08/09/2021 – Concetto di “opzione zero” nella valutazione ambientale strategica. Pronuncia del Consiglio di Stato.

La nozione di “opzione zero” assume un’accezione diversa in materia di V.I.A., con riferimento alla quale è espressamente declinata dal legislatore nazionale (art. 22, comma 3, lett. d), del d.lgs. n. 152/2006) e di V.A.S., per la quale il contenuto dell’Allegato I alla Direttiva 2001/42/CE, laddove prevede (lettera b) che tra le indicazioni a corredo figuri la «evoluzione probabile [del contesto ambientale] senza l’attuazione del piano o del programma», è stato testualmente riprodotto nell’allegato VI alla Parte II del T.u.a., concernente i contenuti del rapporto ambientale di cui all’art. 13 del decreto. Trattandosi di atti di pianificazione territoriale di fatto l’ “opzione zero” è esclusa dalla scelta della loro adozione. La Direttiva 2001/42/CE prevede infatti che, una volta individuati gli opportuni indicatori ambientali, debbano essere valutate e previste sia la situazione attuale (scenario di riferimento), sia la situazione ambientale derivante dall’applicazione del Piano in fase di predisposizione, sia le «ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma» (art. 5, comma 1).

Ha chiarito la Sezione che la Direttiva 2001/42/CE prevede che, una volta individuati gli opportuni indicatori ambientali, devono essere valutate e previste sia la situazione attuale (scenario di riferimento), sia la situazione ambientale derivante dall’applicazione del Piano in fase di predisposizione, sia le “ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma” (art. 5, comma 1). Il testo non dice cosa debba intendersi per “ragionevole alternativa” a un piano o a un programma. È evidente dunque che la prima considerazione necessaria per decidere in merito alle possibili alternative ragionevoli deve tenere conto degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma. Non essendo chiarito se si intendano piani o programmi alternativi, o alternative diverse all’interno di un piano o di un programma, è plausibile accedere ad entrambe le ipotesi ermeneutiche. Come chiarito anche dalla Direzione generale dell’Ambiente della Commissione europea in un documento esplicativo destinato “ad aiutare gli Stati membri, gli Stati candidati e i Paesi in via di adesione a capire pienamente gli obblighi contenuti nella direttiva e ad assisterli nel recepimento nel diritto nazionale e, altrettanto importante, a creare o a migliorare le procedure che daranno effetto agli obblighi giuridici”, con specifico riferimento ai piani per la destinazione dei suoli o di quelli per la pianificazione territoriale “le alternative ovvie sono usi diversi di aree designate ad attività o scopi specifici, nonché aree alternative per tali attività”. Sicché nel caso di specie l’appellante non può pretendere che l’alternativa al PGT si identifichi nella sua mancata adozione. 

Consiglio di Stato, Sez. II, sent. del 1 settembre 2021, n. 6152

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