tratto da lasettimanagiuridica.it - autore Nikolaj Vinai

 Il presente lavoro si concentra sui contenuti della sentenza della Corte costituzionale n. 221 del 2019, che sancisce la non illegittimità costituzionale del divieto imposto dalla legge n. 40/04 di fecondazione eterologa per le coppie omosessuali, e sui riverberi che ne derivano sull’ordinamento, in special modo sulla teoria dei diritti fondamentali. Dopo aver ricostruito l’evoluzione giurisprudenziale della fecondazione artificiale in Italia, dall’intervento legislativo del 2004 alle plurime pronunce dei giudici costituzionali e della Corte europea dei diritti umani, si analizzano le argomentazioni della sentenza n. 221 che presenta elementi di continuità ma anche, in qualche modo, di rottura con quell’evoluzione. Ci si soffermerà particolarmente sulla questione dell’uso del canone della ragionevolezza da parte della Corte, sul tema della discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale e di quella fondata sulla capacità economica    delle coppie omosessuali, sul problema della qualificazione delle tecniche di PMA come terapie e della conseguente configurabilità di una violazione del diritto alla tutela della salute. Infine, il discorso si appunterà sull’identificazione di un diritto a procreare, sulla sua compatibilità con il dettato costituzionale, sul suo rapporto con la libertà di autodeterminarsi e sugli effetti che quest’ultima ingenera rispetto alla nozione costituzionale di libertà sulla tavola assiologica in cui si sostanzia la Carta Costituzionale, sul confine alla libertà costituito dalla dignità della persona, sul confine ai diritti costituito dai doveri, confine che integra la definizione stessa di diritti, di libertà.   

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