinnovo di parti del manufatto esistente e nel divieto di alterare i volumi e le superfici dell’opera o di mutarne la destinazione. “In ogni caso – dicono i giudici – gli interventi devono essere effettuati nel rispetto degli elementi tipologici, strutturali e formali della originaria edificazione”. La realizzazione di opere che comportano una trasformazione urbanistica ed edilizia “è sempre subordinata al rilascio di un apposito titolo abilitativo mentre gli interventi manutentivi sono liberi, ossia non subordinati ad alcun titolo abilitativo”. Questo vuol dire che “i lavori di manutenzione straordinaria possono essere eseguiti in assenza di titolo abilitativo (previa comunicazione di inizio lavori), in quanto riconducibili ad interventi manutentivi liberi, ossia non subordinati ad alcun titolo abilitativo“. Una cosa prevista dal DPR n. 380/2001 (c.d. Testo Unico Edilizia).

La CILA, a differenza della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA), è un mero atto di comunicazione privo di effetti abilitativi propri che, viceversa, derivano direttamente dalla legge in forza della libera eseguibilità di determinate attività edilizie. “Ne costituisce conferma il fatto che l’atto con cui l’amministrazione comunale respinge una CILA presentata per l’effettuazione di alcuni lavori – spiegano i giudici – non ha valore provvedimentale, bensì di semplice avviso, privo di esecutorietà, circa la regolarità delle opere oggetto di comunicazione, vertendosi appunto in ambito di attività di edilizia libera e non essendo, peraltro, legislativamente previsto che il comune debba riscontrare le comunicazioni di attività di tal fatta con provvedimenti di assenso o di diniego. Resta, beninteso, fermo l’esercizio del potere sanzionatorio nel caso in cui l’attività libera non coincida con l’attività ammessa”. Una cosa che è avvenuta nel caso analizzato.

E’ stato il tribunale ad inviare un tecnico incaricato ad effettuare una approfondita verifica. Il tecnico, oltre ad un sopralluogo, ha analizzato anche le immagini da Google Earth, verificando le esatte dimensioni del pergolato oggetto della contesa. Ed è emerso che, rispetto a quanto esistente al momento della CILA, il ricorrente ha realizzato un intervento diverso per caratteristiche e dimensioni. Tra il pergolato esistente al momento della CILA e quello realizzato, emerge uno scostamento, in termini di dimensioni, superiore a mille metri quadri. Inoltre, alcuni elementi in legno al momento della CILA sono stati sostituiti con elementi in metallo. “Tanto è sufficiente per escludere le caratteristiche dell’intervento in termini di manutenzione straordinaria – si legge nella sentenza – in quanto, anche ad ammettere che i lavori effettuati abbiano riportato il pergolato alle sue dimensioni originarie, è evidente che tali dimensioni non erano esistenti al momento della presentazione della CILA. Momento quest’ultimo rilevante ai fini della qualificazione dell’intervento”.

Spiegano ancora i giudici: “La consistenza originaria avrebbe potuto essere eventualmente recuperata, ma la relativa attività non sarebbe stata allora libera e, dunque, non avrebbe potuto costituire oggetto di CILA”. Infatti il Testo Unico Edilizia spiega: “Costituiscono ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”. L’accertata realizzazione di una copertura di maggiore superficie, e la sostituzione del materiale, comporta che legittimamente il Comune ha sanzionato l’intervento “in quanto compreso tra quelli da assoggettare al previo rilascio sia di titolo edilizio che di autorizzazione paesaggistiche attesa la collocazione del pergolato in area vincolata”.

Il ricorso è stato respinto.

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