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Da considerarsi legittimo il diniego di accesso da remoto, mediante password, opposto da un comune a un consigliere comunale poiché il diniego non inficia la qualità del diritto dei consiglieri comunali, né può considerarsi un reale impedimento per l’espletamento del munus pubblico

(in tema TAR Campania n. 5507 del 24/11/2020). Deve essere tenuta, inoltre, in adeguata considerazione anche l’esigenza di riservatezza dei dati di soggetti terzi che nulla hanno a che vedere con le esigenze connesse all’espletamento del mandato dei consiglieri comunali.

E’ possibile, infatti, che molti atti che vengono “veicolati” attraverso il protocollo comunale, anche se resi disponibili in forma di mera sintesi, possono rendere immediatamente consultabili “dati”, anche personalissimi, che non possono considerarsi in alcun modo attratti nella sfera di necessaria conoscenza e/o conoscibilità che deve essere assicurata ai consiglieri comunali, sì da rendere, conseguentemente, ingiustificato il “trattamento” che in tal modo verrebbe effettuato, peraltro in assenza delle necessarie garanzie, essendo palese che il “segreto” cui sono tenuti i consiglieri comunali ai sensi dell’art. 43, comma 2, ultimo periodo del d.lgs. cit. nulla ha a che vedere con le garanzie che devono, per l’appunto, presidiare il trattamento dei dati personali.

 In via esemplificativa e non esaustiva, tali dati possono essere contenuti nelle comunicazioni riguardanti annotazioni sugli atti di anagrafe, nelle richieste e/o comunicazioni riguardanti la cessione del quinto dello stipendio, negli atti provenienti da altre PP.AA. relativi a indagini in corso, nelle istanze e/o negli atti relativi alla fruizione degli istituti previsti e disciplinati dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 (sul punto TAR Friuli-Venezia Giulia n. 253/2020).

Tar Lazio-Latina, sez. I sentenza n. 587 del 26 ottobre 2021

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