21/01/2021 – La correlazione fra il debito e l’atto o il fatto di gestione anteriore al dissesto. L’acquisizione sanante nella pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 15/2020

(Adunanza Plenaria n. 15/2020)

Con l’ordinanza 20 marzo 2020, n. 1994, la IV Sezione del Consiglio di Stato, trattando di una vicenda di cd. acquisizione sanante che obbligava un ente locale al pagamento dell’indennizzo e del risarcimento ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, ha rimesso all’Adunanza plenaria la questione della corretta interpretazione delle parole “fatti ed atti di gestione” di cui all’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000 al fine di individuare la competenza o meno dell’organo straordinario di liquidazione sulle poste passive di bilancio.

Richiamate le norme rilevanti per la fattispecie da decidere (tra le quali figura in primis l’art. 5, comma 2, del decreto-legge n. 80 del 2004, convertito in legge n. 140 del 2004[1]), la Quarta Sezione del Consiglio di Stato dà atto del contrasto esistente in giurisprudenza, ove, ad un primo orientamento spiccatamente formalistico[2] che, ritenendo determinare l’emanazione di un provvedimento di acquisizione sanante dopo la dichiarazione di dissesto (recte, dopo il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato) la costituzione ex novo di una posta passiva in capo al Comune, pone i relativi oneri sul bilancio ordinario dell’Ente, si contrappone un secondo indirizzo aderente ad un’esegesi di carattere sostanziale secondo cui bisogna prescindere dal momento in cui i debiti si siano manifestati contabilmente quale posta passiva pecuniaria, riconoscendo al contrario rilevanza al loro collegamento eziologico e funzionale con un “atto o fatto di gestione” antecedente alla dichiarazione di dissesto[3]. Detto secondo filone ritiene invero doversi attribuire importanza decisiva, non al momento in cui si è strutturalmente realizzata la fattispecie costitutiva dell’obbligazione, bensì al nesso causale e funzionale che lega l’attuale obbligazione all’illegittimo “atto o fatto di gestione” pregresso.

Così ragionando si sostiene che andrebbero attratte alla competenza dell’organo straordinario di liquidazione, non solo le poste passive pecuniarie già contabilizzate alla data della dichiarazione di dissesto, ma anche tutte le svariate obbligazioni che, pur se stricto jure sorte in seguito (recte, dopo il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, purché prima della chiusura della gestione straordinaria), costituiscano comunque la conseguenza diretta ed immediata di “atti e fatti di gestione” pregressi alla dichiarazione di dissesto, già dichiarati illegittimi (o, comunque, contrari a legge) in sede giurisdizionale, di cui, in un’ottica di analisi economica del diritto, rappresentino nient’altro che l’attuale riflesso pecuniario[4].

Detto secondo indirizzo ermeneutico, estensibile anche alle ipotesi in cui non vi sia un previo accertamento giurisdizionale del carattere contra jus del pregresso “atto o fatto di gestione”, è peraltro dichiaratamente preferito dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, ritenendo quest’ultima che “la volontà del Legislatore di rendere quanto più possibile ampia la competenza dell’organo straordinario di liquidazione” sia, con ogni evidenza, sottesa all’art. 5, comma 2, del decreto-legge n. 80 del 2004, convertito in legge n. 140 del 2004, laddove stabilisce che “si intendono ricompresi” nella competenza dell’organo straordinario “tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione” anteriori alla dichiarazione di dissesto. A dir del Collegio remittente, la medesima disposizione attribuisce rilevanza centrale al dato della “correlazione” fra il debito e l’atto od il fatto di gestione anteriore al dissesto, così intendendo concentrare “in capo alla gestione straordinaria, senza alcuna eccezione, tutte le poste debitorie comunali comunque causalmente e funzionalmente rivenienti da scelte e condotte gestionali anteriori al dissesto, a prescindere dalla relativa qualificazione giuridica, dall’eventuale sopravvenienza al dissesto e dall’intervenuta emanazione, in proposito, di pronunce giurisdizionali”.

Ulteriori argomentazioni a sostegno della lettura sposata dalla Sezione remittente sono rinvenute, da un lato, nella piena linearità dell’attribuzione di una competenza integrale, generale ed omnicomprensiva all’organo straordinario con lo scopo della procedura di dissesto, che è “proprio quello di riportare l’Ente locale in bonis, escludendo dal relativo bilancio tutte le poste debitorie comunque connesse alla condotta amministrativa pregressa: la procedura, infatti, tende a ‘sterilizzare’ tutte le attuali conseguenze negative, in termini patrimoniali e finanziari, degli ‘atti e fatti di gestione’ antecedenti al dissesto, consentendo in tal modo l’ordinata ripresa delle funzioni istituzionali dell’Ente”, ovvero, dall’altro, nel “palese effetto disincentivante” che, da un punto di vista sistematico, avrebbe l’opposta opzione ermeneutica ponente i costi del provvedimento di acquisizione sanante in capo alla gestione ordinaria del Comune, in ragione delle relative condizioni finanziarie (quale ente dissestato) tutt’altro che floride, che, pertanto, non avrebbe, infatti, “alcun oggettivo interesse ad emanare un provvedimento che li ricondurrebbe di nuovo in condizioni di stress finanziario”.

Investita della questione, con la decisione del 5 agosto scorso (Ad. Plen. n. 15/2020) l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha fornito la corretta interpretazione delle parole “fatti ed atti di gestione” utilizzate dall’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 267 del 2000 al fine di individuare la competenza dell’organo straordinario di liquidazione sulle poste passive di bilancio.

Sul piano normativo, il ragionamento svolto dalla Adunanza plenaria con la decisione in rassegna prende a riferimento l’art. 252, comma 4, del decreto legislativo n. 267 del 2000, il quale dispone che “l’organo straordinario di liquidazione ha competenza relativamente a fatti ed atti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato”, dando atto della integrazione dallo stesso subita in forza dell’art. 5, comma 2, del decreto-legge n. 80 del 2004, il quale ha previsto che: “ai fini dell’applicazione degli articoli 252, comma 4, e 254, comma 3, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si intendono compresi nella fattispecie ivi previste tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, successivamente a tale data ma, comunque, non oltre quella di approvazione del rendiconto della gestione di cui all’art. 256, comma 11, del medesimo Testo Unico”.

Rilevato che la questione oggetto di deferimento ruoti, essenzialmente, intorno all’interpretazione da riconoscere all’espressione “atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato”, contenuta nell’art. 252 del TUEL, ovvero al significato da attribuire alla clausola normativa di tipo interpretativo del predetto disposto del TUEL, aggiunta dal citato decreto legge del 2004, l’Adunanza afferma di ritenere che “rientrino nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione, non solo le poste passive pecuniarie già contabilizzate alla data della dichiarazione di dissesto, bensì anche tutte le svariate obbligazioni che, pur se stricto jure sorte in seguito, costituiscano comunque la conseguenza diretta ed immediata di «atti e fatti di gestione» pregressi alla dichiarazione di dissesto”.

Con specifico riferimento alla fattispecie della cd. acquisizione sanante (intorno alla quale orbita la vicenda oggetto di causa), pur riconoscendo che il provvedimento adottato dall’Amministrazione ex art. 42-bis T.U. Espropriazione non accerta un debito preesistente, ma lo determina ex novo, quantificandone altresì l’ammontare e non ha, quindi, carattere ricognitivo, bensìcostitutivo[5], determinando, sul piano amministrativo e civilistico, un effetto traslativo ex nunc, l’Adunanza, osservando che detto provvedimento ha per presupposto (ai sensi del primo comma della predetta norma) l’utilizzazione “di un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità”, e che, lo stesso, ai sensi del successivo comma 4, deve recare “l’indicazione delle circostanze che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area e se possibile la data dalla quale essa ha avuto inizio”, pone in rilievo come il provvedimento in esame risulti certamente correlato, sul piano della stessa attribuzione causale, “ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, successivamente a tale data”, come specificato dall’art. 5, comma 2, D.L. n. 80-2004 (convertito con L. n. 140-2004).

L’opzione ermeneutica fatta propria dalla Plenaria, a dir della medesima Adunanza, trova conferma nel dato letterale delle norme coinvolte nella questione, sostenendo che “le «circostanze» (ovvero i fatti) che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area costituiscono il presupposto per l’emanazione del provvedimento di acquisizione sanante che l’amministrazione, prima della sua adozione, deve accertare”, e che “parimenti, anche l’utilizzazione «di un bene immobile per scopi di interesse pubblico» costituisce un fatto che deve esser oggetto di un accertamento da parte dell’amministrazione, prodromico all’adozione del provvedimento in esame”, trattandosi, in entrambi i casi, di fatti necessariamente correlati al successivo provvedimento, il cui positivo accertamento costituisce uno dei presupposti di legittimità del medesimo.

Sotto il profilo contabile, quanto agli oneri finanziari connessi alla fattispecie dell’acquisizione sanante, sebbene ilprovvedimento (non necessariamente giurisdizionale, come è evidente dalla mera lettura del citato art. 5) che determina l’insorgere del titolo di spesa sia successivo, si ritiene che se i fatti che vi sono alla base sono cronologicamente ricollegabili all’arco temporale anteriore al 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, devono essere imputati alla Gestione Liquidatoria, purché detto provvedimento sia emanato prima dell’approvazione del rendiconto della gestione di cui all’art. 256, comma 11.

In questo caso, precisa l’Alto Consesso, “non solo il debito viene imputato al Bilancio della Gestione Liquidatoria sotto il profilo amministrativo-contabile, e non a quello della gestione ordinaria, ma anche la competenza amministrativa ad emanare il provvedimento che costituisce il titolo di spesa (nella specie, l’acquisizione sanante) deve essere attribuita al Commissario Liquidatore, in quanto è quest’ultimo soggetto che deve costituire la relativa partita debitoria del bilancio da lui gestito”.

Infine, della tesi accolta viene posta in evidenza la relativa coerenza – sotto il profilo teleologico – con l’impianto generale delle norme sul dissesto finanziario degli Enti Locali, contenute nel Titolo VIII, Capi II-IV del TUEL, preordinate al ripristino degli equilibri di bilancio degli enti locali in crisi, mediante un’apposita procedura di risanamento.

Evocato il principio generale dell’intero predetto impianto costituito dalla creazione di una massa separata affidata alla gestione di un organo straordinario, distinto dagli organi istituzionali dell’ente locale, la Plenaria pone in evidenza come la gestione corrente sarebbe pregiudicata ove in essa confluissero debiti sostanzialmente imputabili alle precedenti gestioni amministrative (che sono state a tal punto fallimentari da determinare il dissesto dell’ente), contravvenendo alla netta separazione di compiti e competenze tra la gestione passata e quella corrente delineata dalla normativa che si è succeduta nel tempo[6], nell’ottica di garantire, per il futuro, la sostenibilità finanziaria del bilancio ordinario.

Viene invero osservato come la disciplina normativa sul dissesto, basata sulla creazione di una massa separata affidata alla gestione di un organo straordinario, distinto dagli organi istituzionali dell’ente locale, possa “produrre effetti positivi soltanto se tutte le poste passive riferibili a fatti antecedenti al riequilibrio del bilancio dell’ente possono essere attratte alla predetta gestione, benché il relativo accertamento (giurisdizionale o, come nel caso di specie, amministrativo) sia successivo”, con l’unico limite rappresentato, come detto, dall’approvazione del rendiconto della gestione che segna la chiusura della Gestione Liquidatoria[7].

Le argomentazioni qui sinteticamente illustrate conducono pertanto la Plenaria a dichiarare il principio di diritto secondo cui “l’atto di acquisizione sanante, generatore dell’obbligazione (e, quindi, del debito), è attratto nella competenza dell’OSL, e non rientra quindi nella gestione ordinaria, sia sotto il profilo contabile sia sotto il profilo della competenza ammnistrativa, se detto provvedimento ex art. 42-bis è pronunciato entro il termine di approvazione del rendiconto della Gestione Liquidatoria e si riferisce a fatti di occupazione illegittima anteriori al 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato”, con conseguente rimessione della causa alla Sezione semplice di competenza (Quarta Sezione) per la decisione dell’appello.

Sotto altro profilo, si pone in evidenza come la decisione in rassegna risulti in linea con quanto sostenuto dalla Corte costituzionale nella sentenza del 21 giugno 2013, n. 154 relativa ad analoghe disposizioni per le obbligazioni rientranti nella gestione commissariale del Comune di Roma[8], ove si afferma che “in una procedura concorsuale – tipica di uno stato di dissesto – una norma che ancori ad una certa data il fatto o l’atto genetico dell’obbligazione è logica e coerente, proprio a tutela dell’eguaglianza tra i creditori, mentre la circostanza che l’accertamento del credito intervenga successivamente è irrilevante ai fini dell’imputazione”, sottolineandosi l’irragionevolezza del contrario, “giacché farebbe difetto una regola precisa per individuare i crediti imputabili alla gestione commissariale o a quella ordinaria e tutto sarebbe affidato alla casualità del momento in cui si forma il titolo esecutivo, anche all’esito di una procedura giudiziaria di durata non prevedibile[9].

Conclusivamente, par non potersi non rilevare come – a parer di chi scrive – l’indirizzo accolto dalla Plenaria si ponga ben all’interno dei confini del cd. microcosmo normativo del dissesto[10], per come recentemente “chiuso” dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei conti con la deliberazione n. 12/2020/QMIG, depositata il 20 luglio scorso, pronunciandosi sulla questione di massima rimessale dalla Sezione regionale di controllo per la Campania con la deliberazione n. 57/2020/PAR, sulla scorta della cui delineazione si è ritenuto possibile operare un netto discrimen tra le regole ordinarie che presidiano la gestione dell’ente in bonis e quelle proprie, eccezionali ed inderogabili applicabili alla “gestione dissestata”[11].

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[1] Detto articolo dispone che “ai fini dell’applicazione degli articoli 252, comma 4, e 254, comma 3, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si intendono compresi nella fattispecie ivi previste tutti i debiti correlati ad atti e fatti di gestione verificatisi entro il 31 dicembre dell’anno precedente a quello dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, pur se accertati, anche con provvedimento giurisdizionale, successivamente a tale data ma, comunque, non oltre quella di approvazione del rendiconto della gestione di cui all’art. 256, comma 11, del medesimo Testo Unico”.

[2] In base a tale indirizzo ermeneutico, la locuzione “fatti ed atti di gestione” richiamerebbe “un concetto formale, pecuniario e, per così dire, contabile di debito”, rimanendo, quindi, irrilevante il momento in cui il danno si è verificato e “dovendosi fare esclusivo riferimento al successivo momento in cui la posizione debitoria del Comune, intesa come posta passiva di carattere pecuniario, sia divenuta certa, liquida ed esigibile”; cfr.: C.G.A., Sez. giurisd., sentenza 31 luglio 2017, n. 367; Cons. Stato, Sez. IV, ordinanza 22 luglio 2019, n. 5139.

[3] Cfr.: Cons. Stato, Sez. IV, sentenza 9 aprile 2018, n. 2141; C.G.A., Sez. giurisd., sentenza 5 novembre 2018, n. 700.

[4] V. Cons. St., Sez. IV, ord., 20 marzo 2020, n. 1994.

[5] Così l’Adunanza Plenaria con la sentenza 20 gennaio 2020, n. 2, che ha escluso – tra l’altro – la rilevanza del risarcimento del danno ai fini dell’occupazione acquisitiva. Più in generale, sull’ambito di applicazione dell’art. 42-bis del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, si veda Cons. Stato, Ad. plen., 18 febbraio 2020, n. 5.

[6] D.L. n. 66 del 2 marzo 1989, conv. in L. n. 144 del 24 aprile 1989; D.L. n. 8 del 18 gennaio 1993, conv. in L. n. 68 del 19 marzo 1993; d.P.R. n. 378 del 24 agosto 1993; d.lgs. n. 77 del 25 febbraio 1995; d.lgs. n. 336 del 11 giugno 1996; d.lgs. n. 342 del 15 settembre 1997; d.lgs. n. 410 del 23 ottobre 1998; d.P.R. n. 420 del 13 settembre 1999; d.P.R. n. 273 del 18 agosto 2000; artt. 244-272 del d.lgs. 267-2000 s.m.i..

[7] Dopo tale data non sarà invero più possibile imputare alcunché a tale organo, avendo quest’ultimo, dal punto di vista giuridico, cessato la sua esistenza.

[8] Art. 4, comma 8-bis, ultimo periodo, D.L. 25 gennaio 2010, n. 2, convertito, con modificazioni, in L. 26 marzo 2010, n. 42.

[9] Punto 7.1 del considerato in diritto.

[10] “Microcosmo” al quale vanno ricondotte le disposizioni che regolano, nel dettaglio, l’intera attività dell’organo straordinario di liquidazione ed al quale va riconosciuto un proprio statuto informato al principio della par condicio creditorum ed alla tutela della concorsualità, da presidiarsi proprio da detto organo quale “dominus esclusivo della peculiare procedura finalizzata al risanamento dell’ente”, il quale nel tempo ha assunto una propria specificità, connotandosi sempre più quale organo sostitutivo di quelli ordinari dell’ente, titolare di elevati poteri organizzatori. Sul punto, cfr. G. Vinciguerra, Riconoscimento dei debiti fuori bilancio nei Comuni in dissesto: il parere della Corte dei conti (deliberazione Sezione Autonomie n. 12/2020) – pubblicato sul quotidiano partecipativo della PA lentepubblica.it (27 luglio 2020).

[11] Al pronunciamento in funzione nomofilattica della Plenaria ha già recentemente aderito – superando la relativa linea interpretativa seguita in passato – il CGA-RS con due recenti sentenze (nn. 1043 e 0148 del 16.11.2020) concernenti due vicende di cd. acquisizione sanante in un Comune siciliano interessato dal dissesto finanziario.

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