23/11/2021 – Whistleblower licenziato non tutelabile se non si tratta di ritorsione. L’Anac è intervenuta in due distinte segnalazioni

Il dipendente pubblico che segnala presunte condotte illecite (whistleblower) e che viene licenziato per ragioni estranee alla segnalazione non è tutelabile. L’accertata assenza del carattere ritorsivo del trasferimento d’ufficio del dipendente, o del licenziamento successivo, fanno decadere ogni presupposto per comminare sanzioni nei confronti dell’amministrazione.

È quanto ha stabilito Anac intervenendo in due distinti procedimenti, riguardanti due enti diversi, accomunati però dal medesimo principio: la segnalazione di illeciti non salvaguardia da trasferimenti d’ufficio, o da licenziamenti, se le ragioni sono estranee alla segnalazione e quindi vi è assenza di ritorsività.

Il presunto intento discriminatorio

In uno dei due casi presi in esame da Anac, il whistleblower aveva segnalato ai Carabinieri presunti illeciti commessi dall’ente presso cui lavorava. Successivamente a detta segnalazione, l’ente ha avviato quattro procedimenti disciplinari nei confronti del dipendente, di cui uno culminato con la destituzione. Il segnalante ha ritenuto tale provvedimento pretestuoso e causato dalla segnalazione di fatti illeciti di truffa. In realtà, però, le garanzie previste dal decreto legislativo 165/2001 a favore del whistleblower, in questo caso non scattano perché non è stato appurato alcun intento discriminatorio o punitivo da parte dell’amministrazione. Infatti, le misure organizzative intraprese nei confronti del dipendente sono state adottate anche nei confronti di altri dipendenti. Come pure il medesimo comportamento contestato al dipendente era stato tenuto anche precedentemente alla segnalazione dei presunti illeciti. Pertanto Anac non ha comminato alcuna sanzione nei confronti della pubblica amministrazione presso cui lavorava il dipendente.

 

 

 

 

 

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