01/07/2021 – La Commissione Speciale del Consiglio di Stato si esprime sullo scioglimento dei Consigli comunali ai sensi dell’art. 141, d.lgs. n. 267 del 2000.

Nella fattispecie prevista dall’art. 141, comma 1, lett. b), n. 4), del T.U.O.E.L., l’impossibilità per il Consiglio comunale, in prima convocazione, di raggiungere il quorum previsto dal proprio regolamento per la validità della riunione sussistendo – almeno in astratto – il quorum strutturale per la validità della riunione in seconda convocazione, non configura un’ipotesi dissolutoria del consiglio medesimo.

 

Ha chiarito la Commissione speciale che la tesi in base alla quale l’immediata efficacia della ipotesi dissolutoria, nel caso in cui non sia possibile realizzare le condizioni per la valida costituzione del collegio in prima convocazione, è espressione dell’autonomia dell’ente non è condivisibile. Infatti, il Ministero, partendo dalla lettura in chiave autonomistica, giunge a conclusioni che determinerebbero lo scioglimento del consiglio comunale e che non risultano espressione, a loro volta, dell’autonomia dell’organo rappresentativo, costituendone la causa di scioglimento. Diverso sarebbe il caso (meramente ipotetico) in cui, nella propria autonomia, il regolamento consiliare – cui, come si è visto, spetta disciplinare il funzionamento dell’organo in base all’art. 38, comma 2, T.U.O.E.L. – qualificasse espressamente, in sintonia con lo Statuto comunale, quale causa impeditiva del normale funzionamento l’impossibilità di raggiungere il quorum strutturale previsto in prima convocazione. Altrimenti, non si può che convenire – in adesione a quanto sostenuto dalla Sezione III, n. 2273 del 2021 e, prima, dalla Sezione V, n. 640 del 2006 – sul fatto che la seconda convocazione di un organo collegiale ha lo scopo di ridurre il quorum ​strutturale necessario per la validità delle deliberazioni, per evitare, in base ad un principio di efficienza dell’organo medesimo, la paralisi di questo. Sono fondamentalmente irrilevanti le ragioni per le quali non si è potuta tenere l’adunanza in prima convocazione, qualunque ne possa essere la ragione. La tesi contraria, che ha trovato consistenti riscontri giurisprudenziali in passato e che è volta a riconoscere un favor per le riunioni in prima convocazione per ragioni di maggiore rappresentatività, indurrebbe a ritenere insita nel sistema la necessità che, affinché il Consiglio possa continuare ad operare senza essere sciolto, esso debba garantire quantomeno in astratto (con la presenza del relativo numero minimo legale) la valida costituzione dell’assemblea in prima convocazione. Tale tesi, tuttavia, non riesce a esplicitare le ragioni per cui la rappresentatività, considerata il canone di riferimento, possa essere affievolita e l’organo possa comunque procedere con i quorum più ridotti stabiliti dai regolamenti consiliari, nel rispetto della soglia minima di un terzo prevista dall’art. 38, comma 2, T.U.O.E.L., nei casi in cui in astratto sia possibile garantire il più elevato quorum in prima convocazione. Non convince tale tesi anche (ma non solo) perché le operazioni in questione investono proprio il ripristino della composizione del consiglio nella sua consistenza stabilita dalla legge. Inoltre, occorre considerare un ulteriore profilo: la surroga del consigliere dimissionario costituisce un atto dovuto e, in quanto tale, non può essere impedita o venire a mancare per effetto di manovre dilatorie e ostruzionistiche in seno al Consiglio comunale che paralizzino il regolare svolgimento della vita democratica dell’ente locale e il funzionamento dei suoi organi elettivi, conducendo addirittura al suo scioglimento in ipotesi estreme, come quella in esame. A ben vedere, la seconda convocazione di un collegio deliberante ha lo scopo di ridurre il quorum strutturale necessario per la validità delle deliberazioni, per evitare, in base ad un principio di efficienza dell’organo collegiale, la paralisi di questo.

In definitiva, l’impossibilità di funzionamento dell’organo rappresentativo dovrebbe costituire ipotesi residuale ed eccezionale, insuscettibile di applicazioni estensive. Come ha precisato il Consiglio di Stato, non si può prescindere, ai fini dell’approvazione della surroga in seconda convocazione, dalla giuridica possibilità di convocare la seduta in prima convocazione; invece sono indifferenti le ragioni per cui la prima convocazione non si sia in concreto tenuta, tanto più quando esse integrino, con il fenomeno del c.d. aggancio, un mezzo ostruzionistico per opporsi alla doverosa surroga del consigliere di maggioranza dimissionario. E’ poi da considerare un elemento aggiuntivo, rispetto a quanto già ampiamente rappresentato nelle più recenti sentenze della sez. III del Consiglio di Stato nn. 2273 del 2021 e 4545 del 2021, In base alle disposizioni di rango primario, la doppia convocazione per la medesima riunione, con quorum distinti a scalare, non costituisce un obbligo ma esclusivamente una prassi consolidata prevista dai regolamenti consiliari e, in genere, dalla disciplina regolatoria di non pochi organi collegiali. La doppia convocazione è diretta a contemperare, nell’ordine, la maggiore rappresentatività del quorum strutturale e l’esigenza di snellimento ed efficienza dell’attività dell’organo rappresentativo. La seconda convocazione, in assenza di una espressa previsione legislativa, non può svolgere un ruolo recessivo rispetto alla prima, non fosse altro che per la necessità di evitare esiti di segno opposto alla volontà espressa dall’elettorato al momento delle elezioni. Né, come si è visto, le eventuali manovre opportunistiche svolte in seno al consiglio dai componenti possono comportare lo scioglimento quale prodotto automatico della mancanza del numero legale in prima convocazione.

​​​​​​​Merita soprattutto sottolineare, rispetto al silenzio del legislatore sulla necessità della doppia convocazione, che, proprio la natura non obbligatoria della doppia convocazione con quorum distinti potrebbe condurre a esiti palesemente contraddittori con riguardo alla fattispecie astratta in esame. E infatti, in linea ipotetica, non è interdetta dalla legge al regolamento consiliare la possibilità di escludere la doppia convocazione e di stabilire un quorum unico di validità della seduta, senza distinzione tra prima e seconda convocazione (ad es. il quorum di un terzo). Ebbene, il consiglio che, in ipotesi, si fosse dato un regolamento con doppia convocazione e quorum a scalare (ad es. la metà dei consiglieri assegnati, in prima convocazione, e poi un terzo, in seconda convocazione), dovrebbe essere sciolto anche ove fosse in grado di raggiungere il secondo quorum mancando il primo; diversamente, il consiglio che si fosse dato direttamente un unico quorum strutturale di un terzo non verrebbe sciolto. Un esito del genere risulta, allo stato, intrinsecamente contraddittorio.

Consiglio di Stato, Comm. Spec., 28 giugno 2021, n. 1108

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