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La disciplina tariffaria della distribuzione del gas naturale trova il proprio fondamento non solo nella l. 14 novembre 1995, n. 481, che si applica al mercato del gas tutto, ma anche nel d.lgs. n. 164 del 2000, che disciplina unicamente il settore del gas naturale.

Il contesto normativo, che connota il settore dei gas diversi, impone un’applicazione più rigida del principio della “cost reflectivity” (ossia dell’orientamento a riflettere i costi effettivi dell’energia fornita) della tariffa, non giustificando attenuazioni analoghe a quelle introdotte nel settore del gas naturale” .

Ha chiarito la Sezione che la struttura tariffaria per la distribuzione di gas diversi dal naturale a mezzo di reti canalizzate, pur ricalcando in parte quella del servizio di distribuzione del gas naturale quanto alle modalità di determinazione dei vincoli ai ricavi ammessi, alla composizione del capitale investito riconosciuto a fini regolatori, nonché alla determinazione del valore delle immobilizzazioni nette, alla remunerazione del capitale investito e dell’ammortamento, se ne differenzia – in coerenza alla predetta diversità di attività – dal momento che non prevede un sistema fondato su tariffa di riferimento, tariffa obbligatoria e meccanismi di perequazione, ma soltanto sulla tariffa di riferimento fissata per ciascuna impresa distributrice e su un’opzione tariffaria, anch’essa stabilita per singola impresa distributrice, eventualmente differenziata su base regionale.

In proposito, la tariffa di riferimento è composta da una componente a copertura della remunerazione del capitale investito e degli ammortamenti relativi a immobilizzazioni centralizzate, una componente a copertura della remunerazione del capitale investito e degli ammortamenti relativi alle immobilizzazioni materiali di località, nonché di una componente a copertura dei costi operativi relativi al servizio di distribuzione. Ai sensi del successivo articolo 86 della RTDG 2010-2012, ciascuna impresa distributrice applica, in modo non discriminatorio, opzioni tariffarie compatibili con quelle approvate dall’Autorità a copertura dei costi relativi ai servizi di distribuzione e misura. In particolare, le imprese di distribuzione devono differenziare le opzioni tariffarie per ambito gas diversi, da intendersi, ai sensi dell’articolo 1, come “l’ambito di determinazione delle opzioni tariffarie per il servizio di distribuzione di gas diversi dal gas naturale formato dall’insieme delle località gas diversi appartenenti alla medesima regione e servite dalla medesima impresa distributrice”.

Ad avviso della Sezione le attività di distribuzione e vendita dei gas diversi possono essere svolte, dunque, in modo integrato. A differenza di quanto previsto per i mercati dell’energia elettrica e del gas naturale, l’attività di vendita dei gas diversi non è stata liberalizzata, né sono previsti obblighi di accesso di terzi per il gestore della rete. Nei settori dell’energia elettrica e del gas naturale, al contrario, vige un principio di imparzialità nella gestione dell’infrastruttura che impone che il gestore della rete non possa esercitare le attività a monte e a valle della filiera e che, nel caso in cui faccia parte di un’impresa verticalmente integrata, rispetti stringenti obblighi di separazione. Anche alla luce di tanto, è evidente come l’Autorità legittimamente abbia ritenuto che non vi fossero i presupposti giuridici oltre che economici per accogliere l’istanza con cui l’odierna ricorrente ha chiesto che il meccanismo di perequazione tariffaria fosse esteso anche alle reti di distribuzione del gas diverso dal naturale.

In definitiva, va condiviso la conclusione per cui il diverso contesto normativo, che connota il settore dei gas diversi, impone un’applicazione più rigida del principio della “cost reflectivity” (ossia dell’orientamento a riflettere i costi effettivi dell’energia fornita ) della tariffa, non giustificando attenuazioni analoghe a quelle introdotte nel settore del gas naturale”; tale principio in sostanza richiede che gli utenti finali paghino il servizio sulla base dei costi effettivamente sostenuti dal singolo operatore che li serve, con ciò escludendo i meccanismi di perequazione tariffaria tra utenti finali forniti da operatori diversi che comportano, al contrario, una “socializzazione” dei costi in capo anche a soggetti che non hanno fruito del servizio di quel singolo operatore.

Consiglio di Stato, sez. VI, sent. del 28 settembre 2021, n. 6534

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