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 Estensione dello spoil system con conseguente maggiore precarizzazione della dirigenza e suo assoggettamento alla politica.

Anche la riforma della pubblica amministrazione finalizzata all’attuazione del Recovery Plan non sfugge ad una sorta di regola non scritta, che guida ininterrottamente da decenni ogni progetto di modifica della pubblica amministrazione: allargare le maglie dello spoil system. L’ultimo tentativo, per altro fallito, in questo senso si era avuto con la riforma Madia, fortunatamente fermata dalla sentenza della Corte costituzionale 251/2016.

Adesso è il turno del Governo Draghi e del Ministro della Funzione Pubblica Brunetta, che pare intenzionato a riproporre la stesa ricetta, sia pure con un impatto molto meno forte rispetto all’ipotesi di riforma dell’epoca Madia.

Una bozza del disegno di riforma dedicata agli incarichi dirigenziali evidenzia l’intento di insistere sull’allargamento dell’ingresso nella PA di dirigenti “a contratto”cooptati senza concorso.

In primo luogo, la bozza prevede che “le percentuali fissate dall’articolo 19, comma6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono innalzate al 20 per cento”.

Si tratta delle percentuali di dirigenti a tempo determinato che è possibile assumere in rapporto alla quantità di dirigenti presente nella dotazione organica. Attualmente, gli incarichi a contratto sono possibili entro l’8% dei dirigenti di prima fascia ed il 20% dei dirigenti di seconda fascia. La riforma proposta giunge a più che raddoppiare il reclutamento dall’esterno. E’ da ricordare che negli enti locali da anni i dirigenti a contratto possono essere reclutati nella percentuale ancor più elevata del 30%.

Ancora più impattante, però, è la successiva previsione. La bozza prevede che “con riferimento ai requisiti di particolare e comprovata qualificazione professionale di cui al terzo periodo del citato comma 6 dell’articolo 19, si prescinde dalla valutazione sulla preventiva non rinvenibilità nei ruoli dell’amministrazione nelle ipotesi in cui l’interessato abbia svolto attività dirigenziali o comunque di particolare e comprovata qualificazione in enti pubblici e privati nonché in organismi ed enti internazionali, dell’Unione europea o esteri”.

Si tratta di una previsione assai singolare e discutibile. Attualmente, l’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001 subordina il reclutamento dei dirigenti a contratto proprio all’esigenza di fare fronte all’attuale carenza di professionalità all’interno dell’organizzazione. Di conseguenza, obbliga le amministrazioni a motivare la scelta di avvalersi di dirigenza a contratto proprio sulla base della preventiva dimostrazione dell’inesistenza di competenze interne.

In sostanza, a giustificare il ricorso a dirigenti esterni è, attualmente, l’evidenziazione di un’esigenza oggettiva di carattere organizzativo. La proposta, invece, punta a consentire la chiamata di dirigenti a contratto su basi sostanzialmente soggettive: se si ha a disposizione una persona che abbia già svolto attività dirigenziali o disponga di un’alta professionalità (che, come sempre, la norma non aiuta a capire come dimostrare), la si può assumere prescindendo sia dalla valutazione preventiva che nell’ambito dell’amministrazione esista già un dirigente dotato delle necessarie competenze, sia, conseguentemente, della necessità oggettiva dell’assunzione del dirigente a contratto.

Indirettamente, quindi, la norma consente agli organi di governo di assumere a contratto in modo da creare nella sostanza una struttura dirigenziale parallela vera e propria, non giustificata dalla necessità di coprire carenze di competenze, bensì da elementi sostanzialmente arbitrari e insuscettibili di qualsiasi controllo.

Il rischio che la tentazione consista nel circondarsi di dirigenti selezionati per vicinanza politica o per disarcionare dirigenti di ruolo considerati scomodi risulterebbe ancora maggiore del rischio già oggi molto presente. 

Inoltre, il riferimento alla possibilità di chiamare dirigenti a contratto senza dover esporre particolari motivazioni e basandosi sulla mera circostanza che in passato il dirigente abbia svolto già funzioni dirigenziali, potenzialmente si presenta come una sorta di mega “stabilizzazione”, per quanto a termine, di funzionari che nel corso degli anni sono stati assunti come dirigenti a contratto, spesso in assenza della particolare professionalità richiesta dall’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001.

 

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