01/02/2021 – Consiglio di Stato. la perentorietà dei termini nei procedimenti sanzionatori delle Autorità

 

Una società erogatrice di gas, ricorre al Consiglio di Stato (584/2021), dopo avere ricevuto un’ispezione dell’ARERA (Autorità di regolazione per l’energia e per le reti) e la conseguente comminazione di sanzioni, chiedendo l’annullamento per provvedimento sanzionatorio, tra l’altro, per mancato rispetto dei termini di notificazione.

Secondo l’art. 45, comma 5 e 6, d.lgs. n. 93 del 2011: “5. Ai procedimenti sanzionatori dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas non si applica l’articolo 26 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Per i procedimenti medesimi, il termine per la notifica degli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica, di cui all’articolo 14, comma 2, della legge 24 novembre 1981, n. 689, è di centottanta giorni.

6. L’Autorità per l’energia elettrica e il gas disciplina, con proprio regolamento, nel rispetto della legislazione vigente in materia, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i procedimenti sanzionatori di sua competenza, in modo da assicurare agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio in forma scritta e orale, la verbalizzazione e la separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie. Il regolamento disciplina altresì le modalità procedurali per la valutazione degli impegni di cui al comma 3 del presente articolo, nonché, i casi in cui, con l’accordo dell’impresa destinataria dell’atto di avvio del procedimento sanzionatorio, possono essere adottate modalità procedurali semplificate di irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie”.

L’Autorità ha adottato il detto regolamento con deliberazione del 14 giugno 2012 n. 243/2012/E/com. La disciplina in questione chiarisce, tra l’altro, che: “…il decreto legislativo 93/11 prevede che l’Autorità disciplini il procedimento sanzionatorio in modo da assicurare agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio in forma scritta e orale, la verbalizzazione e la separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie;

• la disciplina dei procedimenti sanzionatori ha carattere speciale rispetto alla disciplina generale dei procedimenti individuali dell’Autorità dettata dal d.P.R 244/2001, nonché alla disciplina generale in materia di sanzioni amministrative, di cui alla legge 689/81 e in materia di procedimento amministrativo, di cui alla legge 241/90;

• il decreto legislativo prevede che il termine per la notifica degli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica, di cui all’art. 14, comma 2, della legge 689/81, sia di 180 giorni…”.

In ragione di ciò la deliberazione generale, da un lato, prende atto che il termine per la notifica degli estremi della violazione agli interessati residenti nel territorio della Repubblica è fissato dal comma 5 dell’art. 45, del d.lgs. n. 93 del 2011, che come visto prevede il termine di 180 giorni; dall’altro ritiene non opportuno fissare in via generale nel presente regolamento il termine massimo di conclusione del procedimento. Ciò in considerazione della eterogeneità delle violazioni, della diversità degli elementi di volta in volta raccolti in fase preistruttoria a fondamento delle contestazioni e della conseguente diversa complessità dei procedimenti sanzionatori volti ad accertare le violazioni; l’Autorità valuta, quindi, che la sede migliore per fissare il termine massimo di conclusione del procedimento sia la singola e specifica delibera di avvio, in quanto solo in essa è possibile rapportare la durata del procedimento alla sua complessità. Nella premessa della delibera generale l’Autorità considera come ordinatori i termini del procedimento sanzionatorio.

Accade, dunque, nella fattispecie che la deliberazione del 13 marzo 2014, n. 102/2014/S/GAS, fissi in 180 giorni dalla notifica della deliberazione in questione il termine di durata dell’istruttoria e in 90 giorni da quest’ultimo il termine per l’adozione del provvedimento finale.

In fatto non può che rilevarsi che l’amministrazione appellata ha adottato il provvedimento sanzionatorio ben al di là (oltre i millequattrocento giorni) del complessivo termine di 270 giorni, indicato dalla stessa Autorità appellata quale termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio.

Pertanto, dalla qualificazione della natura giuridica del termine, se perentorio oppure ordinatorio, per l’adozione del provvedimento sanzionatorio finale, dipende la fondatezza o meno della censura.

Secondo una prima tesi: “In tema di provvedimenti sanzionatori emessi dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, va osservato come nessuna disposizione di legge stabilisca una perentorietà dei termini di conclusione del procedimento, di guisa che sarebbe arbitrario, in quanto sfornito di base di legge, sostenere che lo spirare del termine fissato da AEEG nell’avvio del procedimento determinerebbe ipso iure l’illegittimità del provvedimento tardivamente adottato”.

Pertanto, il termine di conclusione del procedimento sanzionatorio, ove non diversamente previsto dalla legge, non sarebbe perentorio, ma soltanto ordinatorio. Tale conclusione è fondata sul rilievo che la perentorietà di un termine procedimentale, incidendo direttamente sulle situazioni degli interessati, potrebbe inferirsi soltanto da un’esplicita previsione legislativa, che espressamente correli al superamento di un dato termine un effetto decadenziale, di guisa che sarebbe arbitrario, in quanto sfornito di base legislativa, sostenere che lo spirare del termine fissato nell’avvio del procedimento determinerebbe ipso iure l’illegittimità del provvedimento tardivamente adottato.

Secondo tale prospettiva, il mancato rispetto dei termini, come tali fissati da regolamenti o da delibere generali dell’Autorità indipendente, avrebbero valenza soltanto ordinatoria, potendosi in tale caso dare rilievo soltanto a una “lunghezza eccessiva” del tempo impiegato, secondo il caso concreto.

Pertanto, il provvedimento intervenuto all’indomani dello spirare del termine di conclusione del procedimento non sarebbe illegittimo, purché intervenuto nel termine prescrizionale di cinque anni previsto dall’art. 28 della legge n. 689 del 1981.

In senso opposto si rinviene un filone giurisprudenziale, che esprime la seguente massima: “In materia di sanzioni amministrative, il termine fissato per l’adozione del provvedimento finale ha natura perentoria, a prescindere da una espressa qualificazione in tali termini nella legge o nel regolamento che lo preveda”.

Questo orientamento conclude per la natura perentoria del termine de quo, a prescindere da una espressa qualificazione in tal senso nella legge o nel regolamento che lo preveda, attesa la stretta correlazione sussistente tra il rispetto di quel termine e l’effettività del diritto di difesa dell’incolpato, avente come è noto protezione costituzionale (nel combinato disposto degli articoli 24 e 97 Cost.), oltre che per la esigenza di certezza dei rapporti giuridici e delle posizioni soggettive.

L’affermazione secondo la quale la natura perentoria del termine di conclusione del procedimento deve essere accompagnata da un’esplicita previsione legislativa in tal senso nella sua rigidità, da un lato, presuppone che il legislatore possa disporre in via esclusiva di valori di rilievo costituzionale o convenzionale al punto di rimetterla ad un’espressa previsione. Dall’altro, porterebbe a concludere che anche qualora il legislatore costruisca una disciplina che premia la necessità del rispetto del termine di conclusione del procedimento in termini di normazione sostanziale, la mancanza di una locuzione esplicita ponga nel nulla l’impianto complessivo della disciplina. Infine, vedrebbe sminuito il ruolo dell’interprete, avallando un approccio esegetico, cieco rispetto all’ìmperante pluralismo normativo delle fonti nazionali e sovranazionali. È noto, infatti, al contrario come la ricerca di un non semplice equilibrio tra le fonti multilivello in ogni campo dell’amministrazione ha accresciuto, e non diminuito, l’importanza del momento interpretativo.

In una parola, non è escluso che la esigenza di fissazione di termini perentori a pena di decadenza possa essere soddisfatta, nel rispetto del principio di legalità sostanziale, da atti normativi secondari o generali a ciò autorizzati o al limite anche in sede di avvio del procedimento, con una autolimitazione della successiva attività.

Tanto premesso, deve ritenersi che il termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio promosso dall’Autorità appellata ha natura perentoria, sicché il suo superamento inficia il provvedimento sanzionatorio impugnato, con ciò che ne consegue in termini di illegittimità dello stesso.

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