08/03/2021 – Nuovamente alla Corte di Giustizia UE la possibilità di affidare alle cooperative sociali il servizio di trasporto sanitario in emergenza

Contratti della Pubblica amministrazione – Appalto servizi – Servizio trasporto sanitario in emergenza – Convenzione con cooperative sociali – Art. 57, d.lgs. n. 117 del 2017 – Compatibilità con la disciplina comunitaria – Nuova rimessione alla Corte di Giustizia UE.

     Deve essere rimessa alla Corte di Giustizia Ue la questione se l’art. 10, lett. h), della direttiva n. 2014/24 UE – e con esso il “considerando” 28 di tale direttiva – osti ad una normativa nazionale che preveda che i servizi di trasporto sanitario di emergenza ed urgenza possano essere affidati tramite convenzionamento, in via prioritaria, alle sole organizzazioni di volontariato – sempreché iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, nonché aderenti ad una rete associativa e accreditate secondo la normativa regionale di settore (ove esistente), ed a condizione che tale affidamento garantisca l’espletamento del servizio in un sistema di effettiva contribuzione ad una finalità sociale e di perseguimento degli obiettivi di solidarietà, in condizioni di efficienza economica e adeguatezza, nonché nel rispetto dei principi di trasparenza e non discriminazione – senza contemplare, tra i possibili affidatari, le altre organizzazioni prive di scopo di lucro e, più specificamente, le cooperative sociali, quali imprese sociali non aventi finalità lucrative, ivi comprese le cooperative sociali che gestiscono la ripartizione ai soci di ristorni correlati ad attività di interesse generale, ai sensi dell’art. 3, comma 2 bis, d.lgs. n. 112 del 2017 (1)

(1) Ha ricordato la Sezione che già con l’ordinanza 18 gennaio 2021, n. 536, proposto per altro giudizio avente oggetto analogo (impugnazione degli atti di una procedura per affidamento in convenzione diretta del servizio di trasporto emergenza-urgenza alle sole associazioni di volontariato e non anche alle altre organizzazioni senza scopo di lucro, tra cui le cooperative sociali), ha disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea della questione interpretativa sollevata anche in questo giudizio.

L’ordinanza n. 536 del 2021 ha formulato alla Corte il seguente quesito: “se l’art. 10, lett. h), della direttiva n. 2014/24/UE – e con esso il “considerando” 28 di tale direttiva – osti ad una normativa nazionale che preveda che i servizi di trasporto sanitario di emergenza ed urgenza possano essere affidati tramite convenzionamento, in via prioritaria, alle sole organizzazioni di volontariato […] senza contemplare, tra i possibili affidatari, le altre organizzazioni prive di scopo di lucro e, più specificamente, le cooperative sociali, quali imprese sociali non aventi finalità lucrative”.

La Sezione ha peraltro ritenuto di rimettere nuovamente la questione alla Corte di Giustizia per integrare le argomentazioni poste a fondamento del quesito, e ciò al fine di chiarire ulteriormente se nella deroga al regime dell’evidenza pubblica fissata dall’art. 10, lett. h), della direttiva n. 2014/24/UE che concerne le “organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro” vanno ricomprese anche le cooperative, quali la ricorrente, che distribuiscono utili sotto forma di ristorni.

In altri termini, va tenuto conto ai fini della individuazione del carattere “non lucrativo” della Cooperativa della disposizione di cui all’art. 3, comma 2-bis, d.lgs. n. 112 del 2017, introdotto dall’art. 3, comma l, d.lgs. n. 95 del 20 luglio 2018, che così dispone: “Ai fini di cui ai commi 1 e 2, non si considera distribuzione, neanche indiretta, di utili ed avanzi di gestione la ripartizione ai soci di ristorni correlati ad attivita’ di interesse generale di cui all’articolo 2, effettuata ai sensi dell’art. 2545-sexies del codice civile e nel rispetto di condizioni e limiti stabiliti dalla legge o dallo statuto, da imprese sociali costituite in forma di societa’ cooperativa, a condizione che lo statuto o l’atto costitutivo indichi i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantita’ e alla qualita’ degli scambi mutualistici e che si registri un avanzo della gestione mutualistica.”. 

L’art. 2545-sexies del codice civile così dispone: “L’atto costitutivo determina i criteri di ripartizione dei ristorni ai soci proporzionalmente alla quantità e qualità degli scambi mutualistici

Le cooperative devono riportare separatamente nel bilancio i dati relativi all’attività svolta con i soci, distinguendo eventualmente le diverse gestioni mutualistiche

L’assemblea può deliberare la ripartizione dei ristorni a ciascun socio anche mediante aumento proporzionale delle rispettive quote o con l’emissione di nuove azioni, in deroga a quanto previsto dall’articolo 2525, ovvero mediante l’emissione di strumenti finanziari.” 

La Relazione illustrativa del d.lgs. n. 6 del 2006, recante: “Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366”, ha messo in evidenza come il ristorno non sia stato configurato come una pretesa assoluta o un diritto soggettivo dei cooperatori, ma rimesso alla previsione degli statuti in quanto un ipotetico diritto a condizioni di favore (risparmio di spesa o aumento di retribuzione) potrebbe porsi in contrasto con la protezione dell’interesse sociale e potrebbe indurre i soci a porsi in posizione di alterità o di antagonismo rispetto alla cooperativa. Per una corretta attuazione della politica del ristorno è stato previsto un minimo di distinzione contabile tra dati relativi alla attività con i soci e dati afferenti alla attività con i terzi. Infine, è stata consentita la corresponsione di ristorni mediante aumento di capitale o attribuzione di strumenti finanziari.

I ristorni, come evidenziato dalla Corte di Cassazione, “costituiscono uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico” ed “hanno in comune con gli utili […] l’aleatorietà, in quanto la società potrà distribuire ristorni soltanto se la gestione mutualistica dell’impresa si è chiusa con un’eccedenza dei ricavi rispetto ai costi” (Cass. civ., sez. I, 8 settembre 1999, n. 9513; Cass. civ., sez. I, 22 maggio 2015, n.10641). 

L’unica differenza rispetto ai dividendi è il criterio di riparto, ma le somme attribuite ai soci a titolo di ristorni sarebbero utili d’esercizio. 

Per quanto qui rileva, lo statuto di Italy, all’art. 34 “Ristorni” prevede che “L’assemblea, su proposta dell’organo amministrativo, potrà deliberare l’erogazione di ristorni, in misura non superiore al 30% dei trattamenti economici complessivi spettanti ai soci lavoratori

I ristorni dovranno essere ripartiti in proporzione alla quantità e/o qualità delle prestazioni lavorative erogate dai soci sulla base di quanto disposto dai regolamenti interni

L’erogazione potrà avvenire, in base alle decisioni dell’assemblea, mediante

integrazioni dei compensi 

aumento gratuito del capitale sociale

Le somme ristornate ai soci possono essere utilizzate anche per l’attivazione del prestito sociale

Comunque l’attribuzione del ristorno deve rendere possibile l’accantonamento e il pagamento di cui ai punti a) e b) dell’articolo 35 del presente statuto”. 

L’art. 35,“Destinazione utile”, nella parte richiamata, prevede che in presenza di utile di esercizio si dovranno prevedere le disposizioni di legge: a) a riserva legale indivisibile nella misura non inferiore al trenta per cento; b) al Fondo mutualistico per la promozione e lo sviluppo della cooperazione di cui all’art. 11 della legge 31.01.92 n.59, nella misura prevista dalla legge medesima.”( lett. a. e b.).

​​​​​​​Dunque, sorge il dubbio se la possibilità per le cooperative, seppur parziale, disciplinata dallo statuto, di non reinvestire parte degli utili, ma di distribuirli ai soci, sotto forma di ristorni, determini l’esclusione delle cooperative stesse dal novero delle associazioni senza scopo di lucro e, dunque, dal novero delle associazioni che andrebbero ricomprese tra gli affidatari dei servizi in convenzione di cui all’art. 57, d.lgs. n. 117 del 2017 (ove la Corte ritenesse che l’art. 57 debba prevedere una platea di soggetti affidatari più ampia dell’attuale) dovendosi considerare, alla luce del precedente della Corte sopra richiamato (sentenza “Falck” del 21 marzo 2019 in C-465/17) il reinvestimento degli eventuali utili uno degli imprescindibili requisiti di esclusione di cui all’art. 10, lett. h), della Direttiva 2014/24/UE. 

Cons. St., sez. III, ord., 3 marzo 2021, n. 1797 – Pres. Frattini, Est. Puliatti

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