Print Friendly, PDF & Email

Tar Lazio, sentenza n. 9421 del 30 agosto 2021

Deve rilevarsi che, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, espresso da ultimo dal Consiglio di Stato nella sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 16/2020, in tema di pregressi illeciti professionali e di connessi obblighi dichiarativi valgono i seguenti principi:

– la falsità di informazioni rese al riguardo dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

– in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo;

– alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico;

– la lettera f-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c) [ora c-bis)] della medesima disposizione.

Di conseguenza l’operatore è tenuto a fornire una rappresentazione quanto più dettagliata possibile delle proprie pregresse vicende professionali in cui, per varie ragioni, è stata contestata una condotta contraria a norma o, comunque, si è verificata la rottura del rapporto di fiducia con altre stazioni appaltanti (Cons. Stato, sez. III, 9 dicembre 2020, n.7831; 4 marzo 2020, n. 1603; nn. 1174/2020, 3331/2019; id., sez. V, nn. 70/2020, 1644/2019; 1649/2019; sez. V, 12 aprile 2019, n. 2407; Consiglio di Stato, sez. V, 4 febbraio 2019, n. 827).

La giurisprudenza ha quindi affermato che i concorrenti sono tenuti a rendere una dichiarazione omnicomprensiva, segnalando tutte le vicende afferenti la propria attività professionale, e ha concluso per l’illegittimità di tali inadempimenti dichiarativi.

Tuttavia, con riferimento al potere di annotazione dell’Anac, l’art. 213, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016 devono ritenersi rilevanti esclusivamente le condotte espressamente previste dalla norma, ovvero l’omissione di informazioni richieste e le false dichiarazioni.

In tal senso è stato evidenziato dalla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, con orientamento espresso anche dall’ordinanza cautelare resa dal giudice di appello nel presente giudizio, che di tale disposizione deve essere prescelta un’interpretazione restrittiva, in quanto la segnalazione comporta l’apertura di un procedimento finalizzato all’applicazione della misura interdittiva dalla partecipazione alle pubbliche gare, con effetti general-preventivi pregiudizievoli anche più di quelli prodotti da una sanzione vera e propria (Cons. Stato, sez. V, 20.1.2021, n. 630; Cons. Stato, V, 23 luglio 2018, n. 4427).

Nella fattispecie, la ricorrente ha senz’altro omesso di fornire alla stazione appaltante delle informazioni che avrebbero influenzato le decisioni della stazione appaltante in merito all’aggiudicazione della gara, ma non ha letteralmente rifiutato informazioni al riguardo richieste, né positivamente reso dichiarazioni false, con la conseguenza che, aderendo all’interpretazione restrittiva della disposizione, non avrebbe potuto essere applicata la fattispecie sanzionatoria di cui all’art. 213 comma 13 del d.lgs. 50/2016.

Torna in alto