23/02/2021 – Alcune riflessioni sul concetto di “certezza dell’azione amministrativa”

Sommario 1. Premessa: le diverse dimensioni della certezza. – 2. La certezza dell’azione amministrativa come stabilità. – 3. La certezza delle decisioni pubbliche in funzione del buon andamento dell’azione amministrativa. – 4. La certezza delle decisioni pubbliche in funzione del legittimo affidamento ingenerato nei privati. – 5. Il rapporto e i meccanismi interattivi tra certezza dell’azione amministrativa e certezza del diritto: la certezza del diritto «al servizio» della certezza dell’azione amministrativa.

 

Premessa: le diverse dimensioni della certezza. L’espressione «certezza dell’azione amministrativa» presenta una duplicità di significati: in un primo significato essa indica la prevedibilità ex ante delle decisioni pubbliche1 ; in un secondo l’attitudine di tali decisioni a non essere poste in discussione e a conservare i propri effetti nel tempo. Si tratta di due distinte dimensioni della certezza2 : la prima si realizza attraverso una chiara, univoca e trasparente predeterminazione, da parte del legislatore o della stessa amministrazione, delle decisioni pubbliche3 ; la seconda attraverso norme e istituti tendenti ad assicurare la stabilità, o intangibilità, delle situazioni giuridiche create da tali decisioni (prescrizione, decadenza, cosa giudicata, limiti all’esercizio del potere di autotutela). È su tale ultima accezione – meno esplorata dalla dottrina, ma non per questo di minore importanza4 – che ci si intende qui soffermare. L’obiettivo principale del presente contributo è invero quello di ricostruire il concetto di «certezza dell’azione amministrativa» in termini di stabilità. 2. La certezza dell’azione amministrativa come stabilità. In effetti, quando questi sostantivi astratti (certezza e stabilità) sono riferiti al provvedimento amministrativo presentano la comune generica accezione di attitudine del provvedimento a essere incontestabile e, quindi, a produrre effetti duraturi nel tempo: in virtù di questa comune accezione essi sono spesso considerati come un’endiadi inscindibile e usati come sinonimi da molti autori e dalla giurisprudenza5 .

È emblematico quanto sostenuto da autorevole dottrina, secondo cui «nel processo amministrativo la previsione di termini decadenziali brevi soddisfa esigenze di certezza e di stabilità dell’assetto di interessi prodotto dal provvedimento amministrativo» (qui e di seguito corsivi nostri)6. In altre parole, si ritiene alquanto pacificamente che la previsione di un termine decadenziale per esperire l’azione di annullamento trovi «la sua ratio in un’esigenza di certezza e stabilità degli effetti degli atti dell’amministrazione»7 : il valore della certezza impone di evitare che un atto pubblico possa essere messo indefinitamente in discussione davanti al giudice da chi abbia interesse alla sua eliminazione. Nella stessa prospettiva è stato osservato come la previsione di un termine di decadenza per l’esercizio dell’azione di nullità miri a tutelare la «stabilità del provvedimento amministrativo» e la «certezza dei rapporti giuridici»8 . Queste ultime esigenze mal si conciliano invero con la possibilità che l’azione amministrativa possa restare esposta a impugnative (come, ad esempio, l’azione di nullità disciplinata dall’art. 1442 del codice civile) esercitabili senza limiti temporali; ed è per tale ragione che il codice del processo amministrativo (art. 31, comma 4) vincola l’esercizio dell’azione di nullità a un preciso termine decadenziale (centottanta giorni), sebbene più ampio di quello valevole per l’azione di annullamento9 . Nell’accezione di «certezza» presa ora in esame non entra in gioco (almeno non direttamente) alcuna esigenza di prevedibilità del provvedimento amministrativo, facendosi invece riferimento all’attitudine del provvedimento stesso a non essere posto in discussione e a conservare i propri effetti nel tempo. Intesa in tal modo la certezza è sinonimo di inoppugnabilità, incontestabilità, intangibilità: il grado di certezza di un provvedimento amministrativo indica la sua la sua capacità a durare e produrre effetti nel tempo ed è inversamente proporzionale al suo grado di annullabilità, in via giurisdizionale o di autotutela10. Seguendo questa impostazione, la certezza dell’azione amministrativa non dipende soltanto dalla sua prevedibilità e dalla trasparenza dei processi decisionali a essa sottesi, ma anche dal suo grado di stabilità. Come rilevato al riguardo da attenta dottrina, la considerazione della realtà giuridica mostra che «la stabilità è una qualità che si apprezza in termini di grado (non esistono atti stabili e atti instabili, quanto atti più o meno stabili) e che varia a seconda della disciplina positiva che governa il singolo atto»11. Questo significa che la stabilità non è un carattere intrinseco dell’atto, ma il prodotto del regime giuridico a esso applicabile: essa non costituisce l’oggetto immediato di una specifica disciplina, bensì il riflesso della disciplina dei poteri e delle facoltà che consentono all’autore o ai terzi di rimuovere l’atto o eliderne gli effetti12. Mentre il diritto processuale conosce l’istituto del giudicato, che garantisce la stabilità della decisione dell’organo della giurisdizione (res iudicata facit de albo nigro et aequat quadrata rotundis)13, nel diritto sostanziale si è sempre ritenuto che l’agire amministrativo fosse incompatibile con la definitività, in considerazione della tendenziale inesauribilità del potere14.

In quest’ultimo contesto «la stabilità è travolta dalla libertà, dalla mutevolezza delle circostanze e delle forme in cui il potere amministrativo è chiamato ad apprezzare e a valutare un interesse pubblico che si rinnova continuamente nella sua attualità»15. Il potere amministrativo sopravvive al suo esercizio e il provvedimento successivo prevale su quello precedente come avviene per la legge16. Dunque, l’incertezza si manifesta alla stregua di una costante sistemica del diritto amministrativo. A prescindere da qualsiasi considerazione specifica sul piano teorico, sta di fatto che quando il grado di stabilità di un provvedimento scende al di sotto di un certo livello si determina una situazione di incertezza per tutti coloro che a qualunque titolo fanno affidamento sugli effetti prodotti dalle decisioni assunte dalle amministrazioni; e tale incertezza inevitabilmente genera sfiducia nelle stesse amministrazioni, scoraggia l’intrapresa economica e disincentiva gli investimenti privati nel settore pubblico17. 3. La certezza delle decisioni pubbliche in funzione del buon andamento dell’azione amministrativa. L’interesse a garantire una maggiore certezza delle decisioni pubbliche e della susseguente azione amministrativa risponde innanzitutto all’esigenza di assicurare continuità all’azione stessa, in vista del raggiungimento degli obiettivi di interesse Tale interesse non riceve espressa consacrazione in norme costituzionali; esso, tuttavia, rinviene un fondamento implicito nell’art. 97 della Costituzione, potendo valere quale corollario e declinazione del principio di buon andamento19. La stabilità delle determinazioni amministrative è messa a rischio da una molteplicità di fattori, primi tra tutti i poteri unilaterali di autotutela delle pubbliche amministrazioni e il controllo giurisdizionale sulla legittimità delle scelte pubbliche20: come si è accennato in precedenza, il grado di stabilità di un provvedimento amministrativo si pone in una relazione antitetica rispetto al grado di «ritirabilità» da parte della stessa amministrazione e di «contestabilità» da parte dei terzi21. L’interesse alla certezza dell’agere pubblico, e quindi alla stabilità dei rapporti giuridici che ne discendono, può effettivamente entrare in conflitto con l’interesse pubblicistico all’eliminazione di un atto amministrativo illegittimo e al ripristino della legalità violata, soccombendo al suo cospetto. Non si può escludere, tuttavia, l’eventualità che, con il decorso del tempo, sopravvengano circostanze che possono far ritenere più conveniente per l’interesse pubblico il mantenimento della consolidata situazione di fatto rispetto all’eliminazione dell’atto illegittimo e al ripristino della legalità violata22: il ripristino, in via di autotutela o giudiziale, della legalità violata non sempre coincide con la migliore modalità di attuazione dell’interesse pubblico23. pubblico prefissati18.

D’altronde, come osservato con implacabile ragionevolezza in dottrina, «il principio di legalità accolto dalla Costituzione non fa dell’amministrazione un tutore della legalità medesima; altrimenti, si dovrebbe ritenere incostituzionale anche il carattere discrezionale dell’annullamento d’ufficio»24. Dunque, non è da escludere che la pubblica amministrazione, in nome e in ragione della certezza e stabilità dell’azione amministrativa, nel decidere se intervenire o meno in autotutela, al cospetto di un provvedimento illegittimo, possa scegliere di privilegiare l’interesse generale a garantire la continuità e il buon andamento dell’azione stessa rispetto all’interesse a ripristinare la legalità violata (si pensi, ad esempio e banalmente, all’interesse a garantire comunque la continuità di un servizio in corso, ovvero la celere realizzazione delle opere commissionate, pur a fronte di una procedura di gara irregolare). In determinate occasioni non può cioè essere ignorata l’opportunità di «mantenere in vita» un atto illegittimo al fine di evitare una lesione sproporzionata dell’interesse pubblico. Perché sorga il dovere di annullare in autotutela un atto amministrativo non basta che esso sia illegittimo o comunque non corrispondente a quello derivante da un corretto esercizio della discrezionalità, «ma è necessario che concorra un’ulteriore condizione, non prescritta esplicitamente da alcuna norma, che consiste nella presenza di ragioni di pubblico interesse che impongano l’annullamento»25. Detto altrimenti, l’annullamento in autotutela di un atto non è giustificato dalla semplice esigenza di ripristinare la legalità; non può seguire cioè alla semplic constatazione della sua illegittimità, ma deve essere preceduto da una valutazione puntuale in merito alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla eliminazione dello stesso, oltre a dover tenere conto – com’è ovvio – dell’affidamento del soggetto avvantaggiato da tale atto26. Garantire la stabilità delle decisioni amministrative e delle situazioni giuridiche a esse sottese può rappresentare, di per sé, un valore, anche a prescindere dalla correttezza o erroneità delle decisioni stesse. Di ciò peraltro è ben consapevole lo stesso legislatore: la centralità dell’esigenza di assicurare stabilità e certezza all’azione amministrativa in funzione del buon andamento emerge ad esempio, in maniera nitida, dal terzo comma dell’art. 94 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, che consente all’amministrazione aggiudicatrice di non procedere alla revoca o al recesso dal contratto per l’espletamento di un servizio nei confronti dell’impresa attinta da un’informativa sfavorevole per tentativi di infiltrazione mafiosa «nel caso in cui l’opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi». In tale fattispecie l’esigenza di permettere all’amministrazione di procedere speditamente, con continuità e senza rallentamenti, prevale addirittura su un interesse pubblico qualificato, connotato dal massimo grado di intensità, vale a dire l’interesse al contrasto alla criminalità organizzata. Si pensi, altresì, all’art. 122 del codice del processo amministrativo (recante «inefficacia del contratto negli altri casi», vale a dire nei casi di «violazioni non gravi», o «meno gravi», se si preferisce), che attribuisce al giudice amministrativo un potere discrezionale assai ampio nel decidere la sorte del contratto in seguito all’annullamento dell’aggiudicazione definitiva27. La possibilità riconosciuta al giudice di non dichiarare l’inefficacia del contratto nonostante l’illegittimità del’aggiudicazione si pone potenzialmente in conflitto con l’obiettivo di garantire una tutela giurisdizionale piena ed effettiva che richiederebbe, invece, di sacrificare sempre e comunque l’efficacia del contratto. La ratio della previsione è evidentemente quella di tutelare l’interesse alla stabilità delle decisioni pubbliche inerenti alle procedure di gara preordinate all’affidamento e di pubblici lavori, servizi e forniture e, con esso, il coacervo di interessi sottesi al contratto stipulato all’esito di tali procedure. La tendenza a tutelare la stabilità e la certezza dell’azione amministrativa e delle situazioni giuridiche da essa create emerge in maniera forse ancor più evidente dal successivo art. 12528 (il cui perimetro applicativo è stato recentemente esteso dalla legge 11 settembre 2020, n. 120). Tale norma (recante «… disposizioni processuali per le controversie relative a infrastrutture strategiche») è particolarmente incisiva nel tutelare l’interesse pubblico alla sollecita realizzazione delle opere, stabilendo rilevanti limiti alla caducazione del contratto in caso di annullamento dei provvedimenti impugnati e, quindi, al pieno dispiegarsi del principio di effettività della tutela giurisdizionale. Come osservato in dottrina, sembra che nella specie il legislatore abbia inteso rafforzare la certezza e la stabilità dell’azione amministrativa e degli effetti da essa prodotti, dando preminenza alla realizzazione dell’opera a scapito della correttezza dell’espletamento della procedura di gara29. Previsioni di questo genere – si badi bene – non rispondono tanto all’esigenza di garantire il legittimo affidamento dei privati nei confronti dell’azione amministrativa (su cui ci si soffermerà nel prossimo paragrafo), quanto piuttosto a quella di tutelare l’interesse generale al buon andamento della pubblica amministrazione30. È pertanto evidente che la tutela del buon andamento, la necessità di evitare rallentamenti e fratture nella continuità dell’azione amministrativa, possono costituire ragioni valide per garantire un maggiore grado di certezza e stabilità delle decisioni pubbliche. 4. La certezza delle decisioni pubbliche in funzione del legittimo affidamento ingenerato nei privati. La certezza delle decisioni pubbliche non serve soltanto a tutelare il bene-valore di rango costituzionale del buon andamento, ma è altresì strumentale alla tutela dell’affidamento ingenerato da tali decisioni nei privati31.

Nel nostro ordinamento sono state adottate importanti misure legislative per garantire una maggiore stabilità, sicurezza e definitività all’azione amministrativa e ai rapporti giuridici a essa susseguenti in funzione del legittimo affidamento. Una delle più rilevanti è rappresentata dall’art. 6, comma 1, della legge n. 124 del 2015, che, com’è noto, ha introdotto una significativa limitazione al potere di autoannullamento delle decisioni amministrative anche se illegittime. La disposizione ha modificato l’art. 21-nonies della legge n. 241/1990, prevedendo un limite temporale, «comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione», entro il quale può intervenire l’annullamento d’ufficio «dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici»32. A seguito delle modifiche apportate all’art. 21-nonies dall’art. 6 della legge n. 214 del 2015, il limite temporale del «termine ragionevole», da indeterminato ed elastico, è divenuto, anche in ossequio al principio di certezza del diritto (sul cui significato, si dirà meglio più avanti), espresso e rigido, atteso che l’annullamento d’ufficio può intervenire entro un termine «comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti»33. È di intuitiva evidenza che con tale disposizione sono state garantite una maggiore stabilità e certezza all’azione amministrativa e, con esse, una maggiore tutela all’affidamento dei destinatari di provvedimenti autorizzatori o di attribuzione di vantaggi economici34. La ratio della previsione in parola, come lucidamente osservato in dottrina, «si concreta nell’esigenza di assicurare certezza e stabilità ai rapporti giuridici di matrice pubblicistica, in particolare a quelli degli operatori economici i cui programmi ed investimenti risultano condizionati dalle decisioni amministrative»35. La tendenza a innalzare il livello di stabilità e certezza delle decisioni amministrative è ravvisabile anche nell’introduzione da parte del legislatore di istituti quali la conferenza di servizi, gli accordi, il silenzio e la segnalazione certificata di inizio attività. Tali figure sono accomunate tutte dall’assenza di una determinazione imperativa unilaterale: in esse l’assetto degli interessi non viene determinato unilateralmente da un provvedimento amministrativo o non viene affatto determinato da un provvedimento amministrativo36. Nei primi due casi (conferenza di servizi e accordi) è evidente che la partecipazione dei cointeressati alla determinazione del contenuto e degli effetti del provvedimento non può non influire positivamente sulla stabilità della decisione finale e, di conseguenza, sulla tutela dell’affidamento37. Negli ultimi due (silenzio e s.c.i.a.) il procedimento o il provvedimento possono venire, del tutto o in parte, a mancare e ciò rende problematico applicare anche ad esse gli istituti dell’autotutela decisoria fintanto che questi vengono ritenuti espressione di un potere generalmente riconosciuto all’amministrazione di tornare unilateralmente sulle decisioni in precedenza prese.

Anche dalla legislazione più recente emerge la tendenza a rafforzare la certezza e la stabilità dell’azione amministrativa: l’art. 12, comma 1, lettera a), della legge n. 120/2020, introducendo l’art. 8-bis nell’art. 2 della legge n. 241/1990, ha infatti stabilito che le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati adottate dopo la scadenza di alcuni termini previsti dalla stessa legge n. 241/1990 sono inefficaci38, fermo restando il possibile esercizio del potere di annullamento d’ufficio. L’obiettivo precipuo della norma è quello di favorire gli investimenti, dando agli operatori maggiori garanzie di stabilità della situazione di vantaggio conseguita. L’attenzione per il valore della stabilità in funzione di tutela del legittimo affidamento dei privati emerge pure dalla disciplina del recesso unilaterale dai contratti pubblici da parte dell’amministrazione. Al riguardo, è noto che nei rapporti tra privati trova applicazione la regola generale della vincolatività del contratto e degli obblighi che da esso sorgono in capo agli stipulanti39, salvi i casi eccezionali in cui la facoltà di recedere unilateralmente sia espressamente riconosciuta dalla legge o dalle stesse parti40.

Ciò è stabilito in maniera espressa dall’art. 1372 del codice civile: «il contratto ha forza di legge tra le parti» e «non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge». In deroga alla suddetta regola generale, si riteneva in passato che gli enti pubblici potessero recedere ad nutum dal rapporto contrattuale instaurato con gli operatori privati in presenza di gravi esigenze di pubblico interesse non altrimenti soddisfabili41. La possibilità per la P.A. di sciogliere unilateralmente il vincolo contrattuale era concepita come una particolare configurazione che la potestà di autotutela assumeva quando il potere amministrativo confluiva in un accordo con un privato: in questa prospettiva, la determinazione era considerata nient’altro che l’espressione della posizione di supremazia riconosciuta all’amministrazione anche nei rapporti privatistici in vista della tutela privilegiata dell’interesse pubblico. In virtù di tale impostazione, la legge contrattuale e, con essa, l’esigenza di garantire la stabilità e la certezza dei rapporti negoziali erano minate alle radici, sacrificate in nome di un interesse superiore, individuabile nella necessità di garantire una continua rispondenza tra le decisioni amministrative e l’interesse pubblico42. Il potere di carattere generale della P.A. di recedere unilateralmente dal contratto di cui è parte trova oggi un limite espresso nella previsione dell’art. 21-sexies della legge n. 241 del 1990, in base al quale «il recesso unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione è ammesso nei casi previsti dalla legge o dal contratto», secondo una logica della tipicità delle ipotesi di recesso analoga a quella che emerge dal citato art. 1372 c.c. (in effetti, le due norme menzionate da ultimo sembrano simili nel contenuto e nella formulazione letterale). Per effetto del citato art. 21-sexies, il generale potere di autotutela di cui gode la P.A. può essere esercitato, in linea di principio, esclusivamente nei confronti degli atti amministrativi adottati nell’ambito del procedimento ad evidenza pubblica, assoggettato al regime pubblicistico, mentre nei confronti degli atti negoziali appartenenti alla fase privatistica dell’esecuzione del contratto l’amministrazione contraente può esperire esclusivamente i rimedi previsti dalla legge o dal contratto stesso. Sicché, anche nella contrattualistica pubblica l’istituto del recesso unilaterale ha assunto un carattere eccezionale, essendo ammissibile nei soli casi di previsione legislativa o pattizia. Coerentemente con questa interpretazione, l’art. 1-bis della legge n. 241 del 1990 stabilisce che l’attività non autoritativa della P.A. sia assoggettata alle norme di diritto privato (e, quindi, all’art. 1372 c.c. e al principio di vincolatività del contratto), salvo che la legge disponga diversamente. Va altresì considerato, a ulteriore riprova della «impermeabilizzazione della fase privatistica alle esigenze pubblicistiche»43, che il codice del processo amministrativo intesta al giudice (amministrativo) il potere di dichiarare l’inefficacia del contratto, concentrandolo con il potere di annullamento dell’aggiudicazione ed escludendo che quest’ultimo incida automaticamente sulla sorte del contratto44. Dunque, accanto ai principi dell’inesauribilità e irrinunciabilità del potere amministrativo (su cui v. retro), fondanti una autotutela provvedimentale, giustificata dalla necessità di assicurare continuità alla rispondenza tra le decisioni amministrative e l’interesse generale, sono emersi anche altri principi e interessi parimenti rilevanti quali la certezza e la stabilità dell’attività amministrativa (negoziale e non) in funzione della tutela dell’affidamento e della sicurezza dei rapporti giuridici45. 5. Il rapporto e i meccanismi interattivi tra certezza dell’azione amministrativa e certezza del diritto: la certezza del diritto «al servizio» della certezza dell’azione amministrativa. Tanto premesso in ordine al concetto di «certezza dell’azione amministrativa», sembra opportuno infine soffermarsi sul rapporto e i meccanismi interattivi esistenti tra tale concetto e quello di «certezza del diritto». Non di rado il concetto di «certezza del diritto» viene identificato o confuso con quello di certezza dell’azione amministrativa.

Ad esempio, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha asserito che la fissazione di termini di ricorso a pena di decadenza costituirebbe «applicazione del fondamentale principio della certezza del diritto»46. Una tesi analoga è stata sostenuta dal giudice amministrativo, secondo cui la decadenza esprimerebbe «un’esigenza di certezza del diritto così categorica da essere tutelata indipendentemente dalla possibilità di agire del soggetto interessato»47. In entrambi i casi il principio della certezza del diritto appare impropriamente invocato: l’obiettivo della previsione di un termine di impugnazione a pena di decadenza sembra essere non quello di assicurare la certezza del diritto, bensì quello di garantire la certezza e la stabilità dell’azione amministrativa e delle situazioni giuridiche a essa sottese. Il concetto di certezza del diritto è collegabile, ma non è identificabile con quello di certezza dell’azione amministrativa48. I due concetti – sebbene siano strettamente interconnessi, nella misura in cui la certezza delle regole è funzionale alla stabilità delle decisioni amministrative49 – non collimano. La certezza dell’azione amministrativa e delle situazioni giuridiche a essa sottese (a presidio della quale è posto il citato «principio di inoppugnabilità dei provvedimenti amministrativi») non è sinonimo di certezza del diritto, se quest’ultima è intesa nella classica accezione, vale a dire come prevedibilità della disciplina contenuta nell’atto normativo, ovvero come possibilità di prevedere le conseguenze giuridiche, o la qualificazione giuridica, di determinati atti o fatti50. Come si è osservato in precedenza, la certezza dell’azione amministrativa non può essere identificata soltanto con la sua prevedibilità; essa è invece una certezza che attiene al rapporto giuridico sorto dal provvedimento amministrativo e dipende strettamente dal grado di stabilità (si potrebbe anche dire «resistenza» o «impenetrabilità») di quest’ultimo e degli effetti da esso prodotti51. Sulla certezza dell’azione amministrativa ha una notevole incidenza la tutela giurisdizionale: quest’ultima, per un verso, si pone come ostacolo alla certezza in quanto espone l’atto alle contestazioni dei controinteressati sostanziali52; ma, per altro verso, rappresenta un presidio della stessa certezza in quanto il destinatario dell’atto può contrastare l’eventuale decisione dell’amministrazione di annullare d’ufficio o revocare53.

Invece, la norma giuridica, da cui dipende il grado di certezza del diritto54, si sottrae tendenzialmente allo scrutinio del giudice e il suo annullamento è pertanto una prospettiva remota55. Anche per questa ulteriore ragione appare insoddisfacente la definizione di certezza dell’azione amministrativa esclusivamente in termini di prevedibilità. In buona sostanza, tra i concetti di certezza dell’azione amministrativa e di certezza del diritto un rapporto esiste ed è un rapporto non già di semplice identificazione, ma di strumentalità, nel senso che la certezza del diritto contribuisce a creare i presupposti e le condizioni per un’azione amministrativa certa, da intendersi, nel senso più ampio del termine, come prevedibile e stabile.

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1 Per una compiuta ricostruzione del concetto di certezza dell’azione amministrativa in termini di prevedibilità cfr., per tutti, A. POLICE, Prevedibilità delle scelte e certezza dell’azione amministrativa, in Dir. amm., 1996, p. 697 ss. Su tale concetto si veda altresì lo studio di F. MERUSI, La certezza dell’azione amministrativa fra tempo e spazio, in ID., Sentieri interrotti della legalità, Bologna, 2007, p. 39 ss.

2 Pur nella consapevolezza che la prevedibilità delle scelte amministrative è funzionale alla loro stabilità: è evidente che allorquando si stabiliscono preventivamente i canoni, i parametri e le regole delle decisioni amministrative si favorisce il legittimo affidamento degli amministrati sulla tendenziale stabilità di tali decisioni.

3 Per uno studio sistematico delle principali forme di predeterminazione dell’azione amministrativa, nonché sulle molteplici finalità assolte da queste ultime, si vedano P.M. VIPIANA, L’autolimite della pubblica amministrazione. L’attività amministrativa fra coerenza e flessibilità, Milano, 1990; M. BOMBARDELLI, Decisioni e pubblica Amministrazione. La determinazione procedimentale dell’interesse pubblico, Torino 1996; A. POLICE, La predeterminazione delle decisioni amministrative. Gradualità e trasparenza nell’esercizio del potere discrezionale, Napoli, 1997; F. GOGGIAMANI, La doverosità della pubblica amministrazione, Torino, 2005.

 4 Il che appare alquanto singolare vista la centralità normalmente associata dal legislatore e dalla giurisprudenza al valore della stabilità dell’azione amministrativa. D’altronde, l’amministrato ha l’esigenza di relazionarsi con una pubblica amministrazione «affidabile» che sia messa in grado (e sia in grado) di garantire non solo la ragionevole prevedibilità dei processi decisionali, ma anche la stabilità dei loro effetti.

5 Cfr. R. CHIEPPA, La nullità del provvedimento, in M. A. SANDULLI (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2011, p. 140, secondo il quale il legislatore ha deciso di escludere tra le ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo la violazione di norme imperative, «giudicando tale categoria particolarmente pericolosa rispetto alle esigenze di certezza e di stabilità dell’azione amministrativa»; D. CORLETTO, L’impugnazione degli atti amministrativi regionali innanzi al Giudice amministrativo, in P. CAVALERI, E. GIANFRANCESCO (a cura di), Lineamenti di diritto costituzionale della regione del Veneto, Torino, 2013, p. 469, il quale osserva che il processo amministrativo, sin dalla sua origine, «è stato congegnato in modo da rispettare la fondamentale esigenza della certezza e della stabilità»; F. FRANCARIO, Riesercizio del potere amministrativo e stabilità degli effetti giuridici, in www.federalismi.it, n. 8/2017, che fa riferimento alla «necessità di trovare un nuovo punto di equilibrio tra l’esigenza di assicurare stabilità e certezza dei rapporti giuridici (ne lites fiant pene immortales), garantita appunto dal giudicato, e l’esigenza di assicurare la giustizia sostanziale, garantita dal principio di effettività della tutela giurisdizionale»; in giurisprudenza, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 21 aprile 2020, n. 2540, in www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui, qualora si ammettesse, a fronte di un’istanza di riesame avanzata da un privato, un generalizzato obbligo in capo all’amministrazione di rivalutare un proprio provvedimento anche quando rispetto ad esso siano decorsi i termini per proporre ricorso, «sarebbe vulnerata l’esigenza di certezza e stabilità dei rapporti giuridici e resterebbe lettera morta il regime decadenziale dei termini per impugnare»; Cons. Stato, sez. V, 11 febbraio 2016, n. 610, in Foro amm., 2016, p. 310 ss., secondo cui le regole applicabili al giudizio elettorale sono la sintesi tra l’esigenza di garantire «un ampio accesso alla giustizia mediante l’azione popolare» e quella di assicurare l’interesse pubblico «alla stabilità e certezza del risultato elettorale» (nostri i corsivi).

6 R. VILLATA, M. RAMAJOLI, Il provvedimento amministrativo, Torino, 2017, p. 34. In termini analoghi si esprimono G. SORICELLI, Il tempo quale bene della vita nel procedimento amministrativo e il danno da ritardo: un falso problema?, in www.gazzettaamministrativa.it, 2017, p. 4: «la fissazione del termine “breve” di sessanta giorni per la proposizione dell’azione di annullamento è certamente un elemento di garanzia a presidio della stabilità delle misure amministrative e, quindi, della certezza delle situazioni giuridiche che dialogano con il potere amministrativo»; S. FOÀ, Termine di decadenza e azione risarcitoria per lesione di interessi legittimi. Dubbi di legittimità costituzionale (commento a TAR Piemonte, sez. II, 17 dicembre 2015, n. 1747), in Resp. civ. prev., 2016, p. 606, secondo il quale il termine di decadenza per l’impugnazione del provvedimento davanti al giudice amministrativo è giustificato dalla sussistenza di «oggettive esigenze di stabilità e certezza dei provvedimenti, funzionali al mantenimento della continuità della funzione amministrativa» (nostri i corsivi).

7 M.S. BONOMI, La motivazione dell’atto amministrativo: dalla disciplina generale alle regole speciali, Roma, 2020, pp. 275 e 283. Sul punto, in senso analogo, cfr. A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, Torino, 2018, pp. 251-252: «la previsione di un termine decadenziale, di durata limitata, riflette l’esigenza di certezza nelle situazioni giuridiche, per l’Amministrazione e per i cittadini interessati che possono aver prestato affidamento nel provvedimento in questione. Le ragioni della tutela del cittadino, leso in un suo interesse legittimo da un provvedimento amministrativo, devono conciliarsi con quelle generali e di garanzia dei terzi». Per una profonda riflessione sui limiti temporali a cui è sottoposto l’esercizio dell’azione davanti al giudice amministrativo, nonché sulla discrezionalità di cui gode il legislatore nel fissare tali limiti, cfr. M. RAMAJOLI Riflessioni critiche sulla ragionevolezza della disciplina dei termini per ricorrere nel processo amministrativo, in www.federalismi.it, n. 17/2018, passim, la quale condivisibilmente osserva come all’interno della problematica del termine s’annidi una contrapposizione tra l’esigenza di tutela piena ed effettiva del cittadino e quella di stabilità dei provvedimenti amministrativi (ivi, p. 7); A. MARRA, Termine di decadenza nel processo amministrativo, Milano, 2012, passim, secondo il quale attraverso la disciplina del termine di decadenza occorre «ricercare quel punto di equilibrio che consente da una parte di non immolare la giustizia sull’altare della certezza … e, dall’altra, di non cedere alla tentazione di dare tutto alla giustizia finendo così per scivolare … nell’impossibilità di fare affidamento sulle decisioni dell’amministrazione» (ivi, p. 124).

8 Cons. Stato, sez. IV, 23 ottobre 2010, n. 5902, in Foro amm. C.d.S, 2010, p. 1458. Sul punto, cfr. altresì Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2012, n. 792, in Foro amm. C.d.S., 2012, p. 352, ove si sostiene che le categorie della nullità e dell’annullabilità si presentano nel diritto amministrativo «in relazione invertita rispetto alle omologhe figure valevoli per i negozi giuridici di diritto privato», costituendo la prima l’eccezione rispetto alla seconda, e la ragione di siffatta diversità è stata appunto ravvisata nelle «note esigenze di certezza dell’azione amministrativa».

9 Altri ordinamenti hanno optato per soluzioni differenti: come rileva L. GALLI, I diritti fondamentali e giudice amministrativo, in Dir. proc. amm., 2018, p. 1001, nell’ordinamento francese, ad esempio, nessun termine decadenziale opera in relazione all’azione di accertamento della nullità di un atto amministrativo. In generale, sulla tematica della nullità, cfr. A. BARTOLINI, La nullità del provvedimento amministrativo, Torino, 2002; M. D’ORSOGNA, Il problema della nullità in diritto amministrativo, Milano, 2004; L. MAZZAROLLI, Sulla disciplina della nullità dei provvedimenti amministrativi (art. 21-septies della l. n. 241 del 1990, introdotto con la l. n. 15 del 2005), in Dir. proc. amm., 2006, p. 559 ss.; D. PONTE, La nullità del provvedimento amministrativo. Profili sostanziali e processuali, Milano, 2007; B. GILIBERTI, Profili problematici della nullità del provvedimento amministrativo, in Foro amm. C.d.S., 2007, p. 1657 ss.; A. ROMANO-TASSONE, L’azione di nullità e il giudice amministrativo, in Giustamm.it, n. 7/2007; M. IMMORDINO, M.C. CAVALLARO, La nullità del provvedimento amministrativo tra carenza di potere in astratto e carenza di potere in concreto nella prospettiva dell’art. 21-septies L. 241/1990, in Giustamm.it, n. 9/2007; C. FELIZIANI, Nullità del provvedimento amministrativo ex art. 21 septies, l. n. 241 del 1990 e successive modifiche, in Foro amm. C.d.S., 2008, p. 2740 ss.; N. PAOLANTONIO, voce Nullità dell’atto amministrativo, in Enc. dir., Annali, I, Milano, 2008, p. 855 ss.; F. LUCIANI, L’invalidità e altre anomalie dell’atto amministrativo: inquadramento teorico, in V. CERULLI IRELLI, L. DE LUCIA (a cura di), L’invalidità amministrativa, Torino, 2009, p. 16 ss.; ID., Contributo allo studio del provvedimento amministrativo nullo. Rilevanza ed efficacia, Torino, 2010; F. VETRÒ, L’azione di nullità dinanzi al giudice amministrativo, Napoli, 2012; M.C. CAVALLARO, Gli elementi essenziali del provvedimento amministrativo. Il problema della nullità, Torino, 2012; A. CORPACI, Osservazioni minime sulla nullità del provvedimento amministrativo e sul relativo regime, in Dir. pubbl., 2015, p. 673 ss.; G. MORBIDELLI, Della «triplice» forma di nullità dei provvedimenti amministrativi, in Dir. pubbl., 2015, p. 666 ss.; C.E. GALLO, Questioni attuali sulla nullità del provvedimento amministrativo, in Dir. amm., 2017, p. 43 ss.; R. CAVALLO PERIN, La validità dell’atto amministrativo tra legge, principi e pluralità degli ordinamenti giuridici, in Dir. amm., 2017, p. 637 ss.

10 Come osserva condivisibilmente M. TRIMARCHI, Stabilità del provvedimento e certezze dei mercati, in Dir. amm., 2016, p. 330, «la stabilità si pone in una relazione antitetica rispetto alla contendibilità dell’atto precettivo: maggiori sono gli spazi entro i quali gli atti possono essere contestati dagli interessati, minore è la loro stabilità; e viceversa».

 11 M. TRIMARCHI, Stabilità del provvedimento e certezze dei mercati, cit., p. 330.

12 Cfr., ancora, M. TRIMARCHI, Stabilità del provvedimento e certezze dei mercati, cit., p. 330, il quale sostiene condivisibilmente che «la stabilità è una grandezza di relazione conformata dal diritto positivo».

13 Come osserva in proposito F. FRANCARIO, Riesercizio del potere amministrativo e stabilità degli effetti giuridici, cit., p. 4, «il massimo valore di certezza è assicurato dalla sentenza. Una volta che essa acquista la cd. “forza di giudicato” diviene incontestabile dalle parti e non più modificabile dallo stesso giudice». Di converso, prosegue, l’A., «l’atto amministrativo è quello che offre il minor grado di stabilità della decisione, perché si riconosce all’autorità che l’abbia emanato il potere di tornare sulla decisione presa per assicurarne la legittimità o l’aderenza all’interesse pubblico». Sull’esigenza di rinvenire un equilibrio tra il principio di effettività della tutela giurisdizionale e quello di intangibilità del giudicato in relazione al diritto nazionale e a quello europeo cfr. A. CARBONE, Rapporti tra ordinamenti e rilevanza della CEDU nel diritto amministrativo (a margine della questione dell’intangibilità del giudicato), in Dir. proc. amm., 2016, p. 456 ss.; ID., Revocazione, giudicato amministrativo e diritto europeo, in Studi in memoria di Giuseppe Abbamonte, Napoli, 2018, p. 167 ss.; A SANDULLI, Giudicato amministrativo nazionale e sentenza sovranazionale, in Riv. trim dir. pubbl., 2018, p. 1169 ss.

14 Com’è noto, è assai risalente l’idea che il potere amministrativo, in quanto attribuito per la cura concreta dell’interesse pubblico, non possa estinguersi con l’adozione di un singolo provvedimento, ma debba comunque restare sine die nella disponibilità del soggetto che lo detiene per poter «soccorrere» all’eventuale modifica dell’assetto degli interessi (e dunque provvedere al ritiro o alla modifica delle proprie decisioni). Sul punto, cfr. M.S. GIANNINI, Atto amministrativo, in Enc. dir., VI, Milano, 1959, pp. 187 e 193, ove si sostiene che il provvedimento si caratterizza per la «mutabilità» e si esclude, pertanto, che la nozione di giudicato possa fare ingresso nel diritto amministrativo sostanziale. Sulla controversa questione della inesauribilità del potere – anche alla luce della previsione di un termine massimo per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio (ex art. 6, comma 1, lett. d, della legge 7 agosto 2015 n. 124, su cui più approfonditamente infra) – si rinvia a M. RAMAJOLI, L’annullamento d’ufficio alla ricerca di un punto d’equilibrio, in Riv. giur. urb., 2016, p. 99 ss.; M. TRIMARCHI, L’inesauribilità del potere amministrativo. Profili critici, Napoli, 2018; L. BENVENUTI, L’autotutela amministrativa. Una parabola del concetto, in Dir. e proc. amm., 2020, p. 637 ss.

15 B. SORDI, Il tempo e lo spazio dell’attività amministrativa nella prospettiva storica, in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, Milano, 2003, p. 362.

16 G. CORSO, Manuale di diritto amministrativo, Torino, 2015, p. 308 s. Sarebbe tuttavia improprio sostenere che il potere amministrativo è inesauribile come quello legislativo: è sufficiente un esame superficiale dei principi costituzionali e dei valori sottesi alla legislazione ordinaria sull’attività amministrativa per vedere che la continua adattabilità delle decisioni all’interesse pubblico non è una esigenza assoluta, e in particolare che essa non ha maggior pregio e maggior riconoscimento giuridico del contrapposto interesse alla stabilità del provvedimento (in tal senso, cfr. M. TRIMARCHI, Decisione amministrativa di secondo grado ed esaurimento del potere, in P.A. Persona e Amministrazione, 2017, p. 189).

17 Sui rischi connessi all’instabilità delle decisioni pubbliche si rinvia a A. POLICE, La cooperazione pubblicoprivato nel governo dell’economia e l’instabilità delle decisioni pubbliche, in Nuove auton., 2016, p. 65 ss. e a M. TRIMARCHI, Stabilità del provvedimento e certezze dei mercati, cit., p. 321 ss. 18 In generale, sulla continuità dell’azione amministrativa, cfr. C. LEONE, Il principio di continuità dell’azione amministrativa. Tra operatività dell’organo,inesauribilità del potere e stabilità degli effetti, Milano, 2007; N. PAOLANTONIO, Note sul c.d. principio di continuità nel diritto amministrativo, in Dir. amm., 2011, p. 443 ss.; S. TARULLO, Buone prassi e continuità dell’azione pubblica, in Dir. amm., 2012, p. 669 ss. In argomento, si veda pure M. TRIMARCHI, Decisione amministrativa di secondo grado ed esaurimento del potere, cit., p. 196, secondo il quale il principio di continuità «esprime l’idea che la cura dell’interesse pubblico da parte dei poteri pubblici deve essere costante, non subire interruzioni». Qui si fa riferimento alla continuità funzionale, da tenere distinta, seppure ad essa connessa, rispetto a quella strutturale: su tale distinzione, cfr. R. MARRAMA, Titolari degli organi pubblici e principio di continuità (sul problema della c.d. prorogatio dei poteri), Napoli, 1969, pp. 13-14, il quale, pur ritenendo inattendibili le tesi sull’esistenza di un principio generale di continuità dell’attività pubblica, ne afferma tuttavia l’esistenza con riferimento alla prorogatio ed alla supplenza degli organi pubblici (sottolineano magistralmente l’intima connessione tra organizzazione ed azione amministrativa G. BERTI, La pubblica amministrazione come organizzazione, Padova, 1968; G. MARONGIU, L’attività direttiva nella teoria giuridica dell’organizzazione, Padova, 1989).

19 Sulla correlazione tra il principio di buon andamento e quello di continuità dell’azione amministrativa, cfr. Corte costituzionale, 23 marzo 2007, n. 103, in Comuni d’Italia, 2007, 5, I, p. 78, dove si afferma espressamente che «il principio di continuità dell’azione amministrativa è strettamente correlato a quello di buon andamento dell’azione stessa».

 20 Sui diversi fattori che generano l’instabilità delle decisioni pubbliche si rinvia a A. POLICE, La cooperazione pubblico-privato nel governo dell’economia e l’instabilità delle decisioni pubbliche, cit., p. 65 ss., il quale osserva come tra le principali cause di instabilità delle decisioni pubbliche siano annoverabili il potere della pubblica amministrazione «di cambiare idea», nonché «l’esercizio del sindacato o del controllo giurisdizionale sugli atti dell’autorità» (v. spec. p. 68 ss. e p. 70 ss.). Per un’analisi delle modalità attraverso cui alcuni ordinamenti giuridici tentano di assicurare una condizione di tendenziale stabilità e certezza dei pubblici poteri v. G. FALCON, D. DE PRETIS, (a cura di), Stabilità e contendibilità del provvedimento amministrativo nella prospettiva comparata, Padova, 2011.

21 Come osservano in proposito G. FALCON, D. DE PRETIS, Premessa, in ID. (a cura di), Stabilità e contendibilità, cit., p. 3, «i fattori di instabilità del provvedimento consistono da una parte nella possibile aggressione in sede giurisdizionale da parte dei soggetti lesi, dall’altra nella possibile rimozione di esso da parte della stessa autorità amministrativa».

22 L’art. 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, intitolato «Annullamento d’ufficio», così dispone: «Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico …(corsivo nostro)».

23 La tesi che gli atti illegittimi possono comunque curare in maniera adeguata gli interessi pubblici è da tempo largamente condivisa. Invero, è affermazione ricorrente in giurisprudenza quella secondo cui l’atto di autotutela «deve tenere conto della convenienza amministrativa al nuovo assetto di interessi che necessariamente si determina a seguito dell’annullamento»: così, TAR Napoli, sez. II, 20 gennaio 1998, n. 83, in Foro amm.-TAR, 1998, p. 2549; in termini analoghi, cfr. Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 1997, n. 346, in Foro amm., 1997, p. 1085, secondo cui «l’annullamento d’ufficio di un provvedimento amministrativo è atto discrezionale e consegue a valutazioni che non si limitano alla sola constatazione della difformità dell’atto rispetto alla norma o al principio giuridico che ne costituiscono il parametro di riferimento … specie nel caso in cui il decorso del tempo abbia determinato il consolidamento e la sopravvivenza di circostanze tali da far ritenere più conveniente, per l’interesse pubblico, il mantenimento dell’attuale assetto di interessi». Sulla necessità di contemperare l’interesse generale, da un lato, con quello all’eliminazione dell’atto illegittimo e alla tutela della situazione giuridica fatta valere dal ricorrente, dall’altro, v. Cons. Stato, sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3759, in Guida al diritto, 2010, p. 97: nella fattispecie esaminata i giudici di Palazzo Spada hanno ritenuto che la declaratoria di inefficacia del contratto, avente a oggetto l’affidamento della gestione del centro di accoglienza dei richiedenti asilo, e il subentro del ricorrente nel contratto stesso non fossero conformi «all’interesse della stazione appaltante, né all’interesse generale a garantire la continuità del servizio in corso» (punto 13.1).

24 M. TRIMARCHI, Stabilità del provvedimento e certezze dei mercati, p. 362.

25 A. AZZENA, L’annullamento d’ufficio in senso stretto e l’annullamento in sede di controllo, in L. MAZZAROLLI, G. PERICU, A. ROMANO, F.A. ROVERSI MONACO, F.G. SCOCA (a cura di), Diritto amministrativo, II, Bologna, 1993, p. 1275. La tematica dell’interesse pubblico nell’annullamento d’ufficio è ben presente nella dottrina amministrativistica: cfr. B.G. MATTARELLA, Autotutela amministrativa e principio di legalità, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2007, p. 1223 ss.; A. SCOGNAMIGLIO, Silenzio assenso e «interesse pubblico all’annullamento», in Giorn. dir. amm., 2008, p. 409 ss.; R. PERTICARARI, Annullamento in via di autotutela e interesse pubblico, in Urb. e app., 2010, p. 714 ss.; P. COTZA, Dell’interesse pubblico e di altri «incidenti» nell’annullamento d’ufficio e nella convalida delle fattispecie precettive di diritto amministrativo, Napoli, 2012; E. ZAMPETTI, Note critiche in tema di affidamento e motivazione in re ipsa nell’annullamento d’ufficio, in Riv. giur. ed., 2015, p. 730 ss.; A. CIOFFI, L’interesse pubblico nell’azione amministrativa, in Dir. amm., 2015, p. 797 ss., spec. p. 804 ss.

26 Pertanto si può ribadire che «quando l’amministrazione si determina ad impiegare uno dei poteri di autotutela, ivi compreso il potere di autoannullamento, non si lascia suggerire dal mero intento di ristabilire la legalità (soprattutto formale) dell’azione in precedenza intrapresa … »: così, G. PALMA, Itinerari di diritto amministrativo. Lezioni 1993-1994, Padova, 1996, p. 397.

27 Il giudice è chiamato, così, ad operare «un vero e proprio apprezzamento del miglior bilanciamento fra gli interessi in gioco, come dimostrano fuor da ogni dubbio la potestà di determinare la decorrenza dell’inefficacia (anche retroattivamente) e la potestà di graduare le sanzioni alternative» (L. TORCHIA, Le nuove pronunce nel Codice del processo amministrativo, cit., § 2).

28 Esso, oltre a prevedere un aggravamento dei presupposti processuali per la concessione della tutela cautelare, sancisce la regola secondo cui per tutti i vizi diversi da quelli più gravi, di cui all’art. 121 c.p.a., la sospensione o l’annullamento dell’affidamento non comportano la caducazione del contratto già stipulato, sicché il risarcimento del danno avviene solo per equivalente: questo significa che nel settore delle infrastrutture strategiche, al di fuori dei casi di «gravi violazioni», la conservazione del contratto diviene la regola, l’inefficacia del contratto l’eccezione. La disposizione è stata sottoposta a serrata e acuta critica da M.A. SANDULLI, Il processo amministrativo superaccelerato e i nuovi contratti ricorso-resistenti, in www.federalismi.it, n. 4/2009.

29 G. LEONE, Elementi di diritto processuale amministrativo, Padova, 2017, p. 138.

 30 Alla luce delle considerazioni sopra esposte appare condivisibile quanto sostenuto da M. TRIMARCHI, Stabilità del provvedimento e certezze dei mercati, cit., p. 363, secondo il quale «la stabilità del provvedimento ha ricadute positive sul versante dell’interesse pubblico; da questo punto di vista, certezza e funzione convergono, non sono affatto valori antagonisti».

31 Sul tema della tutela dell’affidamento resta fondamentale il lavoro di F. MERUSI, L’affidamento del cittadino, Milano, 1970 (successivamente il volume è stato ristampato, con una Introduzione dell’autore, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico. Dagli anni ‘Trenta’ all’‘alternanza’, Milano, 2001), il quale concepisce l’affidamento come una particolare applicazione del principio non scritto, di derivazione romanistica, di buona fede. In argomento, si segnalano, altresì, i contributi di F. MANGANARO, Principio di buona fede e attività delle amministrazioni pubbliche, Napoli, 1995; S. ANTONIAZZI, La tutela del legittimo affidamento del privato nei confronti della pubblica amministrazione, Torino, 2005; A. ROMANO TASSONE, Amministrazione pubblica e produzione di «certezza»: problemi attuali e spunti ricostruttivi, in Dir. amm., 2005, p. 867 ss.; M. GIGANTE, Mutamenti nella regolazione dei rapporti giuridici e legittimo affidamento, Milano, 2008; A. GIGLI, Nuove prospettive di tutela del legittimo affidamento nei confronti del potere amministrativo, Napoli, 2016; A. TRAVI, La tutela dell’affidamento del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, in Dir. pubbl., 2018, p. 121 ss.; G. LEONE, Dalla nuova tecnica di sindacato del giudice costituzionale e del giudice amministrativo alla (auspicata) nuova tecnica di redazione degli atti legislativi ed amministrativi in presenza dei princìpi di tutela dell’affidamento e della irretroattività degli atti legislativi ed amministrativi, in Rass. dir. pubbl. eu. (on line), n. 1/2018. Più in particolare, sul rapporto tra stabilità dell’azione amministrativa e legittimo affidamento cfr. M. RAMAJOLI, L’annullamento d’ufficio alla ricerca di un punto di equilibrio, cit., pp. 100- 101, secondo cui «le ragioni più profonde sottostanti all’istanza di stabilità del rapporto giuridico amministrativo sono ravvisabili vuoi nel garantire la sicurezza e la certezza delle relazioni sociali, valori oggettivi determinanti dello Stato di diritto e ineliminabili per un’ordinata convivenza, vuoi nel garantire l’affidamento del privato, ormai divenuto oggetto di un’autonoma pretesa» (§ 1). Quest’ultima A. osserva condivisibilmente come la stabilità del rapporto di durata giovi anche all’altra parte del rapporto stesso, ossia alla pubblica amministrazione: «ciò non solo nel senso che, una volta eliminato o circoscritto l’effetto di precarietà, i privati sono maggiormente disposti ad entrare in relazione con l’amministrazione, con un guadagno per il benessere collettivo. Ma anche nel senso più forte e squisitamente giuridico per cui la legittimazione della pubblica amministrazione passa anche attraverso la stabilità del suo agire, in modo da ingenerare fiducia nelle istituzioni pubbliche» (§ 4). Sulla medesima tematica v., altresì, F. TRIMARCHI BANFI, L’annullamento d’ufficio e l’affidamento del cittadino, in Dir. amm., 2005, p. 843 ss., spec. p. 846 ss.: «il rapporto sicurezza/certezza/affidamento è addirittura costitutivo dell’essenza stessa della statualità, per come concepita (pur nelle sue molteplici manifestazioni) dalla dottrina dello Stato di diritto, sicché ogni attentato alla certezza e all’affidamento si presenta come un attentato allo stesso patto fondativo che ha dato vita allo Stato quale forma giuridico-politica di una comunità di esseri umani».

32 Come emerge dai risultati di una ricerca di vari studiosi di diritto amministrativo comparato sul tema della stabilità del provvedimento, raccolti in G. FALCON, D. DE PRETIS, (a cura di), Stabilità e contendibilità del provvedimento amministrativo nella prospettiva comparata cit., la previsione del termine di 18 mesi per l’annullamento d’ufficio ci allinea alle esperienze di altri Paesi, come la Francia, la Spagna e la Germania, dove da tempo è previsto un temine decadenziale per i provvedimenti di ritiro in via generale.

33 Alla previsione di un termine massimo per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio si è accompagnata in ambito dottrinale l’affermazione della opinabilità del carattere inesauribile del potere. Pur non essendo questa la sede per prendere posizione su un dibattito di così ampia portata, va comunque evidenziato che le disposizioni di cui all’articolo 21-nonies non appaiono da sole idonee a supportare una ricostruzione di taglio generale ed estensivo sul punto: il regime disegnato dalla norma citata, infatti, riguarda ipotesi ben individuate e cioè quelle in cui il provvedimento sia idoneo ad attribuire un vantaggio economico al destinatario; tali casi, per quanto di difficile delimitazione, costituiscono, allo stato attuale, un regime eccezionale rispetto alle ordinarie vicende del potere che, per espressa volontà normativa, continua ad essere esercitabile in tutte le altre ipotesi in cui si renda necessaria la modificazione del regime decisorio precedentemente adottato. Per una sintesi del dibattito in essere, si rinvia retro alla dottrina citata nella nt. 14.

34 Secondo B.G. MATTARELLA, La riforma della pubblica Amministrazione. Il contesto e gli obiettivi della riforma, in Giorn. dir. amm., 2015, p. 621 ss., la ratio dell’attuale articolo 21-nonies della legge n. 241 del 1990 è riconducibile a un intento di tutela del privato dall’incoerenza nel tempo della pubblica amministrazione.

35 R. CAPONIGRO, Il potere amministrativo di autotutela, in www.federalismi.it, n. 23/2017, p. 23.

 36 Cfr., in tal senso, F. FRANCARIO, Riesercizio del potere amministrativo e stabilità degli effetti giuridici, cit. p. 17.

37 M. PROTTO, Il rapporto amministrativo, Milano, 2008, p. 258.

38 Si tratta in particolare dei termini stabiliti dalle seguenti disposizioni della legge n. 241/1990: art. 14-bis, comma 2, lettera c), relativo alle determinazioni delle amministrazioni coinvolte in sede di conferenza di servizi semplificata; art. 17-bis, commi 1 e 3, relativo all’acquisizione di assensi, concerti o nulla-osta comunque denominati, di competenza di altre amministrazioni pubbliche ovvero di gestori di beni o servizi pubblici per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi da parte di una pubblica amministrazione; art. 19, comma 3, in base al quale «l’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa»; art. 20, comma 1, in base al quale nei procedimenti a istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi, esclusi quelli disciplinati dall’art. 19 (SCIA), «il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato, nel termine di cui all’articolo 2, commi 2 o 3, il provvedimento di diniego, ovvero non procede ai sensi del comma 2».

39 Sul significato e la portata del principio di vincolatività degli accordi e del principio pacta sunt servanda, cfr., in particolare, P. SCHLESINGER, Poteri unilaterali di modificazione («ius variandi») del rapporto contrattuale, in Giur. comm., 1992, I, p. 18 ss.; G. DE NOVA, Il contratto ha forza di legge, Milano, 1993, spec. 8 ss.; F. GALGANO, La forza di legge del contratto, in AA.VV., Scritti in onere di R. Sacco, II, Milano, 1994, p. 509 ss.; R. ZIMMERMANN, The Law of Obligations. Roman Foundations of the Civilian Tradition, Oxford-New York, 1996. Più recentemente in argomento, anche per i puntuali richiami dottrinari, cfr. F. PIRAINO, Osservazioni intorno a sopravvenienze e rimedi nei contratti di durata, in Eur. dir. priv., 2019, p. 585 ss. Con specifico riferimento alla figura dei contratti di concessione, ma con implicazioni di carattere più generale, interessanti riflessioni sono svolte sul tema da F. GULLO, Provvedimento e contratto nelle concessioni amministrative, Padova, 1965, p. 294, il quale, muovendo dalle disposizioni dell’art. 1372 c.c., esclude la possibilità di «configurare un contratto che non vincoli le parti senza togliere a tale nozione qualsiasi significato».

40 In generale, per una compiuta ricostruzione della figura del recesso nei contratti iure privatorum, cfr. G. GABRIELLI, Vincolo contrattuale e recesso unilaterale, Milano, 1985; G. DE NOVA, voce Recesso, in Dig. disc. priv., sez. civ., XVI, Torino, 1997, p. 314 ss.; M. COSTANZA, voce Revoca, in Dig. disc. pubbl., sez. civ., XVII, Torino, 1999, p. 443 ss., E. RAVERA, Il recesso, Milano, 2004.

41 Tendono ad ammettere la possibilità di risolvere un contratto per ragioni di interesse collettivo tramite l’esercizio di poteri pubblicistici, indipendentemente da qualsiasi previsione convenzionale, E. BRUTI LIBERATI, Consenso e funzione nei contratti di diritto pubblico. Tra amministrazioni e privati, Milano, 1996, p. 187, il quale considera il recesso come «una particolare configurazione che la potestà di revoca assume quando il potere amministrativo è stato esercitato mediante un accordo anziché in forma unilaterale»; U. ALLEGRETTI, L’imparzialità amministrativa, Padova, 1965, p. 141, a parere del quale il contratto stipulato dalla P.A. rimane «pienamente condizionato dal provvedimento alla cui attuazione è destinato in guisa da manifestarsi quale atto accessorio strumentale o addirittura esecutivo nei confronti di quello».

42 Cfr. le significative riflessioni di A. BARDUSCO, La struttura dei contratti delle pubbliche amministrazioni. Atti amministrativi e negozio di diritto privato, Milano, 1974, p. 227, secondo il quale quando l’amministrazione autorizza la stipulazione di un contratto non agisce come «“parte” del rapporto negoziale col privato, ma in posizione di supremazia rispetto al medesimo».

43 L’efficace espressione è tratta da G. LA ROSA, Lo scioglimento del contratto della pubblica amministrazione: alla ricerca di un punto di equilibrio tra il recesso e la revoca incidente su rapporti negoziali, in Dir. proc. amm., 2012, p. 1477.

 44 Così F. SAITTA, Flessibilità e rigidità dei contratti pubblici: l’autotutela della stazione appaltante tra norme (poche) e prassi, in Dir. econ., 2014, p. 295.

45 Per una trattazione di ampio respiro sugli sviluppi dell’attività contrattuale della P.A. e sul processo di progressiva erosione della sua area di privilegio, non essendo qui possibile citare la vastissima bibliografia esistente, si rinvia A. MOLITERNI, Amministrazione consensuale e diritto privato, Napoli, 2016, p. 2 ss. e alla dottrina ivi richiamata.

46 Il riferimento è all’ordinanza della Corte di Giustizia UE 14 febbraio 2019, C-54/18, a commento della quale sia consentito rinviare a G. TAGLIANETTI, La disciplina dei termini per ricorrere nel rito speciale in materia di contratti pubblici tra certezza e giustizia: considerazioni a margine dell’ordinanza della Corte di giustizia UE, 14 febbraio 2019, C54/18, in Riv. giur. ed., 2019, p. 485 ss.

47 TAR Palermo, sez. I, ordinanza 7 settembre 2011, n. 1628, in Foro amm. TAR, 2011, p. 2879.

48 Sulla necessità di distinguere l’interesse del privato alla conservazione dello stato di cose esistente dall’interesse pubblico alla certezza delle situazioni giuridiche, cfr. F. TRIMARCHI, L’annullamento d’ufficio e l’affidamento del cittadino, in Dir. amm., 2005, p. 843 ss., spec. p. 846 ss.

 49 In questo senso, v. R. FERRARA, L’incertezza delle regole tra indirizzo politico e «funzione definitoria» della giurisprudenza, in Dir. amm., 2014, p. 651 ss., il quale osserva come l’incertezza (sistemica) delle regole sia capace di determinare conseguenze davvero preoccupanti sul piano della sicurezza giuridica e, pertanto, dell’affidamento della persona nei confronti dell’agire dei decisori collettivi pubblici. In argomento, cfr. M.A. SANDULLI, Principio di ragionevolezza delle decisioni giurisdizionali e diritto alla sicurezza giuridica, in www.federalismi.it, n. 14/2018, la quale osserva come in un contesto di regole oggettivamente complesso e poco chiaro l’amministrazione sia maggiormente esposta al rischio di darne un’applicazione errata (p. 4, nota 4); della stessa Autrice, v. pure Ancora sui rischi dell’incertezza delle regole (sostanziali e processuali) e dei ruoli dei pubblici poteri, in www.federalismi.it, n. 11/2018, ove si rileva che «l’incertezza delle regole processuali assume contorni particolarmente gravi quando investe le condizioni dell’azione» (p. 3). Più in particolare, sull’importanza della certezza del diritto in funzione di relazioni economiche stabili, cfr. E. ALLORIO, La certezza del diritto dell’economia, in Dir. econ., 1956, p. 1212; M. WEBER, Economia e società, IV vol., Milano, 1995 (v., in part. p. 472: «ciò che occorre al capitalismo è un diritto che possa venir calcolato al pari di una macchina»); N. BASSI, Principio di legalità e principio di certezza del diritto a confronto nella regolazione amministrativa dei servizi economici generali, in E. BRUTI LIBERATI, F. DONATI (a cura di), La regolazione dei servizi di interesse economico generale, Torino, 2010, p. 157 ss.; M. CLARICH, La sicurezza economica?, in Dir. e proc. amm., 2013, p. 333 ss.; N. IRTI, Capitalismo e calcolabilità giuridica (letture e riflessioni), in Riv. soc., 2015, p. 801 ss.; ID., Un diritto incalcolabile, in Riv. dir. civ., 2015, p. 11 ss.; M. TRIMARCHI, Stabilità del provvedimento e certezze dei mercati, in Dir. amm., 2016, p. 321 ss. (v., in part., p. 324, ove si sostiene che «la certezza delle regole è … una precondizione per il pieno esercizio delle libertà economiche»).

50 Per una ricostruzione del concetto di certezza del diritto che rimanda al concetto di prevedibilità cfr., ex pluribus, M. CORSALE, La certezza del diritto, Milano, 1970; ID., Certezza del diritto e crisi di legittimità, Milano, 1979 (ristampa di La certezza del diritto, 1970, con nuovo saggio introduttivo); A. PIZZORUSSO, Certezza del diritto, in Enc. giur., VI, 1988, Roma, ad vocem; S. BERTEA, Certezza del diritto e argomentazione giuridica, Soveria Mannelli, 2002; G. GOMEZ, La certezza giuridica come prevedibilità, Torino, 2002; G. ALPA, La certezza del diritto nell’età dell’incertezza, Napoli, 2006; più recentemente, cfr., anche per gli ulteriori richiami dottrinali, C. CARIA, Certezza del diritto e prevedibilità. Una riflessione sul tema, in Diritto@Storia, n. 14/2016; L. LONGHI, Certezza del diritto e diritto vivente, in www.federalismi.it, n. 5/2018. Per un’approfondita ed esaustiva analisi delle cause dell’incertezza del diritto, oltre alle opere già menzionate, cfr. G. TROPEA, (In)certezza del diritto e Stato giurisdizionale: il caso dell’abuso del diritto e del processo, in Dir. proc. amm., 2017, p. 1063 ss.; F. MANGANARO, Cenni sulla (in)certezza del diritto, in Dir. proc. amm., 2019, p. 297 ss. La qualificazione della certezza come mito – proveniente da N. BOBBIO, La certezza del diritto è un mito?, in Riv. int. fil. dir., 1951, p. 146 ss. – è oggi condivisa più o meno unanimemente dalla dottrina.

51 Sul punto cfr. M. RAMAJOLI, Riflessioni critiche sulla ragionevolezza della disciplina dei termini per ricorrere nel processo amministrativo, in www.federalismi.it, n. 17/2018, che, richiamando a sua volta L. TORCHIA, Lontano dal giuspositivismo: incertezza, sicurezza, fiducia, in Giorn. dir. amm., 2017, p. 171 ss., identifica il diritto alla certezza dei rapporti giuridici nella pretesa in capo al singolo ricostruibile in termini di fiducia nei confronti dell’azione amministrativa, in una sorta di tranquillità giuridica da assicurare a ciascun individuo.

52 È al proposito interessante riportare quanto rilevano G. FALCON, D. DE PRETIS, Premessa, in ID. (a cura di), Stabilità e contendibilità, cit., pp. 3-4 in un’ottica comparatistica: «Quanto all’“aggredibilità” dall’esterno, se non ovunque il principio di giustiziabilità gode di protezione costituzionale, l’area di possibile sottrazione di provvedimenti alla sindacabilità tende chiaramente a restringersi anche in Paesi – come la Cina – sino a pochi anni fa lontani dalla tradizione dello Stato di diritto, con conseguente espansione dell’area di potenziale “instabilità” del provvedimento».

53 Per un’approfondita analisi della revoca e dell’annullamento d’ufficio, cfr. R. ALESSI, La revoca degli atti amministrativi, Milano, 1956; F. BENVENUTI, Autotutela (diritto amministrativo), in Enc. dir., IV, Milano, 1959, p. 539 ss.; S. STAMMATI, La revoca degli atti amministrativi. Struttura e limiti: linee dell’evoluzione, con una parentesi sull’annullamento d’ufficio, in AA.VV., Studi in memoria di Vittorio Bachelet, Milano, 1987, II – Amministrazione e garanzie, p. 597 ss.; G. CORAGGIO, Autotutela, in Enc. giur., Roma, 1988, IV, ad vocem; F. PAPARELLA, Revoca (dir. amm.), in Enc. dir., XL, Milano, 1989, p. 204 ss.; P. SALVATORE, Revoca degli atti, III) Revoca degli atti amministrativi, in Enc. giur., XXVII, Roma, 1991, ad vocem; A. CONTIERI, Il riesame del provvedimento amministrativo, Napoli, 1991; G. GHETTI, Brevi note intorno alla revoca dell’atto amministrativo, in AA.VV., Scritti in memoria di Aldo Piras, Milano 1996, p. 302 ss.; A. CORPACI, Ritiro e rimozione del provvedimento amministrativo, in Dig. disc. pubbl., XIII, Torino, 1997, p. 472 ss.; M. IMMORDINO, Revoca degli atti amministrativi e tutela dell’affidamento, Torino, 1999; S. VASTA, La revoca degli atti amministrativi consensuali, Padova, 2004; S. TARULLO, Il riesercizio del potere amministrativo nella l. n. 15 del 2005: profili problematici, in G. CLEMENTE DI SAN LUCA (a cura di), La nuova disciplina dell’attività amministrativa dopo la riforma della legge sul procedimento, Torino, 2005, p. 237 ss.; M. SINISI, Il “potere” di revoca, in Dir. amm., 2007, p. 625 ss.; G. LIGUGNANA, Vecchie e nuove questioni in tema di revoca del provvedimento amministrativo, in www.giustamm.it, 2006; M. RENNA, Il regime delle obbligazioni nascenti dall’accordo amministrativo, in Dir. amm., 2010, p. 27 ss.; S. FANTINI, La revoca dei provvedimenti incidenti su atti negoziali, in Dir. proc. amm., 2009, p. 1 ss.; C. VITALE, La revoca degli atti di gara: discrezionalità e dovere di diligenza della pubblica amministrazione, in Giorn. dir. amm., 2012, p. 493 ss.; A LUPO, Premesse per uno studio sulla revoca degli atti amministrativi, Milano, 2013; G. CATALDO SALERNO, La revoca dei provvedimenti amministrativi ed i principi della funzione, Torino, 2014; A. GUALDANI, Verso una nuova unitarietà della revoca e dell’annullamento d’ufficio, Torino, 2016; S. TUCCILLO, Autotutela: potere doveroso?, in www.federalismi.it, n. 16/2016; C. DEODATO, Il potere amministrativo di riesame per vizi originari di legittimità, in www.giustizia-amministrativa.it, 2017.

54 Secondo la Corte di giustizia europea, la certezza del diritto implica prima di tutto che le norme siano chiare e precise, cosicché tutti i destinatari di esse – anche i meno attrezzati da un punto di vista giuridico – siano in grado di intenderne il contenuto essenziale, comprendendo quali siano i loro diritti e i loro doveri (così Corte di giustizia, 5 luglio 2012, causa C-318/10, Société d’investissement pour l’agriculture tropicale SA c. Belgio).

55 M. TRIMARCHI, Stabilità del provvedimento e certezze dei mercati, cit., p. 329.,

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