05/08/2021 – Il progettista “indicato” deve comunque essere in possesso dei requisiti generali!

Consiglio di Stato, Sez. V, 27/ 07/ 2021, n.5563

Nel respingere l’appello il Consiglio di Stato evidenzia come,  sebbene non sia formalmente un concorrente, il progettista “indicato” debba possedere i requisiti di ordine generale per la partecipazione alle gare.

L’appellante  sostiene che, ai sensi dell’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016, il possesso dei requisiti generali è prescritto dalla legge per il solo operatore economico concorrente, non anche per il semplice progettista designato, che non assume la veste né di operatore economico né di concorrente; al detto progettista può essere infatti richiesto il solo possesso dei requisiti speciali di qualificazione, ma non anche l’assenza di cause escludenti.

Il principio sarebbe ricavabile da ultimo dalla sentenza n. 13 del 2020 dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato.

Consiglio di Stato, Sez. V, 27/ 07/ 2021, n.5563 respinge l’appello:

La costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha da tempo affermato al riguardo che il progettista “indicato”, benché soggetto esterno all’operatore economico e non qualificabile come concorrente, debba nondimeno soddisfare sia i requisiti generali sia quelli speciali, pena l’esclusione del concorrente che lo abbia designato (inter multis, Cons. Stato, V, 21 agosto 2020, n. 5164; 15 marzo 2016, n. 1031; 13 febbraio 2013, n. 857; VI, 18 gennaio 2012, n. 178; V, 20 ottobre 2010, n. 7581).

Si è in particolare posto in risalto che “il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’articolo 38 [d.lgs. n. 163 del 2006] grava su tutti gli operatori economici che partecipino a qualunque titolo a procedure di evidenza pubblica, anche a prescindere da qualsiasi prescrizione della lex specialis e anche sui progettisti designati ai sensi dell’articolo 53, comma 3 del codice dei contratti pubblici” (Cons. Stato, V, 26 maggio 2015, n. 2638).

È stato anche evidenziato al riguardo che “la fonte normativa è costituita dall’articolo 53, comma 3, e dalle norme richiamate, ovvero gli articoli 91 e 94 del d. lgs. n. 163 del 2006 e l’articolo 263 del d.p.r. n. 207 del 2010 che prescrivono che nell’appalto integrato i progettisti indicati, al pari di quelli associati, devono essere ‘qualificati’ e come tali in possesso sia dei requisiti di ordine generale che di quelli di capacità tecnico professionale” (Cons. Stato, V, 16 febbraio 2015, n. 775, la quale prosegue rilevando che “la ratio agevolatrice del concorrente (ancorché ‘unico’) consistente nella prevista possibilità di indicazione del progettista non può incidere sulla necessità che sia garantita – quanto meno tendenzialmente – l’affidabilità e l’onorabilità nei riguardi di chi venga comunque in rapporto diretto con la pubblica amministrazione, indipendentemente dal soggetto (il concorrente) destinatario del pagamento del corrispettivo e su cui ricada l’eventuale responsabilità da inadempimento”).

I principi così affermati sono ben riferibili anche al caso in esame, atteso che l’art. 92, comma 6, d.P.R. n. 207 del 2010, applicabile alla fattispecie, oltre a richiamare espressamente l’art. 53, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006 (che a sua volta richiama il Capo IV, fra cui gli artt. 91 e 94 d.lgs. n. 163 del 2006, da cui si ricava il necessario possesso dei requisiti generali in capo al progettista: v. anche infra), fa diretto riferimento ai «requisiti per i progettisti» che «devono essere posseduti […] attraverso un progettista associato o indicato in sede di offerta in grado di dimostrarli», e richiama a tal fine anche l’art. 263 d.P.R. n. 207 del 2010 (il cui ultimo comma prescriveva peraltro espressamente l’assenza di cause escludenti ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006): nel complesso ciò corrisponde proprio al regime di qualificazione che, così come per i requisiti speciali, deve essere soddisfatto dal progettista indicato anche per quelli di ordine generale (cfr. Cons. Stato, n. 5164 del 2020, cit.; n. 2638 del 2015, cit.; n. 775 del 2015, cit., che supera espressamente anche il pregresso orientamento di segno opposto, di cui, ad es., a CGA, 8 maggio 2013, n. 452).

A ciò si aggiunga inoltre che i progettisti sono comunque chiamati nella specie – come già posto in evidenza – a sottoscrivere i documenti d’appalto, e che in capo all’affidatario di compiti di progettazione è ex se prescritto in termini generali il possesso dei requisiti di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 ai sensi dell’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto (cfr. Cons. Stato, V, 12.3.2018, n. 1539; v. al riguardo già gli artt. 90, comma 7 e 91, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006, quest’ultimo richiamato dalla citata giurisprudenza – insieme con l’art. 94 d.lgs. n. 163 del 2006 che rimanda al regolamento, il quale ha introdotto in proposito il suddetto art. 263 – per riconoscere la necessaria qualificazione generale del progettista indicato: su tutte, Cons. Stato, n. 775 del 2015, cit.).

Per tali ragioni, senz’altro il progettista indicato deve essere in possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016, oltreché di quelli speciali richiesti, dovendo escludersi che il soggetto designato per l’esecuzione delle attività progettuali a beneficio dell’amministrazione possa svolgerle anche se privo delle condizioni di moralità prescritte dalla legge in materia di affidamento di commesse pubbliche.

A conclusioni diverse non conduce peraltro il richiamo della pronuncia n. 13 del 2020 dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, la quale si limita invero ad affermare il principio che “il progettista indicato, nell’accezione e nella terminologia dell’articolo 53 […], del decreto legislativo n. 163 del 2006, va qualificato come professionista esterno incaricato di redigere il progetto esecutivo. Pertanto non rientra nella figura del concorrente né tanto meno in quella di operatore economico”, e conclude a tal fine che, per questo, il detto progettista “non può utilizzare l’istituto dell’avvalimento per la doppia ragione che esso è riservato all’operatore economico in senso tecnico e che l’avvalimento cosiddetto ‘a cascata’ era escluso anche nel regime del codice dei contratti pubblici, ora abrogato e sostituito dal decreto legislativo n. 50 del 2016, che espressamente lo vieta” (Cons. Stato, Ad. plen., 9 luglio 2020, n. 13).

Ciò non vale evidentemente a contraddire quanto suesposto in relazione alla necessaria integrazione dei requisiti da parte del progettista indicato, anzi conferma che quest’ultimo deve possedere i requisiti speciali, senza escludere la necessaria sussistenza di quelli generali.

D’altra parte, dalla normativa non è possibile ricavare un regime identitario assoluto fra la qualità di concorrente e il possesso dei requisiti (cfr., ad es., l’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016, che prevede la necessaria integrazione dei requisiti generali in capo all’ausiliaria, pur non rivestendo quest’ultima la qualità di concorrente, e anzi limitandosi a mettere a disposizione i requisiti speciali all’operatore partecipante alla gara senza essere di norma neppure coinvolta nell’esecuzione: cfr. Cons. Stato, V, 1° marzo 2021, n. 1701); per questo, la mera qualificazione del progettista indicato quale soggetto privo della veste di operatore economico e di concorrente non vale di per sé a superare la pregressa consolidata interpretazione – dalla quale non vi sono ragioni per discostarsi – relativa al necessario possesso dei requisiti generali da parte di detto progettista.

A conclusioni diverse non conduce neppure l’art. 57 dir. 2014/24/UE, che non affronta il tema qui controverso; né rileva di per sé il riferimento ivi alla figura dell’«operatore economico», attesa la peculiarità e il ruolo che comunque assume il progettista (anche indicato) nell’economia dell’affidamento, e che ne rende necessaria l’integrazione dei requisiti generali secondo quanto suesposto.

Per tali ragioni, il primo profilo della doglianza in esame risulta infondato, dovendo ritenersi legittima un’esclusione fondata sul difetto di requisiti generali in capo al progettista indicato, e – ancor prima – una disposizione della lex specialis di gara che ciò espressamente preveda.

Pubblicato il 27/07/2021

N. 05563/2021REG.PROV.COLL.

N. 01945/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1945 del 2021, proposto da

Savarese Costruzioni s.p.a. e Meridiana Costruzioni Generali s.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Enrico Soprano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via degli Avignonesi, 5;

contro

Provincia di Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Marina Tosini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Research Consorzio Stabile s.c. a r.l., in proprio e in qualità di mandataria di costituenda Ati con la Nautilus s.r.l. e la Ferrari Ing. Ferruccio s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Italia Impresit s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Caliendo e Paolo Cantile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Nautilus s.r.l., Ferrari Ing. Ferruccio s.r.l., non costituite in giudizio;

Consorzio Stabile Grandi Lavori s.c.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Clarizia e Giovanni La Fauci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) n. 00441/2021, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Salerno, della Italia Impresit s.r.l., del Consorzio Stabile Grandi Lavori s.c.r.l. e della Research Consorzio Stabile s.c. a r.l., nonché l’appello incidentale proposto da quest’ultima;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza del giorno 15 luglio 2021 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti, con modalità da remoto, gli avvocati Soprano, Tosini, Clarizia, La Fauci e Lentini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con bando pubblicato sulla Guue il 19 maggio 2018, la Provincia di Salerno indiceva gara per l’affidamento congiunto dell’esecuzione dei lavori relativi al “grande progetto – interventi di difesa e ripascimento del litorale del golfo di Salerno” (“I stralcio funzionale: realizzazione del sistema di difesa a celle tra la foce del fiume Picentino ed il litorale Magazzeno”) e della progettazione esecutiva e servizi di rilievi, indagini e monitoraggio.

Risultava primo classificato in graduatoria – perciò destinatario di proposta di aggiudicazione – il Rti capeggiato dalla Savarese Costruzioni s.p.a., che aveva indicato in offerta quale progettista designato il Rtp capeggiato dalla Polis Progetti s.r.l.

2. In sede di verifica dei requisiti la stazione appaltante riscontrava in capo alla Ingcost s.r.l., mandante del Rtp progettista indicato, violazioni fiscali definitivamente accertate per cartelle esattoriale notificate nel periodo 2014-2018.

Alla luce di ciò, l’amministrazione disponeva con provvedimento del 25 agosto 2020 l’esclusione del Rti Savarese per carenza del requisito generale di cui all’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016.

3. Avverso il provvedimento proponevano ricorso la Savarese Costruzioni e la mandante del medesimo Rti, Meridiana Costruzioni Generali s.r.l.

4. Si costituivano in resistenza la Provincia di Salerno e la Research Consorzio Stabile s.c. a r.l., mandataria del Rti secondo classificato, non ancora beneficiato dallo scorrimento della graduatoria; quest’ultima proponeva anche ricorso incidentale deducendo la sussistenza di ulteriori cause d’esclusione in capo alla ricorrente. Interveniva inoltre ad opponendum la Italia Impresit s.r.l. chiedendo il rigetto del ricorso principale.

5. Il Tribunale amministrativo per la Campania, sezione staccata di Salerno, con la sentenza di cui in epigrafe respingeva il ricorso principale e dichiarava improcedibile il ricorso incidentale.

6. Avverso la sentenza hanno proposto appello principale la Savarese Costruzioni s.p.a. e la Meridiana Costruzioni Generali s.r.l. deducendo:

I) errores in iudicando in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016; violazione e falsa applicazione degli artt. 57 e 63 della direttiva 2014/24/UE; violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.; violazione dei principi euro-unitari in materia di pubbliche gare; eccesso di potere per assenza dei presupposti; difetto di motivazione e di istruttoria; irragionevolezza; disparità di trattamento; ingiustizia manifesta;

II) errores in iudicando sotto altro profilo in relazione alla violazione e falsa applicazione dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016; violazione e falsa applicazione degli artt. 57 e 63 della direttiva 2014/24/UE; violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.; violazione dei principi euro-unitari in materia di pubbliche gare; eccesso di potere per assenza dei presupposti; difetto di motivazione e di istruttoria; irragionevolezza; disparità di trattamento; ingiustizia manifesta.

7. Si sono costituite in resistenza la Provincia di Salerno, la Italia Impresit s.r.l. e la Research Consorzio Stabile s.c. a r.l., che ha proposto a sua volta appello incidentale avverso la sentenza deducendo error in iudicando in ordine alla legittimazione alla proposizione del ricorso incidentale in primo grado, del quale ha qui riproposto i motivi.

8. Giusta ordinanza n. 2907 del 9 aprile 2021 la Sezione ha ordinato l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Consorzio Stabile Grandi Lavori s.c.r.l., operatore divenuto frattanto destinatario di aggiudicazione in scorrimento della graduatoria a fronte dell’esclusione disposta dalla stazione appaltante anche nei confronti della Research Consorzio Stabile.

9. Sulla discussione delle parti all’udienza del 15 luglio 2021, tenuta con modalità da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.

10. Giusta richiesta formulata in udienza dal difensore della Provincia di Salerno, il 20 luglio 2021 è stato pubblicato il dispositivo della sentenza.

DIRITTO

1. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate dalle resistenti – salvo quanto di seguito osservato in relazione ai singoli motivi di gravame – stante il rigetto nel merito dell’appello principale.

2. Col primo motivo, le appellanti censurano la sentenza nella parte in cui ha respinto le loro doglianze in primo grado relative alla non necessità del possesso dei requisiti generali in capo al progettista indicato, e comunque alla possibilità di operarne la sostituzione nel caso difettino i detti requisiti.

Deduce al riguardo parte appellante che, ai sensi dell’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016, il possesso dei requisiti generali è prescritto dalla legge per il solo operatore economico concorrente, non anche per il semplice progettista designato, che non assume la veste né di operatore economico né di concorrente; al detto progettista può essere infatti richiesto il solo possesso dei requisiti speciali di qualificazione, ma non anche l’assenza di cause escludenti.

Il principio sarebbe ricavabile da ultimo dalla sentenza n. 13 del 2020 dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato.

Nel caso in esame, la diversa clausola di gara di cui all’art. 3.5 del disciplinare – che prevede l’esclusione del concorrente in caso di progettista indicato (oltreché associato) privo dei requisiti ex art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 – è da ritenersi nulla per violazione del principio di tassatività delle cause escludenti.

Sotto altro profilo, le appellanti deducono che è comunque ben possibile provvedere alla sostituzione del progettista indicato, proprio in quanto soggetto distinto e diverso dall’operatore economico, in conformità con quanto previsto dall’art. 63 dir. 2014/24/UE.

In subordine, viene invocata la disapplicazione della normativa interna per contrasto con il diritto euro-unitario qualora interpretata nel senso di vietare la sostituzione del detto progettista, risultando ciò in contrasto con i principi di proporzionalità e concorrenza, e in ulteriore subordine si richiede di disporre rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia sulla questione.

Le appellanti sottopongono infine questione di legittimità costituzionale della normativa, se interpretata nei termini suindicati, per violazione del principio di uguaglianza e ragionevolezza a fronte del diverso trattamento previsto rispetto all’ausiliaria e all’impresa subappaltatrice, per le quali la legge ammette la sostituzione.

2.1. Il motivo non è condivisibile.

2.1.1. Occorre premettere che l’oggetto dell’affidamento è costituito nella specie da un appalto integrato di lavori e progettazione ai sensi dell’art. 216, comma 4-bis, d.lgs. n. 50 del 2016, disposizione espressamente richiamata dal disciplinare di gara.

La lex specialis prevede al riguardo che “non è ammessa la partecipazione alla gara di quei concorrenti che si avvalgono di progettisti indicati o associati per i quali sussistono: a) le cause ostative alla partecipazione indicate nel presente paragrafo”, fra cui sono ricomprese anche le “cause di esclusione di cui all’art. 80 del Codice” (cfr., rispettivamente, l’art. 3.5 e l’art. 3.1 del disciplinare).

Al contempo, l’art. 12.8.1.1 del disciplinare richiama l’art. 46, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016 sulle categorie di soggetti ammessi a progettazione, e richiede al riguardo che essi siano indicati “nominativamente”, precisando che “firmeranno gli atti oggetto dell’appalto”.

In tale contesto, a prescindere dai profili d’inoppugnabilità del bando eccepiti dalla Research Consorzio Stabile – che deduce come non ricorra alcun vizio di nullità, ma al più un’illegittimità da far valere con tempestiva impugnazione della lex specialis – risulta infondata la doglianza incentrata sulla ritenuta non necessità d’integrazione dei requisiti generali in capo al progettista cd. “indicato”.

Tale figura, come noto, è oggi espressamente prevista dall’art. 59, comma. 1-bis, d.lgs. n. 50 del 2016 (ratione temporis non applicabile alla fattispecie, in quanto introdotto con d.l. n. 32 del 2019, conv. in l. n. 55 del 2019), e già dall’art. 53, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006, richiamato dall’art. 92, comma 6, d.P.R. n. 207 del 2010, qui applicabile ai sensi dell’art. art. 216, comma 14, d.lgs. n. 50 del 2016.

La costante giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha da tempo affermato al riguardo che il progettista “indicato”, benché soggetto esterno all’operatore economico e non qualificabile come concorrente, debba nondimeno soddisfare sia i requisiti generali sia quelli speciali, pena l’esclusione del concorrente che lo abbia designato (inter multis, Cons. Stato, V, 21 agosto 2020, n. 5164; 15 marzo 2016, n. 1031; 13 febbraio 2013, n. 857; VI, 18 gennaio 2012, n. 178; V, 20 ottobre 2010, n. 7581).

Si è in particolare posto in risalto che “il possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’articolo 38 [d.lgs. n. 163 del 2006] grava su tutti gli operatori economici che partecipino a qualunque titolo a procedure di evidenza pubblica, anche a prescindere da qualsiasi prescrizione della lex specialis e anche sui progettisti designati ai sensi dell’articolo 53, comma 3 del codice dei contratti pubblici” (Cons. Stato, V, 26 maggio 2015, n. 2638).

È stato anche evidenziato al riguardo che “la fonte normativa è costituita dall’articolo 53, comma 3, e dalle norme richiamate, ovvero gli articoli 91 e 94 del d. lgs. n. 163 del 2006 e l’articolo 263 del d.p.r. n. 207 del 2010 che prescrivono che nell’appalto integrato i progettisti indicati, al pari di quelli associati, devono essere ‘qualificati’ e come tali in possesso sia dei requisiti di ordine generale che di quelli di capacità tecnico professionale” (Cons. Stato, V, 16 febbraio 2015, n. 775, la quale prosegue rilevando che “la ratio agevolatrice del concorrente (ancorché ‘unico’) consistente nella prevista possibilità di indicazione del progettista non può incidere sulla necessità che sia garantita – quanto meno tendenzialmente – l’affidabilità e l’onorabilità nei riguardi di chi venga comunque in rapporto diretto con la pubblica amministrazione, indipendentemente dal soggetto (il concorrente) destinatario del pagamento del corrispettivo e su cui ricada l’eventuale responsabilità da inadempimento”).

I principi così affermati sono ben riferibili anche al caso in esame, atteso che l’art. 92, comma 6, d.P.R. n. 207 del 2010, applicabile alla fattispecie, oltre a richiamare espressamente l’art. 53, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006 (che a sua volta richiama il Capo IV, fra cui gli artt. 91 e 94 d.lgs. n. 163 del 2006, da cui si ricava il necessario possesso dei requisiti generali in capo al progettista: v. anche infra), fa diretto riferimento ai «requisiti per i progettisti» che «devono essere posseduti […] attraverso un progettista associato o indicato in sede di offerta in grado di dimostrarli», e richiama a tal fine anche l’art. 263 d.P.R. n. 207 del 2010 (il cui ultimo comma prescriveva peraltro espressamente l’assenza di cause escludenti ex art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006): nel complesso ciò corrisponde proprio al regime di qualificazione che, così come per i requisiti speciali, deve essere soddisfatto dal progettista indicato anche per quelli di ordine generale (cfr. Cons. Stato, n. 5164 del 2020, cit.; n. 2638 del 2015, cit.; n. 775 del 2015, cit., che supera espressamente anche il pregresso orientamento di segno opposto, di cui, ad es., a CGA, 8 maggio 2013, n. 452).

A ciò si aggiunga inoltre che i progettisti sono comunque chiamati nella specie – come già posto in evidenza – a sottoscrivere i documenti d’appalto, e che in capo all’affidatario di compiti di progettazione è ex se prescritto in termini generali il possesso dei requisiti di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 ai sensi dell’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016, indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto (cfr. Cons. Stato, V, 12.3.2018, n. 1539; v. al riguardo già gli artt. 90, comma 7 e 91, comma 1, d.lgs. n. 163 del 2006, quest’ultimo richiamato dalla citata giurisprudenza – insieme con l’art. 94 d.lgs. n. 163 del 2006 che rimanda al regolamento, il quale ha introdotto in proposito il suddetto art. 263 – per riconoscere la necessaria qualificazione generale del progettista indicato: su tutte, Cons. Stato, n. 775 del 2015, cit.).

Per tali ragioni, senz’altro il progettista indicato deve essere in possesso dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016, oltreché di quelli speciali richiesti, dovendo escludersi che il soggetto designato per l’esecuzione delle attività progettuali a beneficio dell’amministrazione possa svolgerle anche se privo delle condizioni di moralità prescritte dalla legge in materia di affidamento di commesse pubbliche.

A conclusioni diverse non conduce peraltro il richiamo della pronuncia n. 13 del 2020 dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, la quale si limita invero ad affermare il principio che “il progettista indicato, nell’accezione e nella terminologia dell’articolo 53 […], del decreto legislativo n. 163 del 2006, va qualificato come professionista esterno incaricato di redigere il progetto esecutivo. Pertanto non rientra nella figura del concorrente né tanto meno in quella di operatore economico”, e conclude a tal fine che, per questo, il detto progettista “non può utilizzare l’istituto dell’avvalimento per la doppia ragione che esso è riservato all’operatore economico in senso tecnico e che l’avvalimento cosiddetto ‘a cascata’ era escluso anche nel regime del codice dei contratti pubblici, ora abrogato e sostituito dal decreto legislativo n. 50 del 2016, che espressamente lo vieta” (Cons. Stato, Ad. plen., 9 luglio 2020, n. 13).

Ciò non vale evidentemente a contraddire quanto suesposto in relazione alla necessaria integrazione dei requisiti da parte del progettista indicato, anzi conferma che quest’ultimo deve possedere i requisiti speciali, senza escludere la necessaria sussistenza di quelli generali.

D’altra parte, dalla normativa non è possibile ricavare un regime identitario assoluto fra la qualità di concorrente e il possesso dei requisiti (cfr., ad es., l’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016, che prevede la necessaria integrazione dei requisiti generali in capo all’ausiliaria, pur non rivestendo quest’ultima la qualità di concorrente, e anzi limitandosi a mettere a disposizione i requisiti speciali all’operatore partecipante alla gara senza essere di norma neppure coinvolta nell’esecuzione: cfr. Cons. Stato, V, 1° marzo 2021, n. 1701); per questo, la mera qualificazione del progettista indicato quale soggetto privo della veste di operatore economico e di concorrente non vale di per sé a superare la pregressa consolidata interpretazione – dalla quale non vi sono ragioni per discostarsi – relativa al necessario possesso dei requisiti generali da parte di detto progettista.

A conclusioni diverse non conduce neppure l’art. 57 dir. 2014/24/UE, che non affronta il tema qui controverso; né rileva di per sé il riferimento ivi alla figura dell’«operatore economico», attesa la peculiarità e il ruolo che comunque assume il progettista (anche indicato) nell’economia dell’affidamento, e che ne rende necessaria l’integrazione dei requisiti generali secondo quanto suesposto.

Per tali ragioni, il primo profilo della doglianza in esame risulta infondato, dovendo ritenersi legittima un’esclusione fondata sul difetto di requisiti generali in capo al progettista indicato, e – ancor prima – una disposizione della lex specialis di gara che ciò espressamente preveda.

2.1.2. Parimenti infondato è il secondo profilo di doglianza, concernente la dedotta possibilità di sostituire il progettista indicato privo dei requisiti di cui all’art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016.

In termini generali, appaiono invero consistenti i profili differenziali che la fattispecie presenta rispetto a quella dall’avvalimento – per cui è prevista la sostituzione dell’ausiliaria ai sensi dell’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016 – connotato dalla mera prestazione di requisiti da parte dell’ausiliaria, e, di norma, dal non coinvolgimento della stessa né in relazione ai contenuti dell’offerta, né nell’esecuzione del contratto (cfr. Cons. Stato, n. 1701 del 2021, cit.; V, 26 aprile 2021, n. 3374).

Lo stesso è a dirsi per il subappalto (per cui pure si ammette la sostituzione ai sensi dell’art. 105, comma 12, d.lgs. n. 50 del 2016), afferente essenzialmente alla sola fase esecutiva di una parte della prestazione.

D’altra parte, anche per la sostituzione dei componenti di Rti l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato ha enucleato precise condizioni e modalità applicative della relativa possibilità, ammettendola esclusivamente in via interna e senza addizioni, fuori da finalità o esiti elusivi, e per le sole ipotesi specifiche espressamente previste dall’art. 48, comma 17 ss., d.lgs. n. 50 del 2016.

Per questo, gli argomenti da cui le appellanti prendono le mosse appaiono tutt’altro che certi a fondare la conclusione della sostituibilità del progettista indicato privo dei requisiti generali (ma cfr. tuttavia le considerazioni al riguardo di CGA, 31 marzo 2021, n. 276).

Ad ogni modo, è assorbente rilevare nel caso in esame ai fini del rigetto della doglianza – prescindendo anche dai rilievi sollevati dall’amministrazione, che pone in risalto come difetti in specie una formale e procedimentalizzata indicazione o richiesta di sostituzione del progettista risultato privo dei requisiti generali – la correttezza della motivazione della sentenza in ordine alla circostanza che la sostituzione del progettista indicato avrebbe qui effetti sui contenuti e la portata dell’offerta così come oggetto di valutazione della stazione appaltante, e non può dunque essere ritenuta ammissibile.

In specie, i criteri valutativi “T1” e seguenti di cui all’art. 18 del disciplinare prevedevano l’assegnazione di specifici punteggi valutativi anche in relazione ad alcuni profili inerenti la progettazione e il progettista, quali ad esempio i pregressi servizi di progettazione vantati, nonché le “risorse umane che si intendono impiegare” nelle fasi di progettazione.

In tale contesto, l’indicazione del progettista e degli elementi allo stesso collegati aveva dunque espresso rilievo nella conformazione dell’offerta in base della lex specialis, e incideva anche ai fini della relativa valutazione da parte della commissione: per tali ragioni, così come affermato dalla sentenza, una sostituzione del progettista indicato avrebbe l’effetto di determinare una variazione dell’offerta così come esaminata e valutata dalla commissione giudicatrice, ed è perciò da ritenere inammissibile.

Ciò trova chiara conferma nella relazione tecnica inclusa nell’offerta della Savarese Costruzioni che, in relazione ad esempio al criterio sub T2 (per cui è prevista l’attribuzione di n. 20 punti su 75), nella parte relativa alla “qualità delle risorse umane impiegate” menziona espressamente la Ingcost s.r.l. (quale “mandante” del Rtp indicato) e il professionista suo principale esponente.

Il che parimenti vale per il criterio sub T3 del disciplinare (cui corrispondono n. 10 punti su 75), che pure richiama l’elemento delle “risorse umane che si intendono impiegare”, e ancora una volta l’offerta delle appellanti include la Ingcost s.r.l., pur se insieme ad altra società (cfr., peraltro, anche le dichiarazioni allegate alla domanda partecipativa ai sensi dell’art. 14.18 del disciplinare, in cui il medesimo professionista della Ingcost è effettivamente indicato, insieme ad altri, quale “ingegnere per la progettazione”; lo stesso risulta dal Dgue della Savarese Costruzioni, in atti).

Quanto sopra vale a escludere l’ammissibilità nella specie della sostituzione del progettista indicato, proprio perché – come correttamente affermato dalla sentenza – la sua indicazione incide sugli stessi contenuti dell’offerta alla luce dei criteri valutativi previsti dalla lex specialis e posti alla base della valutazione della commissione giudicatrice, e il che vale a confermare di per sé l’inammissibilità d’una sostituzione del progettista, a prescindere peraltro dalle questioni dibattute fra le parti in ordine alla circostanza che anche il requisito di cui all’art. 12.8.3.1 (relativo ai vantati servizi professionali pregressi) sarebbe integrato dal Rti Savarese per il tramite del medesimo progettista indicato.

2.1.3. Alla luce di ciò, va respinta peraltro anche la doglianza con cui si deduce che l’esclusione della sostituzione del progettista indicato dia luogo nella specie a profili di contrarietà al diritto euro-unitario e al relativo principio di proporzionalità rendendo necessaria la disapplicazione delle norme domestiche: al contrario, ammettendo una tale sostituzione nel caso in esame si finirebbe per consentire un’inammissibile modifica dell’offerta, esclusa dalla stessa Corte di Giustizia anche nell’ambito delle (in sé ammissibili) modifiche soggettive di cui all’art. 63 dir. 2014/24/UE (cfr. Corte di Giustizia, 3 giugno 2021, causa C-210/20, in cui si evidenzia che “quando si vede obbligata, in forza del suo diritto nazionale, ad imporre a un offerente la sostituzione di un soggetto sulle cui capacità esso intende fare affidamento, l’amministrazione aggiudicatrice deve assicurarsi, conformemente ai principi di trasparenza e di parità di trattamento enunciati all’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, che la sostituzione del soggetto interessato non conduca a una modifica sostanziale dell’offerta di tale offerente”).

Il che vale dunque a respingere non solo la richiesta di disapplicazione della normativa interna, ma anche la domanda subordinata di rinvio pregiudiziale avanzata dalle appellanti, atteso che l’auspicata sostituzione del progettista indicato si risolverebbe nella specie in una (inammissibile) modifica dell’offerta, questa sì contraria ai principi euro-unitari.

2.1.4. Inoltre, alla luce di quanto suesposto, anche la questione di legittimità costituzionale invocata dalle appellanti – incentrata sulla disparità di trattamento del progettista indicato rispetto alle figure dell’ausiliaria e del subappaltatore, ben ammesse a sostituzione (cfr., al riguardo, anche Corte di Giustizia, 3 giugno 2021, cit.; 30 gennaio 2020, causa C-395/18) – è irrilevante, atteso che nella specie sono i criteri valutativi previsti e il concreto confezionamento dell’offerta della Savarese a rendere impraticabile in radice, in via assorbente, la soluzione, che avrebbe l’effetto di modificare i contenuti dell’offerta come esaminati e valutati dalla commissione giudicatrice.

Per tali ragioni, il motivo di gravame è infondato.

3. Col secondo motivo le appellanti si dolgono del mancato accoglimento delle censure con cui avevano dedotto in primo grado l’assenza di un’irregolarità fiscale definitivamente accertata in capo alla Ingcost, e l’illegittimità in ogni caso d’una normativa che stabilisca in modo invariabile e predeterminato la soglia oltre la quale la violazione fiscale sia da ritenersi “grave”.

Al riguardo le appellanti deducono che il debito fiscale a carico della Ingcost era in realtà – al netto degli sgravi conseguiti e delle compensazioni – pari a soli € 3.375,72, non dando luogo perciò ad alcuna irregolarità fiscale rilevante.

Il provvedimento d’esclusione sarebbe poi viziato anche per difetto istruttorio e motivazionale, dal momento che esso non prende a esame le osservazioni procedimentali dell’interessata e non risulta sufficientemente motivato.

Sotto altro profilo, le appellanti invocano la disapplicazione della disposizione dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016 per contrasto con il diritto euro-unitario, e in specie con l’art. 57 dir. 2014/24/UE a fronte della predeterminazione dell’importo d’imposte non pagate rilevante a fini escludenti, e censurano il rigetto della corrispondente doglianza in primo grado con cui s’era richiesto anche, in subordine, il rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di Giustizia.

Per le stesse ragioni la norma sarebbe altresì costituzionalmente illegittima per violazione degli artt. 3, 41 e 97 Cost.

3.1. Il motivo non è condivisibile.

3.1.1. Quanto al primo profilo, occorre premettere che dalla documentazione in atti – e in specie dall’attestazione dell’Agenzia delle Entrate del 28 febbraio 2020 – emerge che alla data del 20 luglio 2018, coincidente con il termine per la presentazione delle offerte, risultava un’irregolarità fiscale definitivamente accertata a carico della Ingcost per sei cartelle esattoriali, per un importo complessivo superiore alla soglia di € 5.000,00 di cui all’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016.

La successiva nota del 30 luglio 2020 dell’Agenzia dà conto di circostanze, tutte posteriori al 20 luglio 2018, che hanno determinato una riduzione del debito: fra queste, senz’altro non assumono rilievo i pagamenti o i provvedimenti di rateizzazione successivi al 20 luglio 2018, atteso che chiaramente l’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, ultimo periodo, dà rilievo a siffatte circostanze solo se verificatesi «prima della scadenza del termine per la presentazione delle domande» (cfr., al riguardo, già Cons. Stato, Ad. plen., 5 giugno 2013, n. 15).

Lo stesso è a dirsi per le operate compensazioni, che costituiscono l’effetto di un’apposita attività formale e procedimentalizzata del contribuente – a seguito del cui compimento esse divengono efficaci – e che non si realizzano ope legis per la sola coesistenza dei debiti.

Al riguardo, lo stesso art. 31, comma 1, d.l. n. 78 del 2010, conv. l. n. 122 del 2010 – sulla cui base le compensazioni sono state qui operate – e il richiamato art. 17, comma 1, d.lgs. n. 241 del 1997, pongono specifiche regole, limiti e divieti alla compensazione stessa, rendendo palese come questa valga a estinguere il debito tributario non già ex se, bensì per effetto delle attività formali espressamente previste, oltretutto entro limiti fissati, tanto che è necessario che la compensazione sia «effettuata» per potersi ritenere integrata (art. 17, comma 1, d.lgs. n. 241 del 1997; cfr. anche l’art. 10-quater d.lgs. n. 74 del 2000, che prevede un apposito titolo di reato di «indebita compensazione» incentrato sull’«utilizz[o] in compensazione» di crediti non spettanti).

In tale contesto, dunque, anche a voler dare rilievo agli sgravi indicati, assumendone una portata di rimozione ab origine – o comunque al 20 luglio 2018 – del debito fiscale, come rilevato dalla sentenza residuerebbe a carico della Ingcost un debito a tale data di € 7.408,50, superiore alla soglia di € 5.000,00 di cui all’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016.

Per tali ragioni, la censura non è condivisibile.

Parimenti infondata è la doglianza incentrata sulla carenza istruttoria e motivazionale del provvedimento per omessa considerazione delle osservazioni endoprocedimentali della Ingcost, che risultano espressamente menzionate dal provvedimento di esclusione, e ciò vale a ritenere di per sé assolto l’onere di esame a fini di contraddittorio procedimentale (cfr., inter multis, Cons. Stato, V, 14 agosto 2020, n. 5037; 15 aprile 2020, n. 2426; 25 febbraio 2019, n. 1247 e 1248, VI, 4 febbraio 2019, n. 843; V, 30 ottobre 2018, n. 6173; 25 luglio 2018, n. 4523; VI, 2 maggio 2018, n. 2612; 12 febbraio 2014, n. 682), mentre non emergono dalle doglianze delle appellanti specifici profili di lacunosità motivazionale in grado d’incidere sulla legittimità del provvedimento, considerate in particolare le risultanze rivenienti dalle comunicazioni dell’Agenzia delle Entrate richiamate nel provvedimento.

3.1.2. Del pari infondata è la richiesta di disapplicazione dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016 per ritenuta sua contrarietà al diritto euro-unitario in ragione della predeterminazione di una soglia fissa di rilevanza degli illeciti fiscali a fini escludenti.

Occorre premettere al riguardo che l’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, mediante relatio all’art. 48-bis, comma 1, d.P.R. n. 602 del 1973, fissa una soglia minima pari a € 5.000,00 per l’integrazione delle irregolarità fiscali «gravi» di portata escludente (cfr. Cons. Stato, V, 14 aprile 2020, n. 2397).

In tale contesto, sul versante della normativa euro-unitaria, tale predeterminazione in misura fissa non è da ritenersi in sé illegittima.

L’art. 57, par. 2, dir. 2014/24/UE prevede infatti che «Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se l’amministrazione aggiudicatrice è a conoscenza del fatto che l’operatore economico non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali e se ciò è stato stabilito da una decisione giudiziaria o amministrativa avente effetto definitivo e vincolante secondo la legislazione del paese dove è stabilito o dello Stato membro dell’amministrazione aggiudicatrice».

La norma prevede un vero e proprio obbligo di esclusione a carico della stazione appaltante (l’operatore economico «è escluso» dalla partecipazione a una procedura d’appalto […]) in presenza di irregolarità fiscali divenute definitive in via o amministrativa o giudiziaria; essa non stabilisce tuttavia né richiama al riguardo alcun importo minimo.

È il successivo paragrafo terzo del medesimo art. 57 a prevedere delle deroghe all’obbligo di esclusione che gli Stati membri possono introdurre: o – in via eccezionale – per esigenze imperative connesse a un interesse generale quale la salute pubblica e la tutela dell’ambiente, oppure nel caso in cui l’esclusione «sarebbe chiaramente sproporzionata, in particolare qualora non siano stati pagati solo piccoli importi di imposte o contributi previdenziali […]».

La previsione dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016 ricade proprio nell’alveo di tale deroga, ponendosi in coerenza – non già in contrasto – con la disciplina europea, che peraltro prevede la deroga all’esclusione in caso di «piccoli importi» non pagati quale mera facoltà rimessa all’introduzione degli Stati membri (questi, infatti, «possono prevedere» siffatta deroga «alle esclusioni obbligatorie di cui al paragrafo 2»); né peraltro la suddetta deroga impone che la nozione di “piccolo importo” debba essere necessariamente stabilita in termini diversi dalla predeterminazione legale di una soglia, o prescrive l’applicazione di parametri di natura relativa (commisurati ad esempio, secondo quanto proposto dalle appellanti, alla situazione fiscale complessiva dell’operatore o al valore economico dell’affidamento) o di un apprezzamento demandato caso per caso all’amministrazione, considerato che ciò non risulta né è in alcun modo desumibile dalla previsione europea.

Per tali ragioni la doglianza non è condivisibile, non ricorrendo in specie i presupposti né per la disapplicazione della normativa interna, né per un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, essendosi peraltro questa V Sezione già espressa sulla conformità dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016 al diritto euro-unitario, e avendo affermato espressamente al riguardo la sua piena riconducibilità alla deroga di cui all’art. 57, par. 3, dir. 2014/24/UE, ponendo in risalto, in particolare, che “È rimesso […] agli Stati membri (dal par. 3), prevedere una deroga all’esclusione obbligatoria per inadempimento agli obblighi relativi al pagamento di imposte in caso in cui ‘un’esclusione sarebbe chiaramente sproporzionata, in particolare qualora non sia stati pagati solo piccoli importi di imposte…’; il legislatore interno si è avvalso di tale facoltà per fissare una soglia di non rilevanza dell’inadempimento tributario (mediante rinvio all’art. 48 – bis, commi 1 e 2-bis, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602), pari a € 5.000,00 […]. La soglia di irrilevanza del debito tributario è coerente con l’indicazione contenuta nella disposizione della Direttiva in precedenza citata – ove la deroga è giustificata in riferimento a ‘piccoli importi di imposte’ – nonché con la ragione a fondamento della causa di esclusione, che non è quella individuata dagli appellanti – l’incertezza sull’adempimento della prestazione da parte dell’operatore economico indebitato con il Fisco, ma piuttosto, l’intento del legislatore di indurre gli operatore economici, indirettamente, ad assolvere ai propri obblighi fiscali integralmente e nei tempi di legge; […] (sulla previsione di una soglia massima di tolleranza dell’irregolarità e sulla sua compatibilità con il diritto euro-unitario, si è pronunciata, sia pure con riferimento alla irregolarità per mancato adempimento agli obblighi previdenziali, ma con considerazioni valide anche per l’irregolarità tributaria, Adunanza plenaria 29 febbraio 2016, n. 5)” (Cons. Stato, V, 28 ottobre 2019, n. 7836).

Allo stesso modo, non è dato scorgere nella previsione dell’art. 80, comma 4, d.lgs. n. 50 del 2016, una qualche violazione dei precetti costituzionali richiamati dalle appellanti, risultando manifestamente infondata la questione posta da queste ultime.

In particolare, la previsione di una soglia fissa e uniforme di carico fiscale inadempiuto a fini escludenti non dà luogo ad alcuna irragionevolezza, disparità di trattamento, o violazione dei principi di uguaglianza e proporzionalità, non avendo alcun fondamento (neppure sul piano) costituzionale la pretesa delle appellanti a che tale importo debba essere necessariamente parametrato ad elementi variabili, in funzione ad esempio della situazione fiscale complessiva del singolo operatore o del valore del contratto da affidare.

Di qui l’infondatezza anche di tale profilo di doglianza.

4. In conclusione, per le suesposte ragioni l’appello principale è infondato e va respinto.

4.1. Consegue al rigetto di tale appello la sopraggiunta carenza d’interesse di quello incidentale, volto a censurare i riferimenti motivazionali della sentenza sull’inammissibilità del ricorso incidentale (rivolto all’esclusione aliunde del Rti Savarese), comunque dichiarato improcedibile dal giudice di primo grado: una volta consolidato il provvedimento d’esclusione del Rti Savarese, nessun interesse ha infatti la Research Consorzio Stabile a dolersi dei profili relativi all’ammissibilità del ricorso incidentale in primo grado, nonché all’esame dei relativi motivi qui riproposti.

4.2. La complessità e parziale novità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, respinge l’appello principale e dichiara improcedibile l’appello incidentale;

compensa integralmente le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2021, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 25 d.-l. n. 137 del 2020, conv. in legge n. 176 del 2020, con l’intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente FF

Valerio Perotti, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere, Estensore

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

L’ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Alberto Urso   Fabio Franconiero

IL SEGRETARIO

 

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