29/11/2021 – Sequestro cantiere per variazioni essenziali: cosa dice la Cassazione

La Suprema Corte spiega la differenza sostanziale tra varianti e variazioni essenziali e cosa fare per non ricorrere in sanzioni penali.

Variante e variazione essenziale: c’è una differenza sostanziale tra le due situazioni e in mezzo c’è il permesso di costruire. Lo spiega molto bene la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37946/2021, a seguito del ricorso presentato contro il sequestro preventivo di un cantiere dovuto alla realizzazione di opere in difformità dal titolo abilitativo rilasciato per la loro esecuzione: vediamone i dettagli.

Nel caso in esame, il G.I.P. aveva provveduto al sequestro di un cantiere edile, ai sensi dell’art. 44 lett. b) del D.P.R. n. 380/2001, dove era in corso di realizzazione un fabbricato in difformità dal titolo abilitativo, costituito da un permesso di costruire che prevedeva demolizione e ricostruzione di un fabbricato con ampliamento tramite la realizzazione di tre piani. La parte indagata si era giustificata facendo presente che iniziati i lavori, era stata scoperta una falda acquifera più prossima del previsto al terreno, per cui l’impostazione delle fondazioni del fabbricato era stata leggermente modificata, riservandosi di presentare una SCIA entro la conclusione dei lavori ai sensi dell’art. 22 comma 2 del d.P.R. n. 380/2001, trattandosi di modifiche non essenziali.

Non solo: secondo la parte ricorrente, anche i calcoli relativi alle altezze contestate sarebbero stati sbagliati perché il calcolo doveva essere fatto dal piano di campagna e non partendo dal punto più basso esterno al lotto di proprietà, e quindi l’aumento in altezza sarebbe stato inferiore al limite del 10% previsto dall’art. 17 comma 1 lett. d) della legge regionale n. 15 del 2008. Di qui la conclusione secondo cui, in base agli artt. 32 del d.P.R. n. 380/2001 e 17 della legge regionale n. 15/2008, l’altezza attuale del fabbricato non avrebbe dato luogo a una variazione essenziale.

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso in ogni sua parte, precisando innanzitutto che, in materia urbanistica, la nozione di variazione essenziale dal permesso di costruire, ex art. 32 del d.P.R. n. 380/2001 costituisce una tipologia di abuso intermedia tra la difformità totale e quella parziale, sanzionata dall’art. 44, lett. a), del d.P.R. n. 380 del 2001, esistendo in particolare tre tipologie di varianti:

  1. le cd. “varianti leggere o minori“, quelle che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia e sono tali da non alterare la sagoma dell’edificio (nonché rispettose delle prescrizioni eventualmente contenute nel permesso a costruire), per cui sono assoggettate alla mera denuncia di inizio dell’attività da presentarsi prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori;
  2. le varianti in senso proprio, consistenti in modificazioni qualitative o quantitative, seppure di consistenza non rilevante rispetto al progetto approvato (che non comportano cioè un sostanziale e radicale mutamento), le quali necessitano del rilascio del cd. “permesso in variante“, complementare e accessorio rispetto all’originario permesso a costruire;
  3. le cd. “varianti essenziali“, caratterizzate da “incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio originario rispetto ai parametri indicati dal D.P.R. n. 380/2001, art. 32”, le quali sono perciò soggette al rilascio di un permesso a costruire nuovo e autonomo rispetto a quello originario in osservanza delle disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante.

Nel caso in esame è chiaro che si tratti di variazioni essenziali: in particolare, l’aumento di altezza dell’edificio sarebbe stato superiore al 10% consentito dalla normativa, perché l’altezza va misurata rispetto a un piano di campagna con riguardo a tutti i lati della costruzione e il parametro di riferimento è sempre costituito dall’originario piano di campagna, cioè dal livello naturale di terreno di sedime, e non dalla quota del terreno sistemato a seguito dell’intervento edilizio o di uno sbancato a esso funzionale.

Di qui la conclusione corretta per cui l’edificio in costruzione presentava variazioni essenziali rispetto al progetto assentito con il permesso di costruire. Ciò significa che la situazione, caratterizzata dalla realizzazione di abusi edilizi non eseguiti in difformità “totale” o eseguiti in variazione essenziale rispetto al titolo abilitativo, integra il reato ex art. 44, comma 1, lett. b), del d.P.R. n. 380/2001.

Il ricorso quindi è stato respinto in ogni sua parte, confermando il sequestro preventivo del fabbricato, anche in ordine alla tutela del territorio e della sicurezza pubblica per un edificio costruito in difformità da quanto autorizzato.

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