10/09/2021 – Dichiarazioni non veritiere dell’ausiliaria ed esclusione del concorrente: la Corte di Giustizia boccia ogni automatismo.

Sommario: 1. Contratti pubblici e istituti proconcorrenziali di matrice comunitaria. 2. L’avvalimento e la sua ratio. 3. Le ripercussioni delle scorrettezze dell’ausiliaria sulla posizione della concorrente: possono le dichiarazioni non veritiere rese dall’ausiliaria determinare l’esclusione del concorrente ausiliato? La questione pregiudiziale sollevata dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia (Cons. Stato, III Sez., ord. 2005/2020). 4. La soluzione della Corte di Giustizia (CGUE, Nona Sezione, 3 giugno 2021).

 

  1. Contratti pubblici e istituti proconcorrenziali di matrice comunitaria.

La materia dell’evidenza pubblica, nel nostro ordinamento, è stata protagonista di una importante trasformazione, negli ultimi anni, per effetto dell’incidenza del diritto dell’Unione Europea.

Infatti, se originariamente la legislazione nazionale mirava a tutelare le risorse pubbliche, nell’ottica di massimizzarne l’utilizzo, con il minore dispendio, così rimanendo soltanto in secondo piano la tutela dell’impresa, oggi, invece, si è assistito ad un ribaltamento delle priorità di tutela.

L’attuale contesto socio-normativo vede il diritto eurounitario come strumento per la realizzazione della politica del mercato unico europeo: il perseguimento di tale obiettivo è garantito dalle libertà economiche, quali, ad esempio, la libera circolazione delle imprese e la libertà di stabilimento.

In particolare, le libertà economiche riconosciute dal diritto dell’Unione Europea, possono essere attivate solo nel rispetto del principio di concorrenza: la possibilità di competere in condizioni concorrenziali, nel rispetto della par condicio, su qualsiasi mercato, a prescindere dalla nazionalità.

Il diritto eurounitario si occupa di tutti gli strumenti, contrattuali e non, attraverso i quali l’Amministrazione offre possibilità di guadagno per i privati.

Allora, quando la P.a. offre sul mercato occasioni di guadagno, devono essere rispettati i principi fondamentali che si desumono dai Trattati dell’Unione Europea: trasparenza, pubblicità, imparzialità, libera concorrenza, proporzionalità.

In sostanza, è premura del diritto eurounitario tutelare le imprese: i principali beneficiari della legislazione eurounitaria sono gli operatori economici. La tutela della libertà di impresa è strumentale all’obiettivo di realizzare il mercato comune.

Ora, per favorire la concorrenza, occorre anche favorire la massima partecipazione alla gara: ecco la funzione degli istituti c.d. proconcorrenziali, di matrice eurounitaria.

Infatti, attraverso essi si vuole offrire la possibilità alle piccole e medie imprese di partecipare alla gara in forma aggregata, sì da competere con le grandi imprese.

Fra gli istituti proconcorrenziali si conta l’avvalimento.

 

  1. L’avvalimento e la sua ratio.

L’avvalimento è l’istituto proconcorrenziale che consente ad un’impresa di avvalersi dei requisiti di un soggetto che non partecipa alla gara: soltanto il soggetto ausiliato partecipa alla gara, e non anche l’impresa ausiliaria, che si limita a mettere a disposizione le risorse richieste.

Dunque, la ratio dell’avvalimento è quella di consentire alle piccole e medie imprese che non avrebbero certi requisiti per la partecipazione alla gara, di acquisirli, attraverso la messa a disposizione da parte di un’impresa ausiliaria.

Così, le piccole e medie imprese possono assumere la qualifica di partecipanti alla gara.

 

  1. Le ripercussioni delle scorrettezze dell’ausiliaria sulla posizione della concorrente: possono le dichiarazioni non veritiere rese dall’ausiliaria determinare l’esclusione del concorrente ausiliato? La questione pregiudiziale sollevata dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia (Cons. Stato, III Sez., ord. 2005/2020).

La Terza Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2005 del 2020[1] ha rimesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale della compatibilità con il diritto europeo della normativa interna in materia di avvalimento e cause di esclusione, nella parte in cui prevede che, in caso di dichiarazioni non veritiere rese dall’impresa ausiliaria riguardanti la sussistenza di condanne penali passate in giudicato, potenzialmente idonee a dimostrare la commissione di un grave illecito processionale, la stazione appaltante deve sempre escludere l’operatore economico concorrente in gara, senza imporgli o consentirgli di indicare un’altra impresa ausiliaria idonea, in sostituzione della prima.

Il Consiglio di Stato rimettente, in particolare, ha sottolineato come la giurisprudenza nazionale, ormai consolidata, ritiene che in forza del combinato disposto degli artt. 80, comma 5, lettera f-bis, e 89, comma 1, del codice dei contratti pubblici, d.lgs. 50/2016, in caso di avvalimento, la dichiarazione mendace presentata dall’impresa ausiliaria comporta l’esclusione dalla procedura di gara dell’operatore economico che si è avvalso della sua capacità per integrare i prescritti requisiti di partecipazione.

Ancora, nell’ipotesi di dichiarazione mendace o di attestazione non veritiera dell’impresa ausiliaria sul possesso dei requisiti ex art. 80, l’art. 89, comma 3, non è applicabile e, quindi, l’operatore economico non può sostituire l’impresa ausiliaria.

Il Consiglio di Stato ritiene, infatti, che l’art. 89 prevede espressamente l’esclusione del concorrente in caso di dichiarazioni mendaci provenienti dall’impresa di cui egli si avvale.

La sostituzione dell’impresa ausiliaria è consentita solo nelle altre ipotesi in cui risultano mancanti i pertinenti requisiti di partecipazione.

Il collegio rimettente, analizzando la disciplina del diritto dell’Unione europea, rileva che la disciplina eurounitaria dell’avvalimento è contenuta nell’art. 63 (Affidamento sulle capacità di altri soggetti) della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici.

Con questa previsione, secondo la Terza Sezione si vuole consentire la più ampia partecipazione alla gara degli operatori economici privi dei prescritti requisiti, mediante forme di collaborazione con altre imprese ausiliarie. Al tempo stesso la norma intende assicurare che l’esecuzione delle prestazioni sia svolta da soggetti effettivamente in possesso di adeguata capacità e moralità.

A questa duplice esigenza risponde la possibilità di sostituire l’impresa ausiliaria che non soddisfi i requisiti o nei cui confronti sussista una causa di esclusione.

Come osserva il Consiglio di Stato, la perentorietà della formula legislativa europea fa assurgere la stazione appaltante a garante del favor partecipationis, “imponendole” di consentire la sostituzione dell’ausiliario e, quindi, sollecitandola ad attivarsi per garantire la celere conclusione del contratto e la sua esecuzione, a guisa di tutrice del buon andamento e dell’efficienza della procedura di evidenza pubblica.

In particolare, la disciplina della direttiva sviluppa i principi concorrenziali espressi dagli artt. 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

Fra i motivi del rinvio pregiudiziale, la Terza Sezione del Consiglio di Stato rileva che il raffronto tra le disposizioni nazionali in materia di avvalimento e il diritto dell’Unione europea induce a dubitare che l’art. 89, comma 1, quarto periodo, del codice dei contratti pubblici si ponga in contrasto con i principi e le regole di cui all’art. 63 della direttiva 2014/24/UE e risulti incompatibile con i principi concorrenziali di cui agli articoli 49 e 56 del TFUE.

L’art. 89, comma 1, del codice n. 50/2016, nel prevedere l’esclusione del concorrente in conseguenza delle dichiarazioni mendaci dell’impresa di cui egli si avvale, preclude la sostituzione dell’impresa ausiliaria, ovvero il ricorso al rimedio correttivo, che, invece, il comma 3 stabilisce per tutti i rimanenti motivi obbligatori di esclusione.

La differenza di disciplina potrebbe essere giustificata, nell’ottica del diritto interno, dalla esigenza di sanzionare coloro che si sono resi responsabili di dichiarazioni mendaci, o dolosamente reticenti, responsabilizzando l’operatore economico in ordine alla genuinità delle attestazioni compiute dall’impresa ausiliaria.

Tuttavia, l’art. 63 della direttiva non contiene alcuna distinzione di disciplina e, al contrario, impone la sostituzione dell’impresa ausiliaria in tutte le ipotesi in cui sussistano in capo alla stessa motivi obbligatori di esclusione.

L’art. 89, comma 3, consente al concorrente la sostituzione dell’impresa ausiliaria anche nell’ambito del rapporto tra imprese scaturito dalla stipulazione di un contratto di avvalimento ed anche nella fase precedente l’esecuzione del contratto.

La sostituzione dell’ausiliaria durante la procedura – in deroga al principio dell’immodificabilità soggettiva del concorrente nel corso della procedura (nonché di coloro di cui intende avvalersi e, per questa via, della stessa offerta) – risponde all’esigenza, stimata superiore, di evitare l’esclusione dell’operatore per ragioni a lui non direttamente riconducibili e, in questo modo, sia pure indirettamente, di stimolare il ricorso all’avvalimento: il concorrente, infatti, può far conto sul fatto che, nel caso in cui l’ausiliaria non presenti i requisiti prescritti, potrà procedere alla sua sostituzione e non sarà, solo per questa circostanza, estromesso automaticamente dalla procedura selettiva.

Secondo il Consiglio di Stato, prevedendo l’esclusione automatica del concorrente, senza consentire la sostituzione dell’impresa ausiliaria che abbia reso una dichiarazione non veritiera, la normativa nazionale si potrebbe porre in contrasto con il suddetto obiettivo di apertura alla concorrenza e confliggere con il disposto della direttiva, il quale non contempla eccezioni al meccanismo generalizzato della sostituzione, nemmeno nei casi in cui esse potrebbero astrattamente giustificarsi con la finalità di responsabilizzare gli operatori economici in ordine alla genuinità e correttezza delle dichiarazioni svolte dalle imprese di cui si avvalgono.

Ed, infatti, non può ragionevolmente sostenersi che solo nella fattispecie della dichiarazione mendace l’operatore economico disponga di una capacità di prevenzione e di controllo dei requisiti dichiarati dall’impresa ausiliaria, tale da renderlo motivatamente corresponsabile dell’attestazione inveritiera resa da quest’ultima.

Il concorrente ausiliato è parte del contratto di avvalimento e, non disponendo di speciali poteri di verifica circa l’attendibilità delle credenziali della controparte, non può che affidarsi alle dichiarazioni o alla documentazione da quest’ultima fornitegli.

In definitiva, secondo il Consiglio di Stato, all’operatore concorrente non può richiedersi una diligenza maggiore di quella richiesta ad un comune operatore negoziale, poiché nulla autorizza a ritenere il contrario.

Dunque, in base alle argomentazioni svolte nei motivi del rinvio, la Terza Sezione del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 2005/2021, ha formulato il seguente quesito interpretativo:

Se l’articolo 63 della direttiva 2014/24 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, relativo all’istituto dell’avvalimento, unitamente ai principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi, di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), osti all’applicazione della normativa nazionale italiana in materia di avvalimento e di esclusione dalle procedure di affidamento, contenuta nell’articolo 89, comma 1, quarto periodo, del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, secondo la quale nel caso di dichiarazioni non veritiere rese dall’impresa ausiliaria riguardanti la sussistenza di condanne penali passate in giudicato, potenzialmente idonee a dimostrare la commissione di un grave illecito professionale, la stazione appaltante deve sempre escludere l’operatore economico concorrente in gara, senza imporgli o consentirgli di indicare un’altra impresa ausiliaria idonea, in sostituzione della prima, come stabilito, invece nelle altre ipotesi in cui i soggetti della cui capacità l’operatore economico intende avvalersi non soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali sussistono motivi obbligatori di esclusione”.

  1. La soluzione della Corte di Giustizia (CGUE, Nona Sezione, 3 giugno 2021).

La Corte di Giustizia, con la pronuncia del 3 giugno 2021[2], sulla questione pregiudiziale sollevata dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato, perimetra i limiti dell’esclusione automatica dell’offerente per l’ipotesi della presentazione di una falsa dichiarazione dell’ausiliaria.

Secondo la Corte, infatti, le decisioni dell’amministrazione aggiudicatrice devono essere adottate secondo il canone della proporzionalità, senza perdere di vista le regole di parità di trattamento e di tutela di una concorrenza sana ed efficace tra le imprese e devono, altresì, tenere conto degli strumenti in concreto a disposizione dell’offerente per verificare la condotta dell’ausiliaria.

La Corte di Giustizia, sulla questione pregiudiziale, ha rilevato, in via preliminare, che una normativa nazionale che preveda l’esclusione automatica di un offerente nel caso in cui un soggetto sulle cui capacità tale offerente intende fare affidamento abbia trasmesso informazioni false, potrebbe violare il principio di non discriminazione, dal momento che la sostituzione di un siffatto soggetto è ammessa quando quest’ultimo non soddisfa un pertinente criterio di selezione o se sussistono nei suoi confronti motivi obbligatori di esclusione.

Sulla questione sollevata dal Consiglio di Stato, la Corte di Giustizia rammenta che l’articolo 63, paragrafo 1, della direttiva 2014/24 prevede il diritto per un operatore economico di fare affidamento, per un determinato appalto, sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi, al fine di soddisfare sia i criteri relativi alla capacità economica e finanziaria stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 3, di tale direttiva sia i criteri relativi alle capacità tecniche e professionali, stabiliti a norma dell’articolo 58, paragrafo 4, di detta direttiva.

Ancora, si rileva che l’operatore economico che intende avvalersi di tale diritto deve, in forza dell’articolo 59, paragrafo 1, secondo e terzo comma, della direttiva 2014/24, letto alla luce del considerando 84, terzo comma, di quest’ultima, trasmettere all’amministrazione aggiudicatrice, al momento della presentazione della sua domanda di partecipazione o della sua offerta, un DGUE con cui tale operatore afferma che tanto il medesimo quanto i soggetti sui quali intende fare affidamento non si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 57 di tale direttiva che deve o può comportare l’esclusione di un operatore economico.

Spetta quindi, in forza dell’articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2014/24, all’amministrazione aggiudicatrice verificare, da un lato, conformemente agli articoli da 59 a 61 di quest’ultima, se i soggetti sulle cui capacità l’operatore economico intende fare affidamento soddisfino i pertinenti criteri di selezione e, dall’altro, se sussistano motivi di esclusione, ai sensi dell’articolo 57 di tale direttiva, riguardanti tanto tale medesimo operatore economico quanto tali soggetti.

Ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, terza frase, della direttiva 2014/24, l’amministrazione aggiudicatrice può imporre o essere obbligata dallo Stato membro cui appartiene a imporre che l’operatore economico interessato sostituisca il soggetto sulla cui capacità esso intende fare affidamento, ma nei confronti del quale sussistono motivi di esclusione non obbligatori.

La Corte di Giustizia osserva, in primo luogo, come l’obiettivo dell’articolo 57 della direttiva 2014/24, che è anche quello perseguito dall’articolo 63 della stessa, è quello di consentire all’amministrazione aggiudicatrice di garantire l’integrità e l’affidabilità di ciascuno degli offerenti e, di conseguenza, la mancata cessazione del rapporto di fiducia con l’operatore economico interessato.

In secondo luogo, si osserva che la pertinenza, alla luce del principio di proporzionalità, dell’interpretazione dell’articolo 63, paragrafo 1, secondo comma, terza frase, della direttiva 2014/24 risulta altresì dal considerando 101, terzo comma, di tale direttiva, ai sensi del quale, nell’applicare motivi di esclusione facoltativi, le amministrazioni aggiudicatrici devono prestare particolare attenzione a tale principio.

La Corte di Giustizia richiede che tale attenzione debba essere ancora più elevata qualora l’esclusione prevista dalla normativa nazionale colpisca l’offerente non per una violazione ad esso imputabile, bensì per una violazione commessa da un soggetto sulle cui capacità egli intende fare affidamento e nei confronti del quale non dispone di alcun potere di controllo.

Il principio di proporzionalità impone, infatti, all’amministrazione aggiudicatrice di effettuare una valutazione specifica e concreta dell’atteggiamento del soggetto interessato, sulla base di tutti gli elementi pertinenti.

La Corte di Giustizia evidenzia come l’amministrazione aggiudicatrice debba tener conto dei mezzi di cui l’offerente disponeva per verificare l’esistenza di una violazione in capo al soggetto sulle cui capacità intendeva fare affidamento.

Infatti, l’obbligo per l’amministrazione aggiudicatrice di rispettare il principio di parità di trattamento degli offerenti, che ha lo scopo di favorire lo sviluppo di una concorrenza sana ed efficace tra le imprese che partecipano ad un appalto pubblico e che rientra nell’essenza stessa delle norme di diritto dell’Unione in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici implica, in particolare, che gli offerenti devono trovarsi su un piano di parità sia al momento in cui preparano le loro offerte sia al momento in cui queste sono valutate da tale amministrazione aggiudicatrice.

Alla luce delle argomentazioni svolte, la Corte di giustizia ha dichiarato che “l’articolo 63 della direttiva 2014/24, in combinato disposto con l’articolo 57, paragrafo 4, lettera h), di tale direttiva e alla luce del principio di proporzionalità, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale in forza della quale l’amministrazione aggiudicatrice deve automaticamente escludere un offerente da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico qualora un’impresa ausiliaria, sulle cui capacità esso intende fare affidamento, abbia reso una dichiarazione non veritiera quanto all’esistenza di condanne penali passate in giudicato, senza poter imporre o quantomeno permettere, in siffatta ipotesi, a tale offerente di sostituire detto soggetto”.

 

 [1] In giustizia-amministrativa.it

[2] Causa C-210/20, ECLI identifier: ECLI:EU:C:2021:445, in https://eur-lex.europa.eu

 

 

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