Dal sito luigioliveri.blogspot.it

Il maxiemenamento alla legge di conversione del d.l. 80/2021 restituisce una “decreto reclutamento” che diviene una corposa, quanto disastrosa, riforma della PA.

Gli aspetti negativi sono molteplici. I concorsi sono ridotti sostanzialmente ad una lotteria, con una sola prova scritta che può selezionare poco e, quindi, una netta prevalenza per i titoli, in totale smentita dell’intento di valorizzare i giovani, che titoli ed esperienze possono vantarne pochi.

Gli incarichi ai professionisti? L’emendamento ha cancellato la necessità che per poter essere inseriti nell’elenco nazionale al quale attingere disponessero di un’iscrizione almeno quinquennale da ordini o albi; e cancella la graduatoria e l’obbligo di seguirla per le chiamate a selezione, con praterie aperte a scelte che di meritocratico avranno ben poco.

 

V’è, poi, un ritorno al passato sostanziale, col dilagare delle progressioni verticali, che potranno consumare il 50% delle facoltà assunzionali.

Sulla mobilità, vi è stata una marcia indietro parziale relativamente all’insensata soppressione del nulla osta: viene ripristinato, ma in maniera cervellotica per gli enti locali. Ai quali si assicura, finalmente, un turn over del 100% dei segretari comunali (dopo che i buoi sono scappati, a causa del perduare del blocco delle assunzioni di questa categoria ben oltre l’ammissibile), ma contestualmente si allunga fino a 24 mesi la possibilità di farne a meno, incaricando un funzionario al loro posto.

Il tutto, mentre ci si balocca con indicazioni del tutto generiche, trendy e modaiole, ma vuote, come quella che richiederà la formulazione del PIAO (piano integrato attività e organizzazione) secondo le regole del project managementyes, very british!

E, ancora, mentre si consente il raddoppio scellerato della dirigenza a contratto, che dovrebbe essere riconnesso solo alle necessità dell’attuazione del Pnrr, ma, senza alcuna modalità di controllo, apre prospettive per la iper popolazione della PA di una dirigenza di partito.

Sintetizziamo di seguito le principali novità

Mobilità. Torna il nulla osta per la mobilità dei dipendenti degli enti locali di piccole dimensioni. Come rilevato, si introduce un parziale correttivo alla soppressione del “preventivo assenso” al trasferimento dei dipendenti da un ente all’altro, accogliendo sia pure non completamente le richieste proprio degli enti locali.

I comuni, specie di piccole dimensioni, sono riusciti a spiegare che la liberalizzazione della mobilità volontaria avrebbe avuto conseguenze nefaste per la loro organizzazione. Infatti, i piccoli comuni in particolare, avrebbero subito certamente un deflusso continuo di dipendenti verso amministrazioni più grandi o territoriamente più appetibili, a tutto svantaggio della possibilità di contare su una dotazione organica stabile nel tempo.

 

Si inserisce, quindi, nel corpo dell’articolo 30 del d.lgs 165/2001 un nuovo comma 01, ai sensi del quale la soppressione del nulla osta non si applica agli enti locali fino a 100 dipendenti, cioè la stragrande maggioranza.

L’emendamento modifica anche in parte le condizioni al ricorrere delle quali l’assenso preventivo alla mobilità dei dipendenti deve essere richiesto. Si chiarisce, in primo luogo, che il nulla osta sia dovuto nel caso di posizioni “dichiarate” motivatamente infungibili dall’amministrazione cedente. La precisazione è utile: consente di evitare di intendere l’infungibilità come un dato oggettivo: con la modifica viene rimesso ad una scelta discrezionale della PA, tuttavia sindacabile, perché la necessità di motivare la dichiarazione la espone comunque a rilievi di merito. Non convince, invece, il riferimento ad una presunta “amministrazione cedente”: a cedere il contratto è il dipendente che chiede la mobilità, non l’amministrazione alla quale appartiene.

Il secondo caso nel quale il nulla osta torna in auge si verificherà “qualora la mobilità determini una carenza di organico superiore al 20 per cento nella qualifica corrispondente a quella del richiedente”. Dunque, il nulla osta scatta se il trasferimento del dipendente sia causa della riduzione della dotazione organica sotto la soglia prevista.

Tale percentuale, ai sensi del nuovo comma 01 dell’articolo 30 del d.lgs 165/2001, per gli enti locali con un numero di dipendenti compreso tra 100 e 250, scende al 5%, mentre sarà del 10% per gli enti locali fino a 500 dipendenti. Dunque, per gli enti locali con almeno 500 dipendenti la soppressione del nulla osta opera pienamente.

Permanenza obbligatoria in servizio. L’emendamento fornisce anche una risposta ai dubbi sulla durata minima di permanenza dei dipendenti degli enti locali, “in caso di prima assegnazione”, espressione da leggere, probabilmente, nel senso di “prima assunzione”: tale obbligo di permanenza viene fissato in cinque anni. 

Differimento della mobilità per gli enti locali. Si aggiunge che in ogni caso gli enti locali potranno differire la cessione del personale a discrezione dell’amministrazione “cedente”, finchè questa non abbia effettivamente assunto personale a copertura dei posti che si renderanno vacanti a seguito della mobilità; il differimento potrà anche giungere fino ai 30 giorni successivi all’assunzione, ove ritenuto necessario il previo svolgimento di un periodo di affiancamento.

Domande di mobilità on line. L’emendamento estende, infine, alle procedure di mobilità volontaria le modalità di presentazione on line della domanda di partecipazione ai concorsi, previste dal comma 4 dell’articolo 247 del d.l. 34/2020, convertito in legge 77/2020.

 

Nuovi sistemi di reclutamento. I nuovi sistemi di reclutamento con attingimento da elenchi nazionali di professionisti ed alte specializzazioni potranno essere utilizzati da tutte le PA, comprese quelle che non siano chiamate ad attuare il Pnrr.

Tutte le pubbliche amministrazioni quindi potranno avvalersi degli strumenti innovativi previsti dall’articolo 1 del d.l. 80/2021, e reclutare alte professionalità e professionisti col sistema del cherry picking, fino al 31.12.2026.

Tuttavia, l’emendamento modifica non di poco le modalità selettive inizialmente previste dal d.l. 80/2021.

Elenchi. In primo luogo, potranno esservi anche più dei due elenchi per professionisti, da un lato, ed alte specializzazioni, dall’altro.

Incarichi ai professionisti. Con specifico riferimento ai destinatari degli incarichi di lavoro autonomo, gli emendamenti sopprimono la previsione che essi, per iscriversi all’elenco al quale attingere, debbano possedere almeno cinque anni di permanenza nel relativo albo, collegio o ordine professionale comunque denominato. Simmetricamente, si aggiunge la possibilità di iscriversi ai professionisti non ordinistici, definiti dalla legge 4/2013, “in possesso o dell’attestato di qualità e di qualificazione professionale dei servizi ai sensi dell’art.7 legge 14 gennaio 2013, n. 4, rilasciato da una associazione professionale inserita nell’elenco del Ministero dello sviluppo economico, o in possesso di certificazione secondo Norma Tecnica UNI ai sensi dell’art.9 della legge 14 gennaio 2013, n. 4”.

Per gli incarichi di lavoro autonomo, il decreto ministeriale che definirà gli elenchi di iscrizione (da adottare non più entro 60, ma 120 giorni dalla vigenza del d.l. 80/2021) avrà il compito di definire gli ulteriori i requisiti, le modalità e i termini per la presentazione delle domande di iscrizione all’elenco dei professionisti.

Cambiano anche le modalità selettive. L’elenco dei professionisti non sarà più una graduatoria: l’iscrizione non presupporrà, come inizialmente previsto, l’attribuzione di uno specifico punteggio agli iscritti. Né le amministrazioni, per selezionare gli iscritti, dovranno rispettare l’ordine della graduatore: potranno chiamarne almeno quattro a loro discrezione, e tra questi scegliere poi l’affidatario. 

L’affievolimento dell’elemento meritocratico, in favore di una scelta praticamente intuitu personae, appare evidente. Appare davvero una contraddizione in termini presentare la possibilità di avvalersi di professionisti “esperti”, ma eliminare un requisito non solo formale, cioè la permanenza dell’iscrizione all’albo, che tale esperienza attesti.

 

L’impressione che la riforma intenda consentire agli ordini professionali di “alleggerirsi”, visto che alcune migliaia di iscritti potranno svolgere attività in monocommittenza con la PA, diminuendo le tensioni del mercato è molto forte. Per altro verso, le norme sul reclutamento nei tribunali, secondo le prime indicazioni della stampa, sembrano molto appetibili per gli avvocati: molti si dicono intenzionati ad abbandonare la professione, per abbracciare la PA.

Alte specializzazioni. Per quanto riguarda il personale di alta specializzazione da assumere con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, ai fini dell’inserimento negli elenchi oltre al dottorato di ricerca potrà essere utile un master di secondo livello. In alternativa, la documentata esperienza professionale qualificata e continuativa maturata presso enti pubblici nazionali ovvero presso organismi internazionali o dell’Unione Europea passa da due a tre anni.

Mobilità obbligatoria non necessaria. A tutte le assunzioni regolate dall’articolo 1 del d.l. 80/2021, come modificato dalla legge di conversione non si applicheranno gli articoli 34, comma 6, e 34-bis del d.lgs 165/2001, in tema di mobilità obbligatoria.

Dirigenti a contratto. L’emendamento consente espressamente anche agli enti locali di raddoppiare la percentuale dei dirigenti a contratto ai sensi dell’articolo 110 del d.lgs 267/2000: sarà, quindi, possibile giungere ad assumere con contratti a tempo determinato la percentuale mostruosa del 60%, a condizione che tuttavia tale raddoppio avvenga ai fini dell’attuazione del Pnrr. Senza controlli preventivi sul punto, tuttavia, non sarà difficile aspettarsi applicazioni distorte della previsione.

Sanatoria per i dirigenti a contratto. A proposito dei dirigenti a contratto, gli emendamenti modificano il comma 1-ter dell’articolo 28, del d.lgs 165/2001, così da estendere la progressione verticale verso la qualifica dirigenziale anche ai funzionari incaricati come dirigenti a contratto. Si prevede che una quota non superiore al 15 per cento dei posti di qualifica dirigenziale da ricoprire è riservata al personale in possesso dei titoli di studio previsti a legislazione vigente e che abbia maturato almeno cinque anni di servizio nell’area o categoria apicale di cui al periodo precedente, in servizio a tempo indeterminato, che abbia ricoperto o ricopra l’incarico di livello dirigenziale di cui all’articolo 19, comma 6, del d.lgs 165/2001. Si tratta, nella sostanza, di una vera e propria mini stabilizzazione dei dirigenti a contratto, molte volte tentata, ma mai fin qui disposta.

Progressioni. Per le progressioni orizzontali e verticali gli emendamenti alla legge di conversione del d.l. 80/2021 prevedono un ritorno al passato quasi totale. In sostanza, la riforma Brunetta del 2021 rinnega quasi totalmente la riforma Brunetta del 2009, facendo retrocedere le lancette dell’orologio di quasi 12 anni.

Progressioni orizzontali. L’emendamento riscrive per l’ennesima volta il testo dell’articolo 52, comma 1-bis, del d.lgs 165/2001.

Per quanto concerne le progressioni economiche, cioè gli aumenti stipendiali a parità di classificazione, si stabilisce che esse avvengano “con modalità stabilite dalla contrattazione collettiva”. Tale precisazione era assente nella stesura del comma 1-bis citato, contenuta nel testo novellato inizialmente dal d.l. 80/2021.

Si torna, quindi, ad assegnare ai contratti collettivi la funzione di determinare le modalità per selezionare i dipendenti che possano ottenere gli incrementi. La norma precisa che le progressioni comunque avverranno secondo principi di selettività, in funzione delle capacità culturali e professionali e dell’esperienza maturata, nonchè in funzione della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti, attraverso l’attribuzione di fasce di merito.

Stando alle prime indicazioni sulla contrattazione dedicate al tema delle progressioni orizzontali, e cioè, ad esempio, l’atto di indirizzo del Comitato di settore del comparto Funzioni Locali all’Aran, per le progressioni orizzontali di fatto la selettività enunciata dalla legge sarà solo poco più di uno slogan: appare manifesta l’intenzione di creare un sistema di programmazione degli aumenti stipendiali, che nel tempo riguardi tutti, nessuno escluso.

 

Progressioni verticali. L’emendamento riscrive in modo molto profondo la parte finale del comma 1-bis dell’articolo 52, del d.lgs 165/2001, con un ritorno al passato ancora più marcato.

Per le promozioni verso la categoria o area di inquadramento superiore il d.l. 80/2021 aveva condivisibilmente puntato sul possesso di titoli di studio ulteriori rispetto a quelli previsti per l’accesso all’area dall’esterno. L’emendamento, tuttavia, consente di tenere in considerazione anche il possesso di non meglio precisabili “titoli o competenze professionali”. I titoli potrebbero essere quelli di iscrizione ad albi o collegi; le competenze professionali, in assenza di una loro definizione normativa, si prestano alle più disparare chiavi di lettura.

L’emendamento invita i contratti collettivi nazionali, per l’ennesima volta, a revisionare gli ordinamenti professionali, fissando tabelle di corrispondenza tra vecchi e nuovi inquadramenti, con esclusione dell’eventuale nuova area di alta specializzazione, tenendo conto, di requisiti di esperienza e professionalità maturate ed effettivamente utilizzate dall’amministrazione di appartenenza per almeno cinque anni.

Questi requisiti di esperienza e professionalità evidenziati dai Ccnl potranno consentire inquadramenti nelle nuove aree o categorie “anche in deroga al possesso del titolo di studio richiesto per l’accesso all’area dall’esterno”: un sistema per assicurare una progressione di carriera “di fatto”, per chi rivesta funzioni di rilievo senza aver mai posseduto il titolo di accesso dall’esterno.

Progressioni verticali: consumano facoltà assunzionali. L’emendamento ha il pregio di chiarire che le progressioni verticali sono consentite “nei limiti delle risorse destinate ad assunzioni di personale a tempo indeterminato disponibili a legislazione vigente”, confermando quindi che esse consumano le risorse assunzionali.

Enti locali e particolari disposizioni. L’emendamento alla legge di conversione del decreto reclutamento dedicano particolari attenzioni agli enti locali.

Al di là dell’esclusione in particolare dei piccoli comuni dalla liberalizzazione della mobilità, gli interventi specifici sono molteplici.

Selezioni Uniche. Si consente agli enti locali di organizzare e gestire in forma aggregata, anche in assenza di un fabbisogno di personale, selezioni uniche per la formazione di elenchi di idonei all’assunzione nei moli dell’amministrazione, sia a tempo indeterminato sia a tempo determinato, per vari profili professionali e categorie compresa la dirigenza.

In sostanza, si tratta della possibilità di istituire “centrali uniche concorsuali”, per la condivisione della graduatoria, sulla base di appositi accordi.

Gli enti facenti parte degli accordi attingeranno agli elenchi degli idonei così da coprire le posizioni programmate nei rispettivi piani dei fabbisogni di personale, laddove non dispongano di proprie graduatorie in corso di validità. Gli idonei saranno chiamati previo interpello tra i soggetti inseriti negli elenchi. Se a rispondere all’interpello saranno più interessati, l’ente valuterà le candidature utilizzando le procedure selettive semplificate previste dall’articolo 10 del d.l. 44/2021.

Gli elenchi di idonei sono soggetti ad aggiornamento continuo, almeno una volta all’anno, al fine di mettere a disposizione degli enti aderenti un numero adeguato di candidati per l’assunzione in servizio. I soggetti selezionati restano iscritti negli elenchi degli idonei sino alla data della loro assunzione a tempo indeterminato o e comunque per un massimo di tre anni.

La novella consente agli enti di gestire gli elenchi anche avvalendosi di società esterne specializzate nel reclutamento e nella selezione del personale.

 

Gli elenchi potranno essere utilizzati anche per coprire velocemente posti vacanti a seguito di processi di mobilità. Sempre allo scopo di sopperire alle vacanze determinate da mobilità in uscita, gli enti potranno anche attingere a graduatorie altrui senza il preventivo accordo. Nel caso debbano effettuare assunzioni con contratti a tempo determinato, potranno anche derogare ai limiti imposti dall’articolo 9, comma 28, del d.l. 78/2010.

Progressioni verticali: Negli enti locali saranno ammesse progressioni fra le aree e anche fra qualifiche diverse: una riqualificazione totale e completa del personale.

Vincoli alle assunzioni. Gli enti chiamati ad attuare il Pnrr potranno effettuare le assunzioni ad esso connesse anche laddove non abbiano approvato nei termini il bilancio di previsione o adempiuto agli altri adempimenti di cui all’articolo 9, comma 1-quinquies, del dlol 113/2016. Lo stesso varrà per l’esercizio delle funzioni di protezione civile, di polizia locale, di istruzione pubblica, inclusi i servizi e del settore sociale nel rispetto dei limiti di spesa previsti dalla normativa vigente in materia.

PIAO: Gli enti locali con meno di 15.000 abitanti controlleranno l’attuazione del Piano Integrato Attività e Organizzazione e le performance organizzative anche attraverso un ufficio associato, tra quelli esistenti in ambito provinciale e metropolitano, secondo le indicazioni delle Assemblee dei Sindaci e delle Conferenze metropolitane.

Segretari comunali. La possibilità di coprire provvisoriamente le sedi vacanti di segreteria con funzionari, prevista dall’articolo 16-ter, comma 9, del d.l. 162/2019, convertito in legge 8/2020 viene prolungata aventiquattro mesi.

Contestualmente, al fine di sopperire con urgenza all’attuale carenza di segretari comunali iscritti all’Albo, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto reclutamento, le assunzioni di segretari comunali e provinciali sono autorizzate, con le modalità di cui all’articolo 66, comma 10, del d.l. 112/2008, convertito in legge 133/2008, a copertura del 100% del turn over. Si mette, finalmente, un freno alla costante e fin qui inarrestabile riduzione del numero dei segretari comunali in servizio.

Stabilizzazioni. La legge di conversione proroga per l’ennesima volta i termini entro i quali le amministrazioni potranno stabilizzare il personale “precario”, ai sensi dell’articolo 20 della “riforma Madia”, il d.lgs 75/2017.

Le PA avranno, quindi, tempo fino al 31.12.2022 il personale assunto a tempo determinato, o con altre forme flessibili (tranne la somministrazione) e che abbia maturato alla medesima data del 31.12.20220 almeno tre anni anche non continuativi di lavoro negli ultimi 8 anni, presso la medesima amministrazione che stabilizza.

E’ opportuno ricordare che per i dipendenti assunti con contratto a tempo determinato la stabilizzazione avviene mediante concorsi interamente riservati. Per i dipendenti assunti con altre forme flessibili, mediante concorsi pubblici con riserva dei posti non superiore al 50%.

Mobilità e concorsi. Si prorogano le scadenze previste dall’articolo 3, comma 8, della legge 56/2019, ai sensi del quale, allo scopo di ridurre i tempi di accesso al pubblico impiego, le procedure di reclutamento tramite concorso si possono effettuare anche senza farle precedere dalle procedure di mobilità volontaria. Tale facoltà era stata concessa per il triennio 2019-2021. La legge di conversione la proroga fino al 31.12.2024. 

Resta da capire perché in questi casi il Legislatore non stabilisca direttamente di abolire una norma, quella della mobilità come presupposto dei concorsi, il cui unico effetto è stato sempre e solo ritardare le procedure di assunzione.

Pianificazione. Molteplici anche le modifiche all’articolo 6 del d.l., che disciplina il Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO), che sostituisce moltissimi altri piani.

Il termine per la sua adozione, inizialmente previsto entro il 31 dicembre, slitta al 31 gennaio di ogni anno.

I termini entro i quali un decreto del Ministero della Funzione Pubblica individua ed abroga gli adempimenti relativi ai piani assorbiti dal nuovo piano passano da 60 a 120 giorni decorrenti dall’entrata in vigore del d.l. 80/2021, cioè entro l’8 ottobre. I

n assenza di questo provvedimento, tuttavia, sarà difficile elaborare il nuovo piano e la scadenza di ottobre appare troppo ravvicinata. Anche perché le modalità di formulazione del Piano vengono modificate. In primo luogo, la legge, con un’interferenza incoerente con la competenza esclusiva dei contratti collettivi a regolare le relazioni sindacali, pretende che si assicuri, sul piano, “adeguata informazione alle organizzazioni sindacali”.

Il Piano, comunque, dovrà assicurare “il necessario collegamento della performance individuale ai risultati della performance organizzativa”. Il che rende la data del 31 gennaio problematica per gli enti locali, visto che l’ordinamento locale ricollega la performance organizzativa al Piano Esecutivo di Gestione ed ai particolari suoi tempi di adozione, 20 giorni dopo l’adozione del bilancio di previsione. Il che rende la data del 31 gennaio praticamente impossibile da rispettare.

La parte del Piano dedicata al personale, e in particolare al lavoro agile e alla formazione si dovrà adeguare a processi di pianificazione secondo non meglio definite e comprensibili “logiche del project management”: un bell’assist a società di consulenza o “esperti”, che saranno chiamati per rivestire di aziendalese una programmazione che resterà egualmente, per molti versi, meramente burocratica.

La parte concernente trasparenza e lotta alla corruzione dovrà disciplinare la programmazione “secondo quanto previsto dalla normativa vigente in materia, e in conformità agli indirizzi adottati da ANAC con il Piano nazionale anticorruzio

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