L’articolo pubblicato il 22 gennaio dal titolo “Segretari, il galleggiamento riparte dall’entrata in vigore del contratto” a firma Tiziano Grandelli e Mirco Zamberlan, solleva alcune perplessità non tanto per il merito che esso tratta (l’irretroattività del galleggiamento quale emerge dai contenuti del parere Aran e per cui saranno valutate le azioni da intraprendere ) ma per i dubbi che pone a conclusione dell’analisi della vicenda .
Gli autori dell’articolo si chiedono “cosa ne è della quota di retribuzione di posizione conglobata nello stipendio” e, subito dopo, “se questa resta nella disponibilità del segretario realizzandosi in tal modo un cospicuo incremento del galleggiamento stesso”
Ma dove sarà finita la quota di retribuzione di posizione conglobata nello stipendio se non nello stipendio stesso?
Artificioso poi il calcolo riportato nell’articolo per dimostrare questo “cospicuo incremento del galleggiamento”, in quanto somma la differenza tra le posizioni in modo errato. È evidente infatti che se aumenta la retribuzione di posizione del segretario, si riduce la forbice del galleggiamento, e quindi se la massima retribuzione di posizione di un dirigente fosse di € 45.000, il segretario, pur con gli incrementi della propria retribuzione di posizione, non potrà superare quella soglia.
Le domande da porsi sono semmai altre a fronte di questi complessi calcoli , e cioè se abbia un senso che le retribuzione di posizione dei segretari sia cosi distante negli importi da quella degli altri dirigenti e addirittura delle posizioni organizzative, imponendo calcoli astrusi per giungere ad un necessario livellamento.
Quando poi ci si chiede perché manchino i segretari e perché ci sia in atto una fuga dalla categoria, arginata al momento solo dai dinieghi imposti dall’Albo Nazionale dei Segretari, la risposta potrebbe essere così evidente da risultare tragicamente scontata.
