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Consiglio di Stato, Sez. III, 10/5/2021 n. 3682

La previsione dell’ordinamento italiano di forme di motivazione aggravata per supportare gli affidamenti in house muove da un orientamento di sfavore verso gli affidamenti diretti in regìme di delegazione interorganica.

L’istituto dell’affidamento in house, alla stregua della piana lettura dell’art. 192, c. 2, del d.lgs. n. 50/2016, si pone in posizione subalterna rispetto all’affidamento del servizio stesso mediante gara pubblica per essere imposto all’amministrazione aggiudicatrice che a quello intenda ricorrere un onere motivazionale rafforzato. Come recentemente statuito “l’art. 192, comma 2, del Codice degli appalti pubblici (d. lgs. n. 50 del 2016) impone che l’affidamento in house di servizi disponibili sul mercato sia assoggettato a una duplice condizione, che non è richiesta per le altre forme di affidamento dei medesimi servizi (con particolare riguardo alla messa a gara con appalti pubblici e alle forme di cooperazione orizzontale fra amministrazioni): a) la prima condizione consiste nell’obbligo di motivare le condizioni che hanno comportato l’esclusione del ricorso al mercato. Tale condizione muove dal ritenuto carattere secondario e residuale dell’affidamento in house, che appare poter essere legittimamente disposto soltanto in caso di, sostanzialmente, dimostrato ‘fallimento del mercato’ rilevante a causa di prevedibili mancanze in ordine a “gli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”, cui la società in house invece supplirebbe; b) la seconda condizione consiste nell’obbligo di indicare, a quegli stessi propositi, gli specifici benefìci per la collettività connessi all’opzione per l’affidamento in house (dimostrazione che non è invece necessario fornire in caso di altre forme di affidamento – con particolare riguardo all’affidamento tramite gare di appalto -). Anche qui la previsione dell’ordinamento italiano di forme di motivazione aggravata per supportare gli affidamenti in house muove da un orientamento di sfavore verso gli affidamenti diretti in regìme di delegazione interorganica, relegandoli ad un ambito subordinato ed eccezionale rispetto alla previa ipotesi di competizione mediante gara tra imprese”. Resta, al contempo, evidente che la tecnica di redazione privilegiata dall’Amministrazione non può dirsi soggetta ad una metodica rigida e vincolante essendo sufficiente che la trama argomentativa compendiata nella relativa statuizione dia adeguatamente conto dell’aderenza della scelta compiuta alle coordinate sopra richiamate. Inoltre, i sospetti di incostituzionalità (perché introdotta, tra l’altro, in asserita violazione del divieto di cd. gold plating), e di incompatibilità comunitaria sono stati di recente fugati, sul fronte costituzionale, dalla sentenza del giudice delle leggi n. 100 del 27 maggio 2020 e, sul versante europeo, da ultimo, dalla sentenza della Corte di Giustizia UE, Sez. IX, 6 febbraio 2020 nelle cause riunite nn. C-89/19 e C-91/19

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