17/05/2021 – L’offerta economicamente più vantaggiosa prevale sull’equo compenso nell’appalto di servizi legali. Pronuncia del TAR Lombardia.

Osserva il Collegio che imporre alle pubbliche amministrazioni l’applicazione di parametri minimi rigidi e inderogabili, anche in assenza della predisposizione unilaterale dei compensi e di un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista, comporterebbe un’irragionevole compressione della discrezionalità delle stesse nell’affidamento dei servizi legali, in assenza delle condizioni di non discriminazione, di necessità e di proporzionalità che giustificano l’introduzione di requisiti restrittivi della libera concorrenza ( Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza 23 novembre 2017, nelle cause C-427/2016 e C-428/2016).

La stessa giurisprudenza di questo Tribunale, invocata dal ricorrente a sostegno della propria tesi difensiva, conferma l’interpretazione restrittiva della garanzia del principio dell’equo compenso imposta alle pubbliche amministrazioni.

Con l’ordinanza cautelare del 20 dicembre 2019, n. 1720, e con la successiva sentenza del 17 giugno 2020, n. 1084, il Tribunale ha infatti affermato la violazione del principio dell’equo compenso in una fattispecie in cui, nella lex specialis di una procedura per l’affidamento di servizi legali, un comune aveva imposto ai concorrenti un corrispettivo fisso indipendentemente dal numero dei contenziosi oggetto dell’incarico professionale.

La giurisprudenza amministrativa ha affermato altresì la violazione del principio dell’equo compenso da parte delle pubbliche amministrazioni nelle fattispecie in cui le stesse abbiano fissato nella lex specialis un compenso in misura fissa per la prestazione di servizi legali, quali, ad esempio, un compenso pari a zero per le cause di valore inferiore ad una determinata soglia (T.a.r. Campania, Napoli, Sez. I, ordinanza 25 ottobre 2018, n. 1541) o un compenso forfettario annuo non proporzionale alla quantità e alla qualità del lavoro prestato (T.a.r. Marche, 9 dicembre 2019, n. 761).

La tesi del ricorrente, per cui le pubbliche amministrazioni sarebbero tenute sempre e comunque a corrispondere al professionista incaricato di un servizio legale un compenso non inferiore al minimo dei parametri stabiliti dal decreto ministeriale, anche ove il compenso non sia imposto unilateralmente o non si ravvisi un significativo squilibrio contrattuale a carico del professionista, non può dunque essere accolta.

La disciplina dell’equo compenso è rivolta a tutelare la posizione del professionista debole e non l’indipendenza, la dignità e il decoro della categoria professionale, la quale si realizza attraverso il rispetto dei precetti contenuti nel codice deontologico, che impongono al professionista di non offrire la propria prestazione in cambio di compensi lesivi della dignità e del decoro professionale, nel rispetto dei principi della corretta e leale concorrenza (articolo 9, comma 1, del Codice deontologico forense) e dei doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi (articolo 19 del codice deontologico forense).

TAR Lombardia, Sez. I, sent. del 29 aprile 2021, n. 1071

 

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto