04/01/2021 – Ma fino a quando dura lo smart working emergenziale nella PA? La gran confusione di Parlamento e Governo

Si continua a parlare a vanvera di semplificazioni e responsabilità della “burocrazia”, ma perfino per una questione banale, come dovrebbe essere la disposizione in smart working dei dipendenti pubblici, sono il Legislatore ed il Governo a fare una confusione semplicemente insensata.

Andiamo (quasi) con ordine, saltando la situazione di profonda emergenza della primavera del 2020 e saltando ad estate ed autunno del 2020.

 

Ci si è ritrovati con una normativa irrazionale, composta da:

1.      Articolo 87, comma 1, del d.l. 18/2020, convertito in legge 27/2020, che dispone: “Fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, ovvero fino ad una data antecedente stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, il lavoro agile è una delle modalità ordinarie di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, sicchè le PA “prescindono dagli accordi individuali e dagli obblighi informativi previsti dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n. 81”;

 

2.      Delibera del Consiglio dei Ministri 7/10/2020 che proroga lo stato di emergenza fino al 31/1/2021;

3.      Articolo 263, comma 1, del d.l. 34/2020, convertito in legge 77/2020: “Al fine di assicurare la continuità dell’azione amministrativa e la celere conclusione dei procedimenti, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adeguano l’operatività di tutti gli uffici pubblici alle esigenze dei cittadini e delle imprese connesse al graduale riavvio delle attività produttive e commerciali. A tal fine, fino al 31 dicembre 2020, in deroga alle misure di cui all’articolo 87, comma 1, lettera a), e comma 3, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, organizzano il lavoro dei propri dipendenti e l’erogazione dei servizi attraverso la flessibilità dell’orario di lavoro, rivedendone l’articolazione giornaliera e settimanale, introducendo modalità di interlocuzione programmata, anche attraverso soluzioni digitali e non in presenza con l’utenza, applicando il lavoro agile, con le misure semplificate di cui al comma 1, lettera b), del medesimo articolo 87, al 50 per cento del personale impiegato nelle attività che possono essere svolte in tale modalità e comunque a condizione che l’erogazione dei servizi rivolti a cittadini ed imprese avvenga con regolarità, continuità ed efficienza, nonchè nel rigoroso rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente”;

 

4.      DM Funzione Pubblica 10/10/2020, articolo 1, comma 1: “Fino al 31 dicembre 2020 per accedere al lavoro agile non è richiesto l’accordo individuale di cui all’articolo 19 della legge 22 maggio 2017, n. 81”;

5.      Articolo 263, comma 4-bis, del d.l. 34/2020, convertito in legge 77/2020, che modifica l’articolo 14 della legge 124/2015, introducendo il POLA, da adottare (facoltativamente) entro il 31/12/2021;

6.      Linee Guida POLA del 8/12/2020, che in merito ai termini di adozione del POLA negli enti locali precisano: “In ragione delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti, gli Enti locali si adeguano agli indirizzi generali contenuti nel presente documento e declinano i contenuti specifici del POLA compatibilmente con le loro caratteristiche e dimensioni. Resta fermo quanto previsto dall’art. 169, comma 3-bis del TUEL anche in ordine alla tempistica di approvazione dei documenti di programmazione”.

Da questo primo quadro emerge già una fortissima confusione e la tendenza ad intervenire con una serie di norme che si sovrappongono tra esse, senza necessità e con pessimo coordinamento.

Infatti, allo scopo di determinare la durata dello smart working “emergenziale”, quello, cioè, attivato in deroga alle previsioni generali di cui agli articoli 18 e seguenti della legge 81/2017 e, in particolare all’obbligo di regolare il lavoro agile con un accordo e di attivare le cervellotiche comunicazioni ad Anpal (speriamo che qualcuno elimini questo adempimento folle), sarebbe bastato l’articolo 87, comma 1 e la connessa sua lettera b), del d.l. 18/2020. Tale norma, in effetti, riconduce la durata dello smart working emergenziale “Fino alla cessazione dello stato di emergenza”. V’è, quindi, un evidentissimo rinvio dinamico alle decisioni del Consiglio dei Ministri, sicchè con la Deliberazione 7/10/2020 sarebbe già dovuto risultare chiaro ed automatico lo slittamento dello smart working emergenziale al 31/1/2021.

 

Il Governo ed il Parlamento, però, ci hanno messo lo zampino, contribuendo con l’articolo 263 del d.l. 34/2020 a complicare la situazione. Come si nota, mentre l’articolo 87 con assoluta chiarezza connette la durata dello smart working emergenziale alla scadenza dello stato di emergenza, invece l’articolo 263, senza alcun coordinamento con l’articolo 87 e con poca ponderazione, fa scadere al 31/12/2020 la propria disciplina, tendente a consentire il lavoro agile al solo 50% dei dipendenti adibiti a funzioni con esso compatibili, allo scopo di garantire l’efficienza dell’azione amministrativa.

Ignorando le previsioni dell’articolo 87, comma 1, del d.l. 18/2020, il DM 19/10/2020 si è messo sulla lunghezza d’onda (sbagliata) dell’articolo 263, ed ha fornito indicazioni operative anticipatrici del POLA e finalizzate a precisare che la percentuale di dipendenti disponibili in smart working fosse “almeno” del 50%, ha indicato che le modalità semplificate di attivazione del lavoro agile (niente accordo individuale e niente comunicazioni cervellotiche all’Anpal) dovessero durare fino al 31/12/2020.

Il DM, così disponendo, è in evidente contrasto con l’articolo 87, comma 1, del d.l. 18/2020, che dispone senza alcun’ombra di dubbio in modo diverso, stabilendo invece che il lavoro agile semplificato perduri fino al perdurare dello stato di emergenza.

Che ragione c’era di complicare le cose con una scrittura così sommaria e disattenta dell’articolo 263 del d.l. 34/2020 e con il DM 19/10/2020? Ovviamente, nessuna.

Ad esaltare ulteriormente il caos, le previsioni delle Linee Guida sul POLA, che hanno creato un regime distinto tra amministrazioni locali ed altre PA in quanto al termine di adozione di un piano, per altro solo facoltativo.

Infatti, mentre per tutte le PA il termine ultimo (che appare comunque solo sollecitatorio e non certo perentorio) per l’adozione del POLA è il 31/1/2021, per gli enti locali è il termine di adozione del PEG, cioè entro i 20 giorni successivi all’adozione del bilancio di previsione; ora, l’articolo 106, comma 3-bis, del d.l. 34/2020 ha già differito il termine di adozione dei bilanci al 31/1/2021, sicchè il termine di adozione del POLA negli enti locali è da considerare il 20/2/2021.

 

Il Governo si è reso, forse, conto dell’incredibile guazzabuglio normativo creato dalla circostanza dell’eccessiva ed incontrollata compulsione a normare e tornare a rinormare sul medesimo argomento senza alcun coordinamento, ed è intervenuto. Purtroppo senza mostrare la capacità di ricondurre a semplificazione il tutto.

Sarebbe stato opportuno un provvedimento ricognitivo della situazione, che riportasse ad un’unica norma una volta e per sempre termini e disciplina sostanziale del lavoro agile. Così non è stato.

Quindi, sono stati “calati” altri due assi, entrambi proprio al termine del terrificante anno 2020, il 31 dicembre.

Un primo provvedimento è il DM 23/12/2020 della Funzione Pubblica, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 323 del 31/12/2020: detto decreto proroga fino al 31/1/2021 le previsioni del DM 19/10/2020.

Un secondo provvedimento è il “decreto milleproroghe”, il d.l. 183/2020, che all’articolo 19, rubricato “Proroga dei termini correlati con lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19”, al comma 1 dispone: “I termini previsti dalle disposizioni legislative di cui all’allegato 1 sono prorogati fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 31 marzo 2021, e le relative disposizioni vengono attuate nei limiti delle risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente”.

L’Allegato 1, al n. 32, indica tra le norme prorogate come sopra (alternativamente fino alla cessazione dello stato di emergenza o al massimo fino al 31/3/2021) l’articolo 263 del d.l. 34/2020.

Si ricrea, quindi, una situazione di disconnessione tra vari termini. Infatti:

1.      Adozione del POLA:

1.1.   Il Termine (sollecitatorio) è rimasto al 31/1/2021 per tutte le PA

1.2.   Ma è, attualmente, da individuare nel 20/2/2021 per gli enti locali;

2.      Durata del lavoro agile emergenziale:

2.1.   Fino alla cessazione dello stato di emergenza, ai sensi dell’articolo 87, comma 1, del d.l. 18/2020;

2.2.   Fino alla cessazione dello stato di emergenza e comunque non oltre il 31/3/2021, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 19, comma 1, e dell’Allegato 1, n. 32, del d.l. 183/2020;

 

2.3.   Fino al 31/1/2021 ai sensi del DM Funzione Pubblica 23/12/2020.

Un disastro. Dovuto appunto all’incapacità di ricondurre ad unità e razionalità la disciplina sostanziale e procedurale del lavoro agile.

Se proprio si voglia, come giusto, reperire un minimo di ratio nelle due ultime disposizioni del 2020, si potrebbe affermare che:

a)      Il DM Funzione Pubblica 23/12/2020 ha la funzione di prorogare fino al 31/1/2021 l’organizzazione del lavoro agile senza POLA, allo scopo di evitare un possibile vuoto di regolazione (anche se, a ben vedere, la previsione dell’articolo 87, comma 1, del d.l. 18/2020 avrebbe senz’altro coperto il presunto vuoto);

b)      L’articolo 19 del d.l. 183/2020 estende al massimo fino al 31/3/2021 il regime di lavoro agile emergenziale, sempre privo di POLA, regime che si articola in questo modo:

a.       È regolato dal DM 23/12/2020, finchè non sia adottato il POLA, quindi destinato ad “almeno” il 50% dei dipendenti adibiti a mansioni connesse a funzioni compatibili col lavoro agile senza pregiudicare l’efficienza dell’azione amministrativa;

b.      È regolato direttamente dall’articolo 263 del d.l. 34/2020, laddove decorso il termine per l’adozione del POLA (31/1/2021 per tutte le PA, 20/2/2021 per gli enti locali) non abbia portato all’entrata in vigore del POLA; tuttavia la regolazione dell’articolo 263, comma 1, va messa in correlazione col testo novellato dell’articolo 14 della legge 124/2015, il quale stabilisce che laddove il POLA non sia approvato le PA debbono consentire il lavoro agile ad almeno il 30% del personale che ne faccia richiesta.

Nessuna norma spiega cosa accade se si adotta il POLA e se, in particolare, per effetto di tale piano per le PA riprendano piena efficacia le disposizioni della legge 81/2017 in particolare sull’accordo individuale (che il POLA considera elemento fondamentale del lavoro agile) e gli oneri comunicazionali e di informazione sulla sicurezza.

Per quanto la definizione del contenuto dell’accordo individuale sia elemento essenziale del POLA, sembra di dover affermare che la proroga fino a non oltre il 31 marzo 2021 dell’efficacia dell’articolo 263 del d.l. 34/2020 e il persistere della vigenza dell’articolo 87, comma 1, del d.l. 18/2020 implichi che finchè sia efficace lo stato di emergenza o non si consegua la data del 31/3/2021, la disposizione in lavoro agile non richieda l’accodo individuale.

Lo stesso pare di poter affermare anche in relazione al decorso vano del 31/1/2021, senza che l’ente abbia adottato il POLA: se lo stato d’emergenza non sia cessato, non occorre l’accordo individuale. Piuttosto, nel caso di ente privo di POLA occorre evidenziare che la percentuale di almeno il 30% dei dipendenti che, se lo richiedono, possono essere disposti in smart working deve comunque riguardare, ai sensi dell’articolo 263, comma 1, del d.l. 34/2020 sempre e comunque i dipendenti addetti alle attività compatibili con lo smart working, senza inficiare l’efficienza dei servizi.

In ogni caso, pare evidente che il 2021 sia iniziato con un pasticcio normativo sul lavoro agile che sarebbe stato meglio risparmiare alle PA.

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