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L’istituto del silenzio assenso ex art. 17 bis, l. n. 241 del 1990 si applica al parere reso dalla Soprintendenza sul provvedimento di autorizzazione paesaggistica, estendendosi ad ogni procedimento (anche eventualmente a impulso d’ufficio) che preveda al suo interno una fase co-decisoria necessaria di competenza di altra amministrazione, senza che rilevi la natura del provvedimento finale nei rapporti verticali con il privato destinatario degli effetti dello stesso.

 

Ha chiarito la Sezione che, pur non ignorando i variegati orientamenti esistenti in giurisprudenza , ritiene che l’art. 17-bis, l. n. 241 del 1990 sia operativo con riferimento al procedimento di rilascio del parere di cui all’art. 146, comma 8, d.lgs. n. 42 del 2004.

Occorre premettere che, per opinione granitica, il parere in esame costituisce “espressione di cogestione attiva del vincolo paesaggistico”, “nel quale l’apprezzamento di merito correlato alla tutela del valore paesaggistico è rimesso alla Soprintendenza”.

Se così è, ad esso ben si attagliano le perspicue argomentazioni espresse dal Consiglio di Stato, in sede consultiva, col parere n. 1640 del 2016, secondo cui: “l’art. 17-bis opera in tutti i casi in cui il procedimento amministrativo è destinato a concludersi con una decisione ‘pluristrutturata’ (nel senso che la decisione finale da parte dell’amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra amministrazione), per i quali il silenzio dell’amministrazione interpellata, che rimanga inerte non esternando alcuna volontà, non ha più l’effetto di precludere l’adozione del provvedimento finale ma è, al contrario, equiparato ope legis a un atto di assenso e consente all’amministrazione procedente l’adozione del provvedimento conclusivo”. L’art. 17-bis è, quindi, destinato ad applicarsi solo ai procedimenti caratterizzati da una fase decisoria ‘pluristrutturata’ e, dunque, nei casi in cui l’atto da acquisire, al di là del nomen iuris, abbia valenza codecisoria. In base a tali considerazioni, deve, allora, ritenersi che la disposizione sia applicabile anche ai pareri vincolanti, e non, invece, a quelli puramente consultivi (non vincolanti) che rimangono assoggettati alla diversa disciplina di cui agli artt. 16 e 17, l. n. 241 del 1990. Gli interessi sensibili, quindi, restano pienamente tutelati nella fase istruttoria, non potendo la decisione finale essere assunta senza che tali interessi siano stati ritualmente acquisiti al procedimento, tramite l’obbligatorio parere o l’obbligatoria valutazione tecnica di competenza dell’amministrazione preposta alla loro cura. L’applicazione della norma agli atti di tutela degli interessi sensibili dev’essere esclusa laddove la relativa richiesta non provenga dall’amministrazione procedente, ma dal privato destinatario finale dell’atto.

 

La locuzione ‘termine diverso’ autorizza la conclusione per cui, in materia di interessi sensibili, restano in vigore e prevalgono non solo le norme che prevedono termini più lunghi (rispetto al termine di novanta giorni), ma anche quelle che prevedono termini speciali più brevi.

​​​​​​​Per vero, configurandosi come ipotesi di ‘cogestione attiva del vincolo paesaggistico’, il procedimento di cui all’art. 146, d.lgs. n. 42 del 2004 rientra a pieno titolo tra le decisioni ‘pluristrutturate’, nelle quali, per poter emanare il provvedimento conclusivo, l’amministrazione procedente deve, per obbligo di legge, acquisire l’assenso vincolante di un’altra amministrazione.

​​​​​​​Esso è dunque reso nell’ambito di un rapporto intersoggettivo di tipo orizzontale, intercorrente tra due pubbliche amministrazioni, l’una proponente e l’altra deliberante.

Tutto ciò determina l’operatività della nuova disposizione, la quale “si applica ad ogni procedimento (anche eventualmente a impulso d’ufficio) che preveda al suo interno una fase co-decisoria necessaria di competenza di altra amministrazione, senza che rilevi la natura del provvedimento finale nei rapporti verticali con il privato destinatario degli effetti dello stesso” (cfr. pag. 26 del parere n. 1640/2016).

TAR Salerno, Sez. II, sent. del 23 giugno 2021, n. 1542

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